Riporto delle perdite
La riforma delle perdite «dimentica» imprese individuali e società di persone
In base alla formulazione letterale della manovra, solo le società di capitali riporterebbero le perdite per l’80% e senza limiti temporali
La disciplina delle perdite fiscali ridisegnata dal decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 giugno 2011 presenta punti critici che potrebbero necessitare, per la relativa risoluzione, di nuovi interventi normativi.Dalla lettura del testo inviato per la firma alla Presidenza della Repubblica sembra assodato che, in virtù del nuovo art. 84, comma 1 del TUIR, le perdite fiscali saranno utilizzabili a riduzione dei redditi imponibili futuri limitatamente all’80% di questi ultimi, e senza più l’obbligo di utilizzo nel quinquennio; l’eventuale eccedenza non dovrebbe essere “persa”, ma al contrario dovrebbe essere compensabile con i redditi dei periodi d’imposta successivi, in quanto la norma prevede la compensazione in misura non superiore all’80% “del reddito imponibile di ciascuno di essi”. La locuzione “di ciascuno di essi” dovrebbe, in altre parole, fare propendere per la tesi per cui la perdita non deve essere utilizzata completamente per la compensazione del primo periodo d’imposta con redditi imponibili positivi, potendo l’eccedenza non utilizzata essere rinviata ai periodi successivi.
Pochi dubbi, inoltre, sul fatto che le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta mantengano il regime attuale di riporto illimitato sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto il profilo temporale.
Venendo alle problematiche che si pongono a seguito della lettura della norma, la prima riguarda i soggetti interessati dalla modifica: per come la norma è formulata, il regime “ordinario” di riporto con il limite dell’80% e senza preclusioni di ordine temporale riguarderebbe solo le società di capitali. Infatti:
- la modifica riguarda l’art. 84, comma 1 del TUIR, mentre per le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria continua ad applicarsi l’art. 8, comma 3 (non modificato dalla manovra correttiva), che prevede invece il riporto delle perdite limitato a cinque periodi d’imposta e per l’intero ammontare;
- lo stesso art. 8 del TUIR prevede che, per i soggetti IRPEF, si applichino i commi 2 e 3 dell’art. 84 (rispettivamente, perdite a riporto illimitato dei primi tre periodi d’imposta e clausole “anti abuso”), ma non il comma 1, che nella nuova formulazione prevede il limite dell’80%.
Appare, quindi, essenziale comprendere se ciò sia dovuto alla volontà del legislatore di differenziare le perdite d’impresa a seconda del soggetto che le produce o se, al contrario, ciò sia dovuto a una mera “dimenticanza”, da correggere in sede di conversione.
Non specificata la decorrenza del nuovo regime
La seconda problematica concerne l’assenza di decorrenze specifiche per le modifiche all’art. 84 del TUIR. Non è chiaro, sul punto, se ci si possa rifare al principio generale previsto dall’art. 3, comma 1 dello Statuto dei diritti del contribuente (con il che il nuovo regime si applicherebbe per la prima volta alle perdite prodotte nel 2012, con conseguente “spostamento” della problematica sull’utilizzo al 2013), ovvero se siano possibili soluzioni interpretative diverse.Nel primo caso, vi sarebbe una sorta di “tripartizione” delle perdite, in quanto potrebbero coesistere:
- le perdite prodotte nei primi tre periodi d’imposta, illimitatamente riportabili sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello temporale;
- le perdite prodotte sino al 2011, riportabili per cinque periodi d’imposta senza limiti quantitativi;
- le perdite prodotte a decorrere dal 2012, riportabili senza vincoli temporali, ma nel limite dell’80% dei redditi futuri.
Ora, posto che è opinione condivisa quella secondo cui l’utilizzo prioritario delle perdite più “vecchie” non risponde a obblighi di legge, ma a semplici convenienze legate alla scadenza, appare logico ritenere che, a seconda delle stesse convenienze, possano in futuro essere svuotati i “canestri” delle perdite ante 2012 e post 2012 (sempre che, naturalmente, possa essere confermata questa ipotesi di decorrenza). In caso contrario, qualora si volesse imporre un ordine di utilizzo delle perdite, appare scontato regolamentare la materia non con circolare, bensì con un provvedimento di legge (come avvenuto, ad esempio, per i dividendi), la cui emanazione non è però contemplata dalle disposizioni approvate lo scorso 30 giugno.
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