ilcasodelgiorno
Credito d’imposta non indicato emendabile anche nel processo
Non rileva se il regolamento prevede l’indicazione in dichiarazione «a pena di decadenza»
L’omessa indicazione in
dichiarazione dei redditi del credito d’imposta, spettante nella specie
ai sensi dell’art. 14, comma 1, lett. a) del DM 593/2000, è emendabile
attraverso la presentazione di una dichiarazione rettificata entro
i termini decadenziali dell’accertamento (si trattava di crediti che
conseguivano ad assunzioni agevolate nel settore della ricerca).Detto principio deve essere riconosciuto per qualsiasi genere di errore commesso dal contribuente, anche nel caso in cui sia già constatata la violazione.
Così, la C.T. Prov. di Torino, con la sentenza dell’8 marzo 2012 n. 33/06/12, ribadisce un principio già più volte affermato dalla Cassazione (Cass. n. 15063/2002, n. 8362/2002 e n. 21944/2007) e dalla stessa Commissione (si veda C.T. Prov. Torino 22 aprile 2009 n. 55).
Infatti, nel caso di specie, l’oggetto del contenzioso è circoscritto alla sola omessa indicazione nel quadro RU del modello UNICO del credito e non tanto alla sussistenza del medesimo, peraltro riconosciuto dall’Ente, né alla sua fruibilità nell’anno in cui lo stesso è stato esposto in dichiarazione.
La C.T. Reg. di Firenze, con la sentenza del 5 luglio 2012 n. 73/31/12, sempre su questa linea interpretativa, ha sancito il principio secondo cui l’Amministrazione finanziaria, accortasi dell’errore commesso dal contribuente in sede di dichiarazione, avrebbe avuto l’onere di informarlo tramite il c.d. “avviso bonario”, al fine di correggere la dichiarazione in oggetto entro l’inizio del periodo di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo alla liquidazione delle imposte.
Non a caso, l’art. 6 della L. 212/2000 (c.d. “Statuto del Contribuente”) dispone che, nel caso in cui l’Amministrazione riconosca l’errore del contribuente, essa è tenuta a richiedergli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento di un credito, nonché invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre eventuali documenti che dimostrino la pretesa richiesta, al fine di rispettare il principio di collaborazione tra contribuente e Fisco.
Il mero errore è sanabile
In
queste situazioni, dunque, il contribuente può di certo presentare una
dichiarazione rettificativa o, nel caso in cui non sia stato tutelato ai
sensi dello Statuto del Contribuente, può impugnare la cartella
esattoriale per violazione di legge.Alla luce di quanto esposto, il contribuente risulta pertanto tutelato nel caso in cui abbia agito in buona fede, compensando il credito, ma omettendo di indicarlo in dichiarazione, come previsto dal regolamento adottato con DM 275/98, che prescriveva la menzionata indicazione addirittura “a pena di decadenza”.
Tuttavia, considerando che le disposizioni contenute nella L. 212/2000 sono di fatto principi generali dell’ordinamento tributario e costituiscono, pertanto, espressione “attuativa” di garanzie costituzionali, in ragione del principio della gerarchia delle fonti, non possono essere derogate da atti di normazione secondaria.
Alfio CISSELLO e Elena SCRIBONI
FONTE:EUTEKNE
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