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mercoledì 26 dicembre 2012

L’annullamento automatico delle cartelle “errate” è definitivo

22 dicembre 2012

L’annullamento automatico delle cartelle “errate” è definitivo


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Nella legge di stabilità, alla fine, è contenuta la norma relativa all’annullamento automatico delle cartelle di pagamento, che, come rilevato in un precedente intervento (si veda “Cartelle di pagamento «errate» annullate con silenzio-assenso” del 25 ottobre 2012), contiene disposizioni che, data la loro formulazione, sono destinate a creare una grande confusione in quanto si sovrappongono a istituti già esistenti, primo fra tutti il ricorso contro la cartella di pagamento e l’atto prodromico.

La procedura sarebbe la seguente:
- entro 90 giorni dal primo atto esecutivo (esempio, pignoramento) o cautelare (ipoteca, fermo), il contribuente può presentare all’agente della riscossione una dichiarazione ove si attesta che la cartella o l’avviso o, comunque, l’atto prodromico, sono illegittimi per vari motivi, che elencheremo in prosieguo;
- entro dieci giorni dalla data della dichiarazione citata, Equitalia la trasmette all’ente creditore con la documentazione allegata;
- l’ente creditore può confermare o meno quanto sostenuto dal contribuente, ma, in ogni caso, trascorso il termine di duecentoventi giorni dalla data di invio della dichiarazione la cartella, sostanzialmente, è annullata di diritto e il concessionario è automaticamente discaricato.
A differenza di ciò che è stato “ventilato” in alcune sedi, non si tratta in alcun modo di porre un freno al fenomeno delle “cartelle pazze”, ovvero delle cartelle emesse per un errore del sistema, che può essere una sostituzione di persona o un altro errore macroscopico.

Il testo di legge prevede che il contribuente può bloccare la riscossione documentando che c’è stato un pagamento, uno sgravio o una sospensiva, e fino a qui tutto quadrerebbe, anche se Equitalia, già con la direttiva 10/2010, aveva approvato un suo modello di dichiarazione, e lo stesso Legislatore, modificando l’art. 49 del DPR 602/73 con il DL 40/2010, aveva previsto una cosa simile, peraltro mai attuata dall’Esecutivo, nonostante la legge lo imponesse.
Ora, la sospensione può essere causata anche se il contribuente documenta che si è verificata prescrizione o decadenza intervenuta in data antecedente al momento in cui il ruolo è stato reso esecutivo, oppure vi sia una “qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso”.

Sfugge al Legislatore che le cause di decadenza (che, per come è formulata la norma, non possono che riguardare l’avviso di accertamento) possono, anzi devono, essere contestate nel ricorso contro l’accertamento. Allora, se così è (come è in quanto nessuno potrebbe mettere in discussione tale assunto), a cosa serve tale novità, se non a causare rompicapi interpretativi?
Più perplessità emergono analizzando la locuzione “qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso”: in diritto tributario cosa significa detta affermazione?
Come insegnato da un autorevole esponente del mondo accademico, siamo nell’ambito fiscale, quindi del diritto amministrativo, e non si possono “prendere in prestito” istituti squisitamente civilistici come quello di esigibilità del credito.

Un ulteriore aspetto pare sfuggito al Legislatore: se si tratta di accertamenti esecutivi, il pignoramento è soggetto a decadenza, che non si interrompe per nessuna ragione. Allora se il contribuente invia l’autodichiarazione, magari documentando che l’accertamento è tardivo in quanto non opera il raddoppio dei termini per violazioni penali (le ragioni per sostenere ciò possono essere infinite), Equitalia, per come è scritta la norma, deve sospendere tutto, il che può aprire le strade all’inesorabile formazione della decadenza.
Paradossalmente, il dato normativo non vieta al contribuente di inviare la dichiarazione più volte.

È vero, c’è la sanzione amministrativa dal 100% al 200% delle somme se la documentazione è falsa, ma se il contribuente censura la decadenza per mille motivi di merito che possono essere fondati, infondati o anche solo opinabili, la sanzione non può essere irrogata, siccome non si sta producendo documentazione falsa.

Se l’intenzione fosse stata quella di limitare i poteri di Equitalia, o, usando un altro termine, di tutelare maggiormente il contribuente da potenziali soprusi del potere tributario, sarebbe stato opportuno circoscrivere i fermi di auto a determinate ipotesi, o introdurre il concetto di “eccesso di potere”, o magari limitare i poteri nei confronti dei contribuenti meno abbienti che, per le più varie ragioni, non hanno potuto onorare i propri debiti.
In tal modo, la disposizione di legge è troppo aperta, e rischia di andare a danno sia dei contribuenti che degli agenti della riscossione.
 
Alfio Cissello - EUTEKNE.INFO

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