Fiscalità internazionale
CFC: con tassazione per trasparenza, costi «paradisiaci» deducibili senza limiti
In base all’art. 110, comma 12 del TUIR, in tal caso non si applica la norma antielusiva che non ammette in deduzione spese e altri componenti negativi
Come già osservato in un precedente commento (si veda “CFC: tassazione degli utili «per trasparenza» a convenienza variabile” del 30 giugno 2011), con riguardo alle norme che disciplinano l’imposizione dei dividendi provenienti da Stati “paradisiaci”, il sistema fiscale presenta talune asimmetrie capaci di rendere la tassazione per trasparenza, di cui agli artt. 167 e 168 del TUIR, soluzione non così negativa per il contribuente italiano.Ad integrazione di quanto esposto, si consideri quanto dispone l’art. 110, comma 10 del TUIR.
La norma, come noto, non ammette in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese “paradisiache”, fatta salva la possibilità per l’impresa italiana di avvalersi di una delle esimenti di legge.
Di un certo interesse, nell’economia del presente contributo, è però il passaggio del successivo comma 12, a detta del quale la misura antielusiva non trova applicazione in relazione ad operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risultino applicabili gli articoli 167 e 168 del TUIR.
È dato notare, in particolare, come l’esclusione prevista dal Legislatore, mosso dal condivisibile intento di contrastare la doppia imposizione del medesimo presupposto, sia assoluta e non sino a concorrenza degli utili tassati per trasparenza in Italia: ne consegue che il soggetto nazionale potrebbe accettare di buon grado l’imposizione CFC, in presenza di costi, a rischio indeducibilità, di valore maggiore.
Si ipotizzi il seguente scenario:
- costi sostenuti da una società di capitali italiana, per una fornitura operata da un’impresa paradisiaca, pari a 100;
- ricavi di pari ammontare in capo a quest’ultima, controllata dalla medesima società italiana o ad essa collegata.
Una partecipazione non totalitaria del socio italiano nel soggetto paradisiaco, ad esempio pari al 60% del relativo capitale, comporterà un carico fiscale sugli utili traslati per trasparenza pari a 16,5 (27,5% di 60), inferiore al rischio di recupero IRES per costi indeducibili, pari a 27,5 (27,5% di 100).
Auspicabile una presa di posizione dell’Amministrazione finanziaria
In questo ambito, le preoccupazioni di arbitraggi si fanno certamente elevate: la lettera della norma, infatti, potrebbe indurre il contribuente “miope”, poco attento alla ratio della disciplina, ad acquisire partecipazioni nei fornitori esteri, di controllo o anche solo di collegamento, nella prospettiva di sopportare in Italia il “male fiscale minore”.Per tali ragioni, è auspicabile una presa di posizione da parte dell’Amministrazione finanziaria e, più in generale, un intervento risolutivo del Legislatore, che renda la formulazione dell’art. 110, comma 12 del TUIR più aderente agli obiettivi perseguiti.
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