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sabato 29 dicembre 2012

Prova rigorosa contro gli studi di settore


Prova rigorosa contro gli studi di settore

Le circostanze opposte alla ricostruzione presuntiva devono essere precise e concrete

/ Sabato 29 dicembre 2012
A seguito delle pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 26635, 26636, 26637 e 26638 del 2009), in linea di massima, la giurisprudenza ha recepito l’assunto secondo cui i risultati degli studi di settore costituiscono mere presunzioni semplici, utilizzabili per l’accertamento a condizione che l’ufficio dimostri l’applicabilità dello studio di settore al caso concreto e l’attendibilità del risultato stimato (anche con il supporto degli elementi indice della capacità di spesa del contribuente).
A sua volta, durante il contraddittorio oppure in sede contenziosa, il contribuente può fornire tutte le argomentazioni atte a dimostrare la sua esclusione dall’applicazione degli studi di settore, oppure la stima non corretta dei ricavi/compensi attraverso prove documentali o anche ricostruzioni presuntive.
Onere della prova ripartito tra Amministrazione e contribuente
A quest’ultimo riguardo, esaminando la giurisprudenza sinora pronunciatasi, si può, in linea generale, sostenere che, per vincere tale ricostruzione presuntiva, non è sufficiente limitarsi alla mera enunciazione dell’inadeguatezza dello studio applicato, oppure portare argomentazioni difensive generiche o un mero elenco di circostanze che potrebbero aver inciso sul buon andamento dell’attività. Al contrario, il contribuente deve addurre elementi certi e convincenti a suo discarico e dare una critica dimostrazione delle concrete implicazioni che tali eventi hanno cagionato in termini di minori ricavi/compensi e minor reddito rispetto ai risultati dello studio di settore. A titolo esemplificativo, di seguito, si richiamano alcune pronunce.
Con la pronuncia 10 novembre 2011 n. 23502, la Cassazione ha respinto il ricorso del contribuente in quanto si faceva generico riferimento alla crisi del settore e alle ridotte dimensioni aziendali, senza esplicazione degli effetti che tali elementi avrebbero prodotto sull’andamento dell’attività. Il richiamo alla crisi economica non ha parimenti valore persuasivo qualora, a fronte del lamentato andamento negativo dell’attività, il contribuente abbia sostenuto spese per autovetture e imbarcazioni (Cass. 4 ottobre 2012 n. 16939). D’altra parte, sempre in tema di crisi del settore, si richiama Cass. 17 giugno 2011 n. 13318, la quale, invece, ha censurato il comportamento dell’ufficio che non aveva esaminato e valutato gli elementi e le ragioni addotte dal contribuente, ma si era limitato a dedurre mere carenze probatorie in ordine alla dedotta crisi del settore orafo.
Ancora in merito alle carenze in punto di prova del contribuente, si consideri Cass. 5 novembre 2010 n. 22555, nella quale è stato ritenuto superficiale il richiamo ad una patologia in quanto la certificazione medica non indicava in quale misura e sulla base di quali parametri la stessa riducesse notevolmente l’attività lavorativa.
Dello stesso tenore anche Cass. 17 settembre 2010 n. 19754, secondo cui l’intervento chirurgico al quale è stato sottoposto il contribuente può costituire motivo di inapplicabilità degli studi di settore, a condizione che il medesimo dimostri l’incidenza che tale evento ha avuto sulla capacità reddituale, non rilevando il fatto in sé, ma la durata delle conseguenze e, eventualmente, l’inabilità al lavoro provocata. Nel caso di specie, è stato ritenuto corretto l’operato del giudice di secondo grado che, condividendo le ragioni dell’ufficio, ha ritenuto che la documentazione prodotta non fosse sufficiente a dimostrare che la prognosi dell’intervento avesse reso impossibile il regolare svolgimento dell’attività.
Anche lo svolgimento di una doppia attività da parte del contribuente non costituisce, di per sé, motivo di inapplicabilità dello studio di settore. Ad esempio, per Cass. 21 settembre 2010 n. 19957, è il contribuente a dover dimostrare che effettivamente il tempo impiegato nello svolgimento dell’attività di lavoro dipendente incide sulla redditività dell’attività soggetta allo studio di settore, con l’indicazione di orari, tempi di esecuzione di ogni singola prestazione, impegno temporale complessivo dell’occupazione alternativa, impegni professionali rifiutati o impossibili per carenza di tempo disponibile (del medesimo tenore anche Cass. 20 maggio 2011 n. 11147 e Cass. 27 maggio 2011 n. 11893).
 / Paola RIVETTI fonte:eutekne

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