Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

giovedì 29 novembre 2012

Favor rei «difficile» per l’indicazione dei costi black list

ilcasodelgiorno

Favor rei «difficile» per l’indicazione dei costi black list

Per la Regionale di Torino, deve essere applicato non dal giudice ma tramite l’emanazione di un nuovo atto

/ Giovedì 29 novembre 2012
Il secondo comma dell’art. 3 del DLgs. 472/97 enuncia un principio fondamentale in tema di sanzioni amministrative, il c.d. favor rei, stabilendo che “se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo”.
Detto postulato torna operante altresì nelle ipotesi in cui si passi da una sanzione “impropria” a una sanzione reale, come nel caso dei costi black list, la cui omessa indicazione in dichiarazione era “punita”, prima della Finanziaria 2007, con l’indeducibilità della posta, e dopo con la sanzione pari al 10% dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di 500 euro ed un massimo di 50.000 euro.
Applicando l’art. 3 del DLgs. 472/97, se l’atto di contestazione della sanzione o di accertamento non fosse ancora definitivo, il contribuente risulterebbe soggetto al più mite trattamento sanzionatorio.
La fattispecie è stata analizzata dalla sentenza della Commissione tributaria regionale di Torino n. 12/1/12 del 9 febbraio 2012, che, mediante una pronuncia improntata allo “stretto diritto”, ha statuito che, nella specifica ipotesi, il nuovo trattamento sanzionatorio deve essere disposto dall’Ufficio, e non dal giudice.
In sostanza, era stato impugnato un accertamento relativo al 2003, nelle more del contenzioso era sopravvenuta la Finanziaria 2007 e il contribuente, con un ragionamento accolto dalla Regionale, aveva sollecitato l’applicazione del nuovo art. 8, comma 3-bis del DLgs. 471/97.
Era poi stata notificata la cartella di pagamento emessa in seguito alla sentenza, ove il contribuente lamentava che la “nuova” sanzione andava contestata mediante apposito atto.
Per questo motivo, la Regionale, ribaltando la decisione di primo grado, ha annullato il ruolo.
Dal punto di vista dello “stretto diritto”, la decisione appare conforme al consolidato principio secondo cui il giudice tributario può solo annullare, confermare o ricondurre nella giusta misura la pretesa, ma mai sostituirsi all’ufficio nel proprio potere impositivo.
Il principio danneggia gli uffici finanziari
Così, è ad esempio pacifico che la Commissione non può determinare l’imponibile utilizzando il criterio analitico in luogo di quello induttivo disposto dall’Agenzia delle Entrate.
Nella nostra fattispecie, però, per un disguido del sistema, tale corretto postulato può andare a danno degli uffici finanziari: la necessità di autonoma notifica dell’atto di contestazione della nuova e più mite sanzione presuppone il rispetto dei termini decadenziali di cui all’art. 20 del DLgs. 472/97, il che significa che l’atto non potrà più essere notificato, in quanto i termini sarebbero con ogni probabilità spirati.
Per far fronte a ciò, possono prospettarsi due soluzioni.
La prima è l’introduzione di una norma (tecnicamente ben scritta) in virtù della quale, in casi del genere, i termini per l’atto dovrebbero decorrere dal momento in cui scaturisce il diritto del Fisco di avanzare la diversa pretesa.
Tale norma, che potremmo definire “speculare” all’art. 21 del DLgs. 546/92 in merito al dies a quo del rimborso anomalo, tornerebbe utile in casi del tutto particolari come l’accertamento notificato al socio di società estinta ex art. 2495 c.c. per debiti ante cancellazione della società, per la predetta fattispecie del favor rei (quindi anche per l’analogo caso relativo alla comunicazione delle minusvalenze) e per altre situazioni che il Legislatore, però, dovrebbe elencare nello specifico, con rigetto di una qualsivoglia clausola “aperta”.
La seconda soluzione, invece, è quella adottata dai giudici di prime cure, che hanno ritenuto legittima la cartella di pagamento emessa a seguito della sentenza con cui è stata ritenuta applicabile la sanzione più mite.
 / Alfio CISSELLO fonte:eutekne

Nessun commento:

Posta un commento