La rassegna sul risarcimento per l'eccessiva lentezza dei tribunali
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 6868/2011
La violazione del diritto alla ragionevole durata del processo non discende, come conseguenza automatica, dall'essere stati disposti rinvii della causa di durata eccedente i quindici giorni, ma dal superamento della durata processuale ragionevole in termini complessivi, in rapporto ai parametri di ordine generale fissati dalla legge 89/2001 (cosiddetta «legge Pinto»).
RICONOSCIUTO L'EXTRA BONUS SE È PROVATO UN MAGGIOR DANNO
Cassazione, sezione I civile, sentenza 2388/2011
In tema di equa riparazione, ai fini della determinazione dell'indennizzo dovuto per il danno non patrimoniale, la durata della ingiustificata protrazione del processo è un elemento obiettivo che si presta a misurare e a riparare un pregiudizio sempre presente ed uguale, mentre l'attribuzione di una somma ulteriore (cosiddetto "bonus") postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore; pertanto, nel caso di processo presupposto consistente in controversia di lavoro o previdenziale, per la quale il giudice di merito abbia negato il riconoscimento di tale "bonus", la critica della relativa pronuncia non può fondarsi sulla mancata motivazione di detta decisione negativa, ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni e alle prove addotte nel giudizio di merito, circa la ricorrenza di un pregiudizio maggiore, non potendo questo essere riconosciuto in via automatica.
LA CONSAPEVOLE INCONSISTENZA DELLE PROPRIE RAGIONI ESCLUDE IL DANNO
Cassazione, sezione I civile, sentenza 2385/2011
In caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all'equa riparazione - previsto a favore di tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti - non spetta allorché l'ansia e la sofferenza, insorgenti nella persona quali conseguenze psicologiche del perdurare dell'incertezza sull'assetto delle posizioni coinvolte nel dibattito processuale e nelle quali si sostanzia il danno, restino escluse in presenza di un'originaria consapevolezza della inconsistenza delle proprie istanze; pertanto, qualora nel processo presupposto sia stata accertata la simulazione di una compravendita disposta in favore del ricorrente, nella sua resistenza in giudizio, pur nella consapevolezza del fondamento della pretesa azionata nei suoi confronti, difetta la necessaria condizione soggettiva di incertezza, e, quindi, la causa dello stato di disagio, traendo, anzi, egli beneficio, per la durata del processo, dal mantenimento del pieno possesso degli immobili in pregiudizio delle controparti attrici. Nella specie, nel processo presupposto si era accertato che la compravendita tra il genitore e due figlie mascherava un atto di donazione, data l'esiguità del prezzo, la mancanza di prova del pagamento ed il mancato rinvenimento di somme pur essendo stata la compravendita effettuata in prossimità del decesso del dante causa.
IRRILEVANTI LE CARENZE DELL'APPARATO GIUDIZIARIO
Cassazione, sezione I civile, sentenza 5995/2011
Il diritto alla equa riparazione ex legge n. 89 del 2001 sorge per il protrarsi della durata del processo oltre il termine che, in rapporto alle sue caratteristiche specifiche, appare ragionevole, a prescindere dal fatto che ciò sia dipeso dal comportamento di singoli operatori in quanto tali, rilevando l'inottemperanza del fondamentale dovere dello Stato di assicurare a ciascuno il servizio giurisdizionale in un tempo ragionevole; ne consegue che se è vero che nella commisurazione di tale durata il giudice deve altresì valutare se, e con quale portata quantitativa, a tale protrazione abbia contribuito il comportamento della stessa parte che chieda di essere indennizzata, o i suoi difensori, mediante richieste di rinvio - nella specie delle udienze penali -, anche detti rinvii però possono essere imputati in parte all'apparato giudiziario, ove per le relative insufficienze e disfunzioni, la lunghezza di ciascuno di essi non risulti interamente giustificata dalle ragioni per cui è stato chiesto.
I TEMPI DEI GIUDIZI DI RINVIO ENTRANO NEI CALCOLI
Cassazione, sezione I civile, sentenza 8769/2011
Il processo riassunto innanzi al giudice del rinvio costituisce prosecuzione di quello originario, sia nel caso in cui il rinvio venga disposto ai sensi dell'art. 383, terzo comma, del Cpc., sia nel caso - come nella specie - in cui il rinvio sia disposto, ai sensi dell'articolo 354, primo comma, del Cpc, dal giudice di appello con sentenza confermata dalla corte di cassazione; pertanto, in tale ultima ipotesi, occorre tener conto, al fine del riconoscimento del diritto all'equa riparazione per il mancato rispetto del principio di ragionevole durata del processo, del fatto che alla riforma della sentenza non definitiva siano seguite altre due fasi, di primo e di secondo grado, che rientrano nel fisiologico andamento del processo. Nella specie la Cassazione ha affermato che i giudizi di secondo grado e di legittimità non possono considerarsi una mera fase incidentale del giudizio di primo grado che continua a seguito della riassunzione, in quanto il giudicato formatosi sulla questione processuale relativa alla necessità della rinnovazione della notificazione della citazione introduttiva del giudizio non esaurisce la materia del contendere che si conclude nel merito solo con la definizione del processo riassunto.
PROCEDURE FALLIMENTARI ENTRO SETTE ANNI
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 5316/2011
In tema di equa riparazione per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, a norma dell'art. 2, comma secondo, della legge n. 89 del 2001, la complessità della procedura fallimentare, la cui durata sia stata condizionata da altro procedimento, è rilevante ai fini della liquidazione dell'indennizzo, in quanto al tempo ordinario della procedura fallimentare deve aggiungersi quello relativo all'altro procedimento. Nella specie, la Cassazione ha cassato il decreto impugnato, che aveva rigettato la domanda, e, decidendo nel merito, ha ritenuto che, in mancanza dell'acquisizione di specifici elementi di valutazione al riguardo, la durata di un procedimento fallimentare dovesse essere ragionevolmente contenuta in sette anni, tenuto conto del tempo occorso per il procedimento di insinuazione del fallimento al passivo di un altro fallimento, che ragionevolmente non poteva ritenersi superiore a tre anni, parzialmente sovrapponibili alla procedura concorsuale in senso stretto.
L'EREDE SUBENTRA NEL RISARCIMENTO DEL DANNO
Cassazione, sezione I civile, sentenza 4043/2011
In tema di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, qualora il destinatario di un decreto ingiuntivo muoia prima di proporre l'opposizione, proposta poi dal suo erede, quest'ultimo è legittimato a domandare il risarcimento del danno da irragionevole durata di tale giudizio di opposizione solo iure proprio, e non anche iure successionis, non potendo rivendicare la successione in un diritto che non è mai sorto.
Il diritto all'indennizzo si estende a tutte le parti in causa
Cassazione, sezione I civile, sentenza 2634/2011
La liquidazione dell'equo indennizzo per la violazione della ragionevole durata del processo deve essere effettuata in favore di ciascuno dei richiedenti che sia stata parte del parte del processo presupposto, a prescindere dalla posizione assunta in tale processo.
IL DIRITTO ALL'INDENNIZZO SI ESTENDE A TUTTE LE PARTI IN CAUSA
Cassazione, sezione I civile, sentenza 2634/2011
La liquidazione dell'equo indennizzo per la violazione della ragionevole durata del processo deve essere effettuata in favore di ciascuno dei richiedenti che sia stata parte del parte del processo presupposto, a prescindere dalla posizione assunta in tale processo.
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