22 dicembre 2012
Operazioni fuori campo IVA fatturate ma “neutre” per il plafond
Le numerose novità in tema di fatturazione,
contenute dapprima nell’art. 1 del DL n. 216/2012, e successivamente
incluse nel maxiemendamento alla legge di stabilità 2013, che ha
ottenuto il via libera definitivo della Camera, riguardano, come già
commentato nei giorni scorsi, anche le operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi) escluse da IVA per carenza del presupposto territoriale, ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del DPR 633/72.
L’obbligo di fatturazione anche per le predette operazioni è sancito dal nuovo comma 6-bis dell’art. 21 del DPR 633/72, sia pure condizionato, in presenza di controparte soggetto passivo in altro stato UE, alla circostanza che quest’ultimo sia debitore dell’imposta nello Stato in cui è stabilito, mentre non sussistono particolari condizioni in presenza di controparte soggetto passivo in uno Stato extra-UE.
L’obbligo di fatturazione delle predette operazioni fuori campo IVA deve essere coordinata con altri importanti modifiche, prima fra tutte con la previsione che le operazioni in questione concorrono alla formazione del volume d’affari (modifica all’art. 20 del DPR 633/72), con la conseguenza che l’effettuazione di operazioni fuori campo per carenza del presupposto territoriale potrebbe rendere più difficile l’accesso alle liquidazioni periodiche trimestrali, per le quali, come noto, i “nuovi” limiti sono pari a 400.000 euro per le attività di prestazioni di servizi e 700.000 euro negli altri casi, nonché l’opzione per la nuova IVA di cassa di cui all’art. 32-bis del DL 83/2012, riservata ai soggetti passivi con volume d’affari non superiore a 2.000.000 di euro, ed infine l’utilizzo della periodicità trimestrale per gli elenchi Intra e la comunicazione black list.
Tuttavia, l’aspetto più “critico” che si era posto, sin dal 2010, successivamente all’entrata in vigore delle novità contenute nel DLgs. n. 18/2010, consisteva nella circostanza che alcune tipologie di servizi, che in precedenza potevano fruire della non imponibilità (soprattutto in ambito comunitario, ex art. 40 del DL n. 331/93, abrogato a far data dal 1° gennaio 2010) sono “transitati” nell’esclusione da IVA, con conseguente penalizzazione sulla qualifica di esportatore abituale, per il cui “status” rilevano le operazioni non imponibili e non anche quelle extraterritoriali.
Per rimediare a tale penalizzazione, la legge comunitaria 2010 ha previsto, a far data dal 17 marzo 2012, una nuova fattispecie di rimborso (o compensazione) IVA infrannuale per coloro che effettuano per più del 50% alcune tipologie di servizi fuori campo IVA (lavorazioni, trasporti, ecc.), disciplinata dall’art. 38-bis, comma 2, del DPR 633/72. In tal modo, viene consentito il recupero del credito da parte di tali soggetti già nel corso dell’anno, senza dover attendere la maturazione del credito annuale in dichiarazione.Ora, per effetto delle modifiche apportate dal 1° gennaio 2013, ed in particolare con la previsione di rilevanza ai fini del volume d’affari delle operazioni fuori campo IVA ex artt. da 7 a 7-septies del DPR 633/72, si rischiava un’ulteriore penalizzazione per i soggetti che effettuano servizi fuori campo IVA per carenza del presupposto territoriale (con particolare riguardo a quelli “generici” di cui all’art. 7-ter), poiché nella verifica dello status di esportatore abituale l’aumento del volume d’affari (denominatore) avrebbe reso più difficile il raggiungimento di tale qualifica, atteso che le operazioni in questione non rilevano in ogni caso al numeratore del rapporto (in cui sono indicate le sole operazioni non imponibili).
Per evitare tale penalizzazione, è stata correttamente apportata una modifica all’art. 1 del DL n. 746/1983, con cui si dispone che il volume d’affari, ai soli fini del conteggio dello status di esportatore abituale, deve essere depurato, oltre che delle cessioni di beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale (come in passato), anche di quelle indicate al comma 6-bis dell’art. 21 del DPR 633/72, tra cui rientrano come detto anche i servizi resi a soggetti passivi d’imposta UE o extra-UE carenti del presupposto territoriale. Una neutralizzazione corretta che non penalizza ulteriormente coloro che operano con l’estero.
L’obbligo di fatturazione anche per le predette operazioni è sancito dal nuovo comma 6-bis dell’art. 21 del DPR 633/72, sia pure condizionato, in presenza di controparte soggetto passivo in altro stato UE, alla circostanza che quest’ultimo sia debitore dell’imposta nello Stato in cui è stabilito, mentre non sussistono particolari condizioni in presenza di controparte soggetto passivo in uno Stato extra-UE.
L’obbligo di fatturazione delle predette operazioni fuori campo IVA deve essere coordinata con altri importanti modifiche, prima fra tutte con la previsione che le operazioni in questione concorrono alla formazione del volume d’affari (modifica all’art. 20 del DPR 633/72), con la conseguenza che l’effettuazione di operazioni fuori campo per carenza del presupposto territoriale potrebbe rendere più difficile l’accesso alle liquidazioni periodiche trimestrali, per le quali, come noto, i “nuovi” limiti sono pari a 400.000 euro per le attività di prestazioni di servizi e 700.000 euro negli altri casi, nonché l’opzione per la nuova IVA di cassa di cui all’art. 32-bis del DL 83/2012, riservata ai soggetti passivi con volume d’affari non superiore a 2.000.000 di euro, ed infine l’utilizzo della periodicità trimestrale per gli elenchi Intra e la comunicazione black list.
Tuttavia, l’aspetto più “critico” che si era posto, sin dal 2010, successivamente all’entrata in vigore delle novità contenute nel DLgs. n. 18/2010, consisteva nella circostanza che alcune tipologie di servizi, che in precedenza potevano fruire della non imponibilità (soprattutto in ambito comunitario, ex art. 40 del DL n. 331/93, abrogato a far data dal 1° gennaio 2010) sono “transitati” nell’esclusione da IVA, con conseguente penalizzazione sulla qualifica di esportatore abituale, per il cui “status” rilevano le operazioni non imponibili e non anche quelle extraterritoriali.
Per rimediare a tale penalizzazione, la legge comunitaria 2010 ha previsto, a far data dal 17 marzo 2012, una nuova fattispecie di rimborso (o compensazione) IVA infrannuale per coloro che effettuano per più del 50% alcune tipologie di servizi fuori campo IVA (lavorazioni, trasporti, ecc.), disciplinata dall’art. 38-bis, comma 2, del DPR 633/72. In tal modo, viene consentito il recupero del credito da parte di tali soggetti già nel corso dell’anno, senza dover attendere la maturazione del credito annuale in dichiarazione.Ora, per effetto delle modifiche apportate dal 1° gennaio 2013, ed in particolare con la previsione di rilevanza ai fini del volume d’affari delle operazioni fuori campo IVA ex artt. da 7 a 7-septies del DPR 633/72, si rischiava un’ulteriore penalizzazione per i soggetti che effettuano servizi fuori campo IVA per carenza del presupposto territoriale (con particolare riguardo a quelli “generici” di cui all’art. 7-ter), poiché nella verifica dello status di esportatore abituale l’aumento del volume d’affari (denominatore) avrebbe reso più difficile il raggiungimento di tale qualifica, atteso che le operazioni in questione non rilevano in ogni caso al numeratore del rapporto (in cui sono indicate le sole operazioni non imponibili).
Per evitare tale penalizzazione, è stata correttamente apportata una modifica all’art. 1 del DL n. 746/1983, con cui si dispone che il volume d’affari, ai soli fini del conteggio dello status di esportatore abituale, deve essere depurato, oltre che delle cessioni di beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale (come in passato), anche di quelle indicate al comma 6-bis dell’art. 21 del DPR 633/72, tra cui rientrano come detto anche i servizi resi a soggetti passivi d’imposta UE o extra-UE carenti del presupposto territoriale. Una neutralizzazione corretta che non penalizza ulteriormente coloro che operano con l’estero.
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