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martedì 18 dicembre 2012

Contenzioso Contributo unificato sempre necessario per l’appello incidentale

Contenzioso

Contributo unificato sempre necessario per l’appello incidentale

È una delle precisazioni fornite dal Ministero, secondo cui la necessità prescinde dagli scaglioni di valore

/ Martedì 18 dicembre 2012
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato sul proprio sito internet la direttiva 2 del 2012, relativa alle modalità di pagamento nonché di calcolo del contributo unificato.
I chiarimenti sono oltremodo opportuni, visto che su vari aspetti non era pacifico il modo in cui dovesse essere computato il contributo unificato atti giudiziari, in vigore nel contenzioso tributario a partire dal luglio 2011.
Prima di esaminare le parti più importanti della circolare, si ricorda che il contributo unificato ha come presupposto il grado del processo (art. 9 del DPR 115/2002), che il suo computo deve avvenire, per espressa previsione dell’art. 14 del TUSP, ai sensi dell’art. 12 del DLgs. 546/92 (si vaglia pertanto la sola maggiore imposta richiesta, al netto di sanzioni e interessi), e che la debenza è parametrata a determinati scaglioni di valore della lite, delineati dall’art. 13 del DPR 115/2002.
Tanto detto, i chiarimenti che subito balzano all’occhio concernono l’appello incidentale, le società di persone e gli obbligati solidali.
In merito all’appello incidentale, viene confermato quanto detto in occasione di Telefisco 2012: è sempre necessario il versamento del contributo unificato a carico dell’appellante incidentale, anche se il valore della causa non viene modificato.
Detto diversamente, se vi è soccombenza ripartita, l’appellante principale e quello incidentale devono sempre pagare l’imposta, in quanto non ha rilievo il fatto che non si superi il corrispondente scaglione di valore.
Riprendendo l’esempio prospettato nel quesito 5 della direttiva, se un accertamento ha il valore di 200.000 euro, in primo grado il contribuente versa un contributo pari a 500 euro (scaglione di valore compreso tra 75.000 e 200.000 euro) e, se il giudice riduce la pretesa a 80.000 euro, l’ufficio/appellante principale prenota a debito un contributo unificato pari a 500 euro, in quanto l’appello vale 120.000 euro, ma il contribuente/appellante incidentale paga sempre un contributo unificato pari a 500 euro, proprio in forza della tesi sostenuta (l’appello, in questo caso, varrebbe 80.000 euro).
Su questa tesi, invero, potrebbero essere mosse delle critiche, in quanto il parametro per il calcolo del contributo unificato non è, come detto nella circolare, il thema decidendum in tal modo inteso, ma l’atto impugnato, atto che rimane del valore di 200.000 euro se impugnato per intero (in pratica, accettando la tesi del Ministero, è come se nel passaggio tra il primo e il secondo grado del processo l’atto, che altresì in appello rimane l’unico parametro per determinare il valore della causa, venisse “spezzato” in due provvedimenti distinti).
Inaccettabile il chiarimento sulle spese processuali
Una soluzione “simile”, peraltro, è stata adottata nella risposta 19 sulle società di persone, ove è stato sostenuto, limitatamente ai tributi imputati per trasparenza, che la società sconta il contributo nella misura di 30 euro (atto di valore pari a zero) e i soci sulla base del valore del singolo atto sul maggior reddito di partecipazione.
Ciò che davvero non può essere accettato è l’assunto contenuto nella risposta 17: l’appello incidentale sulle sole spese sconta il contributo unificato, in quanto, nonostante l’art. 12 del DLgs. 546/92 non riguardi in alcun modo le spese, “soccorre” in favore delle casse erariali, in pratica, l’art. 14 del DPR 115/2002, ove si afferma che il valore della lite va calcolato ai sensi dell’art. 10 c.p.c. senza tenere conto degli interessi. Peccato, però, che sia tale articolo 14 ad affermare che nel processo tributario opera l’art. 12 del DLgs. 546/92, e che, proprio per la presenza di tale norma, non è possibile, come fatto dal Ministero, invocare l’art. 10 del codice richiamando l’art. 1 comma 2 del DLgs. 546/92, che opera solo se la disposizione del codice di procedura civile è compatibile con il DLgs. 546/92.
Nel caso degli obbligati solidali, invece, si afferma che se i due condebitori fanno ricorso, il contributo unificato è dovuto per ciascuno di essi, in quanto gli atti impugnati sono due, trattandosi di obbligazioni solidali e non di litisconsorzio necessario.
Altre specificazioni sono inerenti alle omissioni dei contribuenti in merito all’indicazione della casella PEC e del valore della lite, ove viene confermata, come si vedrà in un prossimo intervento, la possibilità di sanare la violazione all’atto della costituzione in giudizio.
 / Alfio CISSELLO FONTE:EUTEKNE

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