reddito d'impresa
Immobili professionali, plusvalenza slegata dal riscatto
Rileva il regime vigente alla data di stipulazione del contratto di leasing, e non a quella di esercizio dell’opzione per l’acquisto
La cessione del fabbricato utilizzato nell’esercizio di arti e professioni, la cui proprietà sia stata ottenuta a conclusione di un contratto di locazione finanziaria a seguito del riscatto del bene, pone frequenti dubbi in merito all’eventuale emersione di una plusvalenza imponibile.
Le principali criticità sorgono nelle situazioni in cui vi sia difformità tra il regime fiscale vigente all’epoca della stipulazione dell’atto di leasing e quello applicabile al momento dell’esercizio dell’opzione dell’acquisto. Si pensi, ad esempio, al caso dell’immobile ottenuto in locazione finanziaria, mediante un contratto stipulato dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006, periodo in cui era prevista l’integrale indeducibilità dei canoni, poi riscattato nel triennio 1° gennaio 2007 - 31 dicembre 2009, quando, invece, operava un sistema di rilevanza fiscale dei costi relativi ai fabbricati impiegati dai professionisti, e delle corrispondenti plus/minusvalenze da alienazione (art. 54, comma 2, del TUIR).
In tale contesto, e considerato che dal 1° gennaio 2011 è tornato efficace il previgente regime di indeducibilità (art. 1, commi 334-335, della L. n. 296/2006), il professionista si pone un primo, fondamentale, interrogativo: la plusvalenza contabile che dovesse emergere, in occasione di una futura cessione del bene, a quale disciplina sarebbe soggetta? Rileva il periodo dell’effettivo esercizio del diritto di riscatto, oppure quello di originaria stipulazione dell’atto di leasing? Quest’ultima soluzione appare quella preferibile, per una serie di motivazioni, coerenti con la normativa e la prassi di riferimento.
In primo luogo, il predetto art. 1, comma 335, della L. n. 296/2006 pone sullo stesso piano la data di acquisto dell’immobile e quella di sottoscrizione del contratto di locazione finanziaria, quali forme equivalenti di ottenimento della disponibilità del bene, sostanzialmente distinte dalla modalità di pagamento del corrispettivo dell’investimento. Analogamente, l’Agenzia delle Entrate sostiene che, in sede di individuazione del trattamento fiscale da riservare ai beni acquisiti tramite leasing, si debba attribuire rilevanza all’originaria stipulazione del contratto di locazione finanziaria (risoluzione n. 13/2010).
Il medesimo principio è stato, inoltre, ribadito dal Consiglio Nazionale del Notariato, nel recente documento di Studio Tributario n. 64-2011/T, seppure con riferimento a un’operazione temporalmente differente. In tale occasione, è stato chiarito che “se il riscatto, che determina l’effettivo trasferimento del bene, è avvenuto oltre il triennio 2007-2009, ma il contratto è stato stipulato all’interno di tale periodo, l’eventuale trasferimento successivo è idoneo a determinare una plusvalenza tassabile o una minusvalenza deducibile”. Analogamente, nel caso di un atto di locazione finanziaria stipulato tra il 15 giugno 1990 e il 31 dicembre 2006, quando i canoni di leasing non erano fiscalmente rilevanti, il riscatto nel triennio 1 ° gennaio 2007 - 31 dicembre 2009 non determina – nell’eventualità di una successiva cessione dell’immobile – il realizzo di una plusvalenza imponibile.
Tale posizione appare, inoltre, confortata da alcune considerazioni sviluppate nella circolare n. 19/IR/2010 dell’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili:
- nella disciplina del reddito d’impresa, la rilevanza fiscale delle plusvalenze e minusvalenze relative agli immobili strumentali trova sempre contropartita nel riconoscimento fiscale delle quote di ammortamento del corrispondente costo di acquisto e, quindi, anche nella deducibilità dei canoni di locazione finanziaria;
- un regime giuridico che impedisca la deduzione delle quote di ammortamento o dei canoni di leasing di un bene strumentale e, nel contempo, attribuisca rilevanza fiscale alle plus/minusvalenze al momento della dismissione dello stesso risulterebbe del tutto “anomalo” e incoerente sotto il profilo sistematico;
- il riconoscimento tributario delle plusvalenze e minusvalenze relative agli immobili strumentali presuppone, infatti, che siano ammesse in deduzione le quote di ammortamento del relativo costo, o i canoni di leasing, in modo da garantire congiuntamente i principi di tutela dell’affidamento dei contribuenti e di certezza dei rapporti giuridici, nonché le esigenze di coerenza interna del sistema di determinazione del reddito di lavoro autonomo.
Con l’effetto che la cessione di un immobile strumentale originariamente acquisito in leasing, in un’epoca in cui vigeva un regime di irrilevanza fiscale, non è suscettibile di comportare l’emersione di una plusvalenza imponibile, a prescindere dalla circostanza che il riscatto fosse avvenuto in un periodo in cui operava una nuova disciplina di riconoscimento tributario, e viceversa.
Le principali criticità sorgono nelle situazioni in cui vi sia difformità tra il regime fiscale vigente all’epoca della stipulazione dell’atto di leasing e quello applicabile al momento dell’esercizio dell’opzione dell’acquisto. Si pensi, ad esempio, al caso dell’immobile ottenuto in locazione finanziaria, mediante un contratto stipulato dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006, periodo in cui era prevista l’integrale indeducibilità dei canoni, poi riscattato nel triennio 1° gennaio 2007 - 31 dicembre 2009, quando, invece, operava un sistema di rilevanza fiscale dei costi relativi ai fabbricati impiegati dai professionisti, e delle corrispondenti plus/minusvalenze da alienazione (art. 54, comma 2, del TUIR).
In tale contesto, e considerato che dal 1° gennaio 2011 è tornato efficace il previgente regime di indeducibilità (art. 1, commi 334-335, della L. n. 296/2006), il professionista si pone un primo, fondamentale, interrogativo: la plusvalenza contabile che dovesse emergere, in occasione di una futura cessione del bene, a quale disciplina sarebbe soggetta? Rileva il periodo dell’effettivo esercizio del diritto di riscatto, oppure quello di originaria stipulazione dell’atto di leasing? Quest’ultima soluzione appare quella preferibile, per una serie di motivazioni, coerenti con la normativa e la prassi di riferimento.
In primo luogo, il predetto art. 1, comma 335, della L. n. 296/2006 pone sullo stesso piano la data di acquisto dell’immobile e quella di sottoscrizione del contratto di locazione finanziaria, quali forme equivalenti di ottenimento della disponibilità del bene, sostanzialmente distinte dalla modalità di pagamento del corrispettivo dell’investimento. Analogamente, l’Agenzia delle Entrate sostiene che, in sede di individuazione del trattamento fiscale da riservare ai beni acquisiti tramite leasing, si debba attribuire rilevanza all’originaria stipulazione del contratto di locazione finanziaria (risoluzione n. 13/2010).
Il medesimo principio è stato, inoltre, ribadito dal Consiglio Nazionale del Notariato, nel recente documento di Studio Tributario n. 64-2011/T, seppure con riferimento a un’operazione temporalmente differente. In tale occasione, è stato chiarito che “se il riscatto, che determina l’effettivo trasferimento del bene, è avvenuto oltre il triennio 2007-2009, ma il contratto è stato stipulato all’interno di tale periodo, l’eventuale trasferimento successivo è idoneo a determinare una plusvalenza tassabile o una minusvalenza deducibile”. Analogamente, nel caso di un atto di locazione finanziaria stipulato tra il 15 giugno 1990 e il 31 dicembre 2006, quando i canoni di leasing non erano fiscalmente rilevanti, il riscatto nel triennio 1 ° gennaio 2007 - 31 dicembre 2009 non determina – nell’eventualità di una successiva cessione dell’immobile – il realizzo di una plusvalenza imponibile.
Tale posizione appare, inoltre, confortata da alcune considerazioni sviluppate nella circolare n. 19/IR/2010 dell’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili:
- nella disciplina del reddito d’impresa, la rilevanza fiscale delle plusvalenze e minusvalenze relative agli immobili strumentali trova sempre contropartita nel riconoscimento fiscale delle quote di ammortamento del corrispondente costo di acquisto e, quindi, anche nella deducibilità dei canoni di locazione finanziaria;
- un regime giuridico che impedisca la deduzione delle quote di ammortamento o dei canoni di leasing di un bene strumentale e, nel contempo, attribuisca rilevanza fiscale alle plus/minusvalenze al momento della dismissione dello stesso risulterebbe del tutto “anomalo” e incoerente sotto il profilo sistematico;
- il riconoscimento tributario delle plusvalenze e minusvalenze relative agli immobili strumentali presuppone, infatti, che siano ammesse in deduzione le quote di ammortamento del relativo costo, o i canoni di leasing, in modo da garantire congiuntamente i principi di tutela dell’affidamento dei contribuenti e di certezza dei rapporti giuridici, nonché le esigenze di coerenza interna del sistema di determinazione del reddito di lavoro autonomo.
Con l’effetto che la cessione di un immobile strumentale originariamente acquisito in leasing, in un’epoca in cui vigeva un regime di irrilevanza fiscale, non è suscettibile di comportare l’emersione di una plusvalenza imponibile, a prescindere dalla circostanza che il riscatto fosse avvenuto in un periodo in cui operava una nuova disciplina di riconoscimento tributario, e viceversa.
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