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giovedì 14 luglio 2011

Niente imposte d’atto sul conferimento con cessione di partecipazioni

operazioni straordinarie

Niente imposte d’atto sul conferimento con cessione di partecipazioni

Anche la Provinciale di Prato a favore del contribuente, sul fronte della riqualificazione di tali atti in atti di cessione, ai fini dell’imposta di registro

/ Giovedì 14 luglio 2011
Ancora una sentenza delle Commissioni tributarie favorevole ai contribuenti, sul rovente fronte della riqualificazione in atti di cessione d’azienda, ai fini dell’imposta di registro, degli atti di conferimento d’azienda e successiva cessione della partecipazione ricevuta dal conferente nella newco conferitaria.
E chissà che non siano proprio sentenze come questa, assolutamente condivisibili nel merito ed in diritto, ad alimentare quel senso di frustrazione del Ministero dell’Economia e dell’Amministrazione finanziaria, sempre più aggressiva e disinvolta nell’utilizzo di concetti quali abuso di diritto e normalità economica delle scelte imprenditoriali, che sta con ogni probabilità alla base del vero e proprio anschluss che sta venendo tentato in questi giorni a danno dell’indipendenza e dell’autonomia del sistema della giustizia tributaria (si veda “Sepe: «L’Agenzia vuole una giustizia tributaria domestica»” del 5 luglio 2011).
Questa volta, è toccato alla I sezione della Commissione tributaria provinciale di Prato, con la sentenza n. 65 dello scorso 11 maggio 2011 (depositata il 29 giugno 2011), sconfessare l’operato degli uffici, secondo i quali la consecutio “conferimento d’azienda – cessione delle partecipazioni” legittimava alla riqualificazione del tutto in “atto di cessione d’azienda” ex art. 20 del DPR 131/1986, con conseguente applicazione dell’imposta di registro con aliquota proporzionale, oltre che, sempre con aliquota proporzionale, delle imposte ipotecarie e catastali sulla componente immobiliare dell’azienda “indirettamente” compravenduta.
La sentenza della C.T. Prov. di Prato sottolinea opportunamente come i due atti, ancorché correlabili, diano luogo a effetti economici e giuridici diversi da quelli della cessione d’azienda, con ciò neutralizzando in partenza qualsivoglia legittimazione a una riqualificazione basata sul disposto dell’art. 20 del DPR 131/1986.
Una cosa, infatti, è il conferimento di un bene immobile gravato di passività, appositamente accese, di importo quasi pari al suo valore, cui segue poi la cessione delle partecipazioni: in questo caso, già la giurisprudenza della Cassazione ha giustamente evidenziato come l’atto di conferimento determini in realtà gli effetti giuridici di una compravendita tra l’apparente conferente e l’apparente conferitaria e come la successiva cessione delle partecipazioni confermi questa sostanzialità giuridica.
Tutt’altra cosa è invece il conferimento di un’azienda per il suo effettivo valore (cioè senza l’accensione “apposita” di passività non inerenti che divengono un modo di pagamento del prezzo da parte dell’apparente conferitaria) e la successiva cessione delle partecipazioni: in questo caso l’art. 20 del DPR 131/1986 non può essere il presupposto di alcuna riqualificazione sulla base degli effetti giuridici sostanziali prodotti dai due atti, perché essi sono comunque diversi da quelli prodotti da un atto di cessione d’azienda e dovrebbero semmai essere messi a confronto con quelli prodotti da un atto di cessione d’azienda e di suo successivo conferimento in una newco da parte dell’acquirente.
La minore onerosità fiscale è un diritto del contribuente
Confronto che, senza dubbio, fa emergere la minore onerosità fiscale della soluzione scelta dalle parti per la sistemazione dei propri interessi economici, ma che non può certo far scattare riqualificazioni di matrice antielusiva/antiabusiva sulla base di questa mera constatazione, atteso che la ricerca della minore onerosità fiscale, tra diverse soluzioni giuridiche aventi pari dignità nell’ordinamento, è un diritto del contribuente implicitamente tutelato dalla Costituzione ed esplicitamente riconosciuto dalla giurisprudenza sia nazionale che comunitaria.
Dopo Treviso, Genova e altre Commissioni tributarie provinciali, con Prato si allarga dunque ulteriormente il fronte delle pronunce favorevoli ai contribuenti su un aspetto di notevole importanza e diffusione operativa che, a tutt’oggi, vede la sistematica elevazione di contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria, per quel che concerne le imposte d’atto.
Più uniche che rare, invece, le parallele contestazioni sul fronte delle imposte sul reddito, ma sarebbe del resto incredibile il contrario (e già di per sé è un segno dei tempi che alcuni isolatissimi casi di contestazione comunque vi siano), posto che il comma 3 dell’art. 176 del TUIR è a dir poco perentorio nello statuire la non sindacabilità, in termini di natura elusiva, del risparmio di imposta generato dallo schema operativo “conferimento d’azienda e successiva cessione delle partecipazioni”.

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