Minimi accessibili anche agli ex co.co.co. e lavoratori a tempo determinato
I contribuenti che intendono accedere o permanere nel regime dei minimi per il periodo d’imposta 2013 devono verificare l’esistenza dei requisiti per
poter fruire di tale regime, tenendo conto delle condizioni previste
dall’art. 27, comma 2, del DL 98/2011, e dei chiarimenti forniti
dall’Agenzia con la circ. 30 maggio 2012, n. 17.
Come noto, il comma 2 del predetto art. 27, in aggiunta ai requisiti previsti dai commi 96 e 99 della L. 244/2007 (che saranno analizzati in un altro intervento), condiziona l’accesso al regime in questione alle persone fisiche che:
- non abbiano esercitato nel triennio precedente l’inizio dell’attività, alcuna attività di lavoro autonomo o d’impresa, anche in forma associata o familiare;
- non proseguano un’attività già precedentemente svolta (“mera prosecuzione”) sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, ad esclusione del caso in cui tale precedente attività consista nel periodo di pratica obbligatoria (“tirocinio” professionale);
- proseguano un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, nel qual caso tuttavia il limite massimo di 30.000 euro di ricavi realizzati nel periodo precedente deve essere valutato in relazione all’attività svolta dal soggetto dante causa.
In relazione al primo dei requisiti elencati, è bene ricordare innanzitutto che il triennio precedente va computato secondo il calendario comune, senza attendere il decorso di tre periodi d’imposta completi, e che non costituisce causa di esclusione la condizione di socio (in società e associazioni di cui all’art. 5 del TUIR, ovvero in srl trasparenti ex art. 116 del TUIR) in tale triennio antecedente, in quanto la qualifica di socio esclude l’accesso o la permanenza nel regime laddove sussista nel medesimo periodo d’imposta in cui si intende fruire del regime dei minimi.
Per quanto concerne il secondo dei requisiti elencati, invece, la circ. n. 17/2012 precisa, innovando rispetto al passato, che non preclude l’accesso al regime dei minimi lo svolgimento in precedenza di altra attività in base ad un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero di lavoro a tempo determinato, in quanto rapporti caratterizzati da una marginalità economica e sociale. Tuttavia, precisa l’Agenzia, “per esigenze di certezza e di semplificazione”, la condizione in questione è verificata laddove l’attività di co.co.co. o di lavoro a tempo determinato sia stata svolta per un periodo di tempo non superiore alla metà del triennio antecedente la nuova attività intrapresa.
In buona sostanza, è possibile individuare due fattispecie:
- il rapporto di co.co.co. o di lavoro a tempo determinato, svolto in precedenza, ha avuto una durata non superiore a 18 mesi (un anno e mezzo, ossia metà del triennio), nel qual caso la nuova attività non costituisce mai mera prosecuzione, a prescindere dalle modalità di svolgimento della stessa, e quindi anche nell’ipotesi in cui il “minimo” utilizzi gli stessi locali, ovvero abbia come unico (o prevalente) cliente l’ex datore di lavoro o committente;
- il rapporto di co.co.co o di lavoro a tempo determinato, svolto in precedenza, ha avuto una durata superiore al predetto periodo di 18 mesi; è dunque necessario verificare, caso per caso, che “le due attività da porre a confronto vengano svolte in ambiti che richiedono competenze non omogenee”.Infine, nel caso di prosecuzione di altra attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’art. 27, comma 2, lett. c), del DL 98/2011 richiede una duplice verifica in relazione al parametro quantitativo di 30.000 euro di ricavi quale soglia massima per l’accesso e la permanenza nel regime. La prima attiene ai ricavi dell’anno precedente a quello di entrata nel regime, per la cui verifica è necessario aver riguardo all’ammontare dei ricavi conseguiti dal dante causa (cedente o de cuius in funzione della tipologia di trasferimento avvenuto), e la seconda riguarda invece l’anno in cui avviene il trasferimento dell’impresa, nel quale si deve aver riguardo alla sommatoria dei ricavi conseguiti dal dante causa (fino alla data di cessione dell’attività) e dall’avente causa (a partire dalla data di acquisto dell’attività).
Come noto, il comma 2 del predetto art. 27, in aggiunta ai requisiti previsti dai commi 96 e 99 della L. 244/2007 (che saranno analizzati in un altro intervento), condiziona l’accesso al regime in questione alle persone fisiche che:
- non abbiano esercitato nel triennio precedente l’inizio dell’attività, alcuna attività di lavoro autonomo o d’impresa, anche in forma associata o familiare;
- non proseguano un’attività già precedentemente svolta (“mera prosecuzione”) sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, ad esclusione del caso in cui tale precedente attività consista nel periodo di pratica obbligatoria (“tirocinio” professionale);
- proseguano un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, nel qual caso tuttavia il limite massimo di 30.000 euro di ricavi realizzati nel periodo precedente deve essere valutato in relazione all’attività svolta dal soggetto dante causa.
In relazione al primo dei requisiti elencati, è bene ricordare innanzitutto che il triennio precedente va computato secondo il calendario comune, senza attendere il decorso di tre periodi d’imposta completi, e che non costituisce causa di esclusione la condizione di socio (in società e associazioni di cui all’art. 5 del TUIR, ovvero in srl trasparenti ex art. 116 del TUIR) in tale triennio antecedente, in quanto la qualifica di socio esclude l’accesso o la permanenza nel regime laddove sussista nel medesimo periodo d’imposta in cui si intende fruire del regime dei minimi.
Per quanto concerne il secondo dei requisiti elencati, invece, la circ. n. 17/2012 precisa, innovando rispetto al passato, che non preclude l’accesso al regime dei minimi lo svolgimento in precedenza di altra attività in base ad un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero di lavoro a tempo determinato, in quanto rapporti caratterizzati da una marginalità economica e sociale. Tuttavia, precisa l’Agenzia, “per esigenze di certezza e di semplificazione”, la condizione in questione è verificata laddove l’attività di co.co.co. o di lavoro a tempo determinato sia stata svolta per un periodo di tempo non superiore alla metà del triennio antecedente la nuova attività intrapresa.
In buona sostanza, è possibile individuare due fattispecie:
- il rapporto di co.co.co. o di lavoro a tempo determinato, svolto in precedenza, ha avuto una durata non superiore a 18 mesi (un anno e mezzo, ossia metà del triennio), nel qual caso la nuova attività non costituisce mai mera prosecuzione, a prescindere dalle modalità di svolgimento della stessa, e quindi anche nell’ipotesi in cui il “minimo” utilizzi gli stessi locali, ovvero abbia come unico (o prevalente) cliente l’ex datore di lavoro o committente;
- il rapporto di co.co.co o di lavoro a tempo determinato, svolto in precedenza, ha avuto una durata superiore al predetto periodo di 18 mesi; è dunque necessario verificare, caso per caso, che “le due attività da porre a confronto vengano svolte in ambiti che richiedono competenze non omogenee”.Infine, nel caso di prosecuzione di altra attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’art. 27, comma 2, lett. c), del DL 98/2011 richiede una duplice verifica in relazione al parametro quantitativo di 30.000 euro di ricavi quale soglia massima per l’accesso e la permanenza nel regime. La prima attiene ai ricavi dell’anno precedente a quello di entrata nel regime, per la cui verifica è necessario aver riguardo all’ammontare dei ricavi conseguiti dal dante causa (cedente o de cuius in funzione della tipologia di trasferimento avvenuto), e la seconda riguarda invece l’anno in cui avviene il trasferimento dell’impresa, nel quale si deve aver riguardo alla sommatoria dei ricavi conseguiti dal dante causa (fino alla data di cessione dell’attività) e dall’avente causa (a partire dalla data di acquisto dell’attività).
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