incompatibilità professionale
Il CNDCEC torna ancora sulle società di servizi «incompatibili»
Arrivano precisazioni su fatturato e qualità di socio o amministratore, mentre un terzo Pronto Ordini si concentra sui soci accomandatari di sas
Dal Consiglio nazionale, nuova tornata di Pronto Ordini sull’incompatibilità della professione di dottore commercialista con le società di servizi. Oltre al PO n. 136/2011 – commentato in anteprima nelle scorse settimane e pubblicato ieri sul sito del CNDCEC (si veda “Incompatibilità retroattiva per la società di servizi” del 23 giugno 2011) – sono tre i nuovi Pronto Ordini che si occupano di incompatibilità, due dei quali proprio relativamente alle società di servizi, mentre il terzo prende in considerazione il caso del socio accomandatario di sas.
Il PO n. 116/2011 si concentra sul confronto tra il fatturato attribuibile al singolo professionista (posizione IVA individuale e/o quota parte del fatturato di uno studio associato) e la quota parte di fatturato della società di servizi imputabile al medesimo professionista. Le Note interpretative all’art. 4 del DLgs. 139/2005 hanno infatti chiarito che, qualora la società di servizi abbia anche (o soltanto) clienti terzi, il fatturato individuale dell’iscritto dev’essere superiore al fatturato della società di servizi a lui riconducibile. In caso contrario, la società di servizi non può essere considerata meramente “strumentale o ausiliaria” e risulta, dunque, incompatibile con l’esercizio della professione.
Il caso proposto dall’Ordine di Reggio Emilia è, però, ancor più particolare. Si tratta infatti di una società di servizi partecipata al 50% da due iscritti all’Albo, a loro volta facenti parte al 50% dello stesso studio associato. Poiché la società di servizi ha un fatturato di 100 (45 verso lo studio associato e 55 verso clienti terzi), e lo studio associato un fatturato di 90, l’ODCEC reggiano si chiede se – per considerare la società di servizi come strumentale o ausiliaria, e dunque compatibile – si possa scorporare dal fatturato complessivo della società la quota connessa alle prestazioni fatturate in via diretta al professionista.
Nel caso specifico, non trattandosi di società di servizi con il professionista quale unico cliente (ipotesi per cui è espressamente esclusa l’incompatibilità), bensì con clienti terzi, occorre anche tener presente che la stessa società di servizi è partecipata da più di un iscritto. Occorre perciò riferirsi alla percentuale di partecipazioni agli utili in capo ai singoli professionisti. Essendo la partecipazione all’associazione professionale pari al 50%, il fatturato attribuibile all’iscritto è la metà di 90, ossia 45: una quota superiore alla quota di fatturato della società di servizi riferibile al singolo commercialista, che equivale invece a 22,5 (il 50% di 45). In conclusione, la società di servizi prospettata è compatibile.
Nel PO n. 174/2011, l’Ordine di Bolzano chiede se possa essere compatibile l’iscritto solo amministratore o solo socio di una società di servizi, in quanto non sussisterebbe “esercizio di attività d’impresa”. Anche qui, il CNDCEC sottolinea che la società di servizi, di cui l’iscritto sia amministratore, non è incompatibile qualora “serva” un solo cliente: il professionista medesimo. Più in generale, l’Ordine dovrà accertarsi che l’iscritto non abbia un interesse economico prevalente; nei casi indicati dall’Ordine, l’incompatibilità è esclusa soltanto se:
- l’iscritto socio della società di servizi ricopre la posizione di socio accomandante di società in accomandita semplice o di socio di società di capitali: in quest’ultimo caso, l’iscritto non dovrà in alcun modo gestire, amministrare e liquidare (neanche indirettamente, tramite prestanome o fiduciari), né partecipare al capitale sociale attraverso coniugi non legalmente separati, parenti entro il quarto grado, prestanomi, fiduciari, società nazionali o estere;
- l’iscritto amministratore non socio della società di servizi ricopre la posizione di amministratore di società di capitali, ammesso che non vi sia partecipazione, né diretta né indiretta, al capitale sociale.
Nel terzo e ultimo PO in commento (n. 135/2011), infine, l’ODCEC di Larino intende sapere se si possa considerare compatibile l’assunzione della carica di socio accomandatario di una sas. Al riguardo, il Consiglio nazionale precisa che tale posizione – a differenza di quella del socio accomandante – comporta la gestione sociale dell’impresa (art. 2318 comma 2 c.c.) e rientra quindi fra le cause d’incompatibilità prospettate dall’art. 4 del DLgs. 139/2005. A prescindere, però, dalla qualifica assunta, rileva l’esercizio concreto dell’attività imprenditoriale. L’iscritto può dunque dimostrare che tale esercizio non sussiste presentando sufficienti elementi, da considerare nel complesso: posizione CCIAA inattiva (con assenza di costi e ricavi), partita IVA inattiva, posizione IVA e CCIAA attive ma assenza di costi e ricavi, mancanza di un luogo di svolgimento dell’attività o eventuali dichiarazioni scritte.
Nel prossimo futuro, però, sul versante dell’incompatibilità fra esercizio della professione e attività d’impresa tutto può cambiare. Il disegno di legge delega sulle liberalizzazioni circolato nei giorni scorsi ne ipotizza l’abolizione: una misura che certamente, a differenza dell’eliminazione dell’esame di Stato per commercialisti e avvocati, potrebbe incontrare il favore del mondo ordinistico.
Il PO n. 116/2011 si concentra sul confronto tra il fatturato attribuibile al singolo professionista (posizione IVA individuale e/o quota parte del fatturato di uno studio associato) e la quota parte di fatturato della società di servizi imputabile al medesimo professionista. Le Note interpretative all’art. 4 del DLgs. 139/2005 hanno infatti chiarito che, qualora la società di servizi abbia anche (o soltanto) clienti terzi, il fatturato individuale dell’iscritto dev’essere superiore al fatturato della società di servizi a lui riconducibile. In caso contrario, la società di servizi non può essere considerata meramente “strumentale o ausiliaria” e risulta, dunque, incompatibile con l’esercizio della professione.
Il caso proposto dall’Ordine di Reggio Emilia è, però, ancor più particolare. Si tratta infatti di una società di servizi partecipata al 50% da due iscritti all’Albo, a loro volta facenti parte al 50% dello stesso studio associato. Poiché la società di servizi ha un fatturato di 100 (45 verso lo studio associato e 55 verso clienti terzi), e lo studio associato un fatturato di 90, l’ODCEC reggiano si chiede se – per considerare la società di servizi come strumentale o ausiliaria, e dunque compatibile – si possa scorporare dal fatturato complessivo della società la quota connessa alle prestazioni fatturate in via diretta al professionista.
Nel caso specifico, non trattandosi di società di servizi con il professionista quale unico cliente (ipotesi per cui è espressamente esclusa l’incompatibilità), bensì con clienti terzi, occorre anche tener presente che la stessa società di servizi è partecipata da più di un iscritto. Occorre perciò riferirsi alla percentuale di partecipazioni agli utili in capo ai singoli professionisti. Essendo la partecipazione all’associazione professionale pari al 50%, il fatturato attribuibile all’iscritto è la metà di 90, ossia 45: una quota superiore alla quota di fatturato della società di servizi riferibile al singolo commercialista, che equivale invece a 22,5 (il 50% di 45). In conclusione, la società di servizi prospettata è compatibile.
Nel PO n. 174/2011, l’Ordine di Bolzano chiede se possa essere compatibile l’iscritto solo amministratore o solo socio di una società di servizi, in quanto non sussisterebbe “esercizio di attività d’impresa”. Anche qui, il CNDCEC sottolinea che la società di servizi, di cui l’iscritto sia amministratore, non è incompatibile qualora “serva” un solo cliente: il professionista medesimo. Più in generale, l’Ordine dovrà accertarsi che l’iscritto non abbia un interesse economico prevalente; nei casi indicati dall’Ordine, l’incompatibilità è esclusa soltanto se:
- l’iscritto socio della società di servizi ricopre la posizione di socio accomandante di società in accomandita semplice o di socio di società di capitali: in quest’ultimo caso, l’iscritto non dovrà in alcun modo gestire, amministrare e liquidare (neanche indirettamente, tramite prestanome o fiduciari), né partecipare al capitale sociale attraverso coniugi non legalmente separati, parenti entro il quarto grado, prestanomi, fiduciari, società nazionali o estere;
- l’iscritto amministratore non socio della società di servizi ricopre la posizione di amministratore di società di capitali, ammesso che non vi sia partecipazione, né diretta né indiretta, al capitale sociale.
Nel terzo e ultimo PO in commento (n. 135/2011), infine, l’ODCEC di Larino intende sapere se si possa considerare compatibile l’assunzione della carica di socio accomandatario di una sas. Al riguardo, il Consiglio nazionale precisa che tale posizione – a differenza di quella del socio accomandante – comporta la gestione sociale dell’impresa (art. 2318 comma 2 c.c.) e rientra quindi fra le cause d’incompatibilità prospettate dall’art. 4 del DLgs. 139/2005. A prescindere, però, dalla qualifica assunta, rileva l’esercizio concreto dell’attività imprenditoriale. L’iscritto può dunque dimostrare che tale esercizio non sussiste presentando sufficienti elementi, da considerare nel complesso: posizione CCIAA inattiva (con assenza di costi e ricavi), partita IVA inattiva, posizione IVA e CCIAA attive ma assenza di costi e ricavi, mancanza di un luogo di svolgimento dell’attività o eventuali dichiarazioni scritte.
Nel prossimo futuro, però, sul versante dell’incompatibilità fra esercizio della professione e attività d’impresa tutto può cambiare. Il disegno di legge delega sulle liberalizzazioni circolato nei giorni scorsi ne ipotizza l’abolizione: una misura che certamente, a differenza dell’eliminazione dell’esame di Stato per commercialisti e avvocati, potrebbe incontrare il favore del mondo ordinistico.
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