iva
IVA e «nuova» deducibilità delle perdite su crediti senza coordinamento
Alla luce delle novità, occorre chiedersi
se sia possibile eseguire, in parallelo, anche lo storno del debito IVA
tramite l’emissione di una nota di accredito
Le novità recentemente introdotte in materia di deducibilità delle perdite su crediti, a seguito delle modifiche apportate dal DL 83/2012, non hanno considerato l’aspetto IVA
della medesima questione. In altre parole, se si rileva una perdita sul
credito deducibile ai fini delle imposte sul reddito, quali sono le
conseguenze in ambito IVA? Vi è la possibilità di eseguire, in parallelo
con la deduzione del costo, anche lo storno del debito IVA tramite l’emissione di una nota di accredito?
La questione, ai fini IVA, è disciplinata dall’articolo 26, comma 2 del DPR 633/72, secondo cui il mancato pagamento del credito legittima l’emissione di una nota di variazione a fronte di due casi ben precisi:
- l’aver eseguito una procedura esecutiva infruttuosa;
- la sussistenza di procedure concorsuali.
Se si esamina l’articolo 101 comma 5 del TUIR in parallelo con il citato articolo 26 comma 2 del DPR 633/72, ci si potrà accorgere che vi è tra i due ambiti impositivi assenza di coordinamento, che si manifesta in vari aspetti. In primo luogo, si pensi alla possibilità, ora sancita dall’articolo 101 comma 5 del TUIR, di dedurre le perdite sui crediti non superiori a 2.500 euro, a condizione che siano scaduti da almeno sei mesi. La deduzione avviene tramite una svalutazione, quindi un atto unilaterale del creditore, senza che sia necessariamente attivata alcuna procedura esecutiva. L’assenza di una procedura esecutiva infruttuosa rende impossibile l’emanazione della nota di variazione, per cui nell’ammontare del costo deducibile vi sarà anche l’IVA a debito a suo tempo liquidata.
Al riguardo si ricorda che, secondo la CM n. 77/E/2000, “il presupposto legittimante la variazione in diminuzione viene ad esistenza quando il credito del cedente del bene o prestatore del servizio non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell’esecutato ovvero quando sia stata accertata e documentata dagli organi della procedura l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione”. Pertanto, alla luce dell’attuale normativa non sembra possibile assegnare alcuna valenza IVA alla deduzione delle perdite sui crediti di modesta entità (ex nuovo art. 101, comma 5 del TUIR).
Altro discorso, poi, è quello delle procedure concorsuali. Innanzitutto, va rimarcato che sembrerebbe logico ritenere che la definizione e il perimetro delle procedure concorsuali siano i medesimi nell’ambito IIDD come nell’ambito IVA, ma tale conclusione non è affatto scontata. Quali procedure possono definirsi “concorsuali” ai fini dei riflessi fiscali da esse procedure ritraibili? Dalla lettura dell’articolo 101, comma 5 del TUIR, sembrerebbe di dover dire che le procedure concorsuali sono il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa e l’amministrazione straordinaria di imprese in crisi, mentre non concorsuale o “meta concorsuale” sia invece l’accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis L. fall. Certamente non concorsuale o “meta concorsuale” il piano attestato di risanamento ex art. 67 L. fall.
Ora, passando al comparto IVA, possiamo dire con certezza che, come il creditore deduce la perdita sul credito al momento in cui si ha l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione del debito, ugualmente e nello stesso momento possa emettere la nota di variazione ai fini IVA? Al riguardo, va notato che la citata circ. 77/2000 nulla dice in relazione a tale procedura (che non esisteva nel 2000) e, mentre si ha certezza che al momento dell’approvazione del piano di riparto nel fallimento o dell’omologa nel concordato preventivo sia possibile emettere nota di accredito per IVA, la stessa certezza non si può avere in relazione al caso dell’accordo di ristrutturazione del debito o del piano di risanamento.
In attesa di chiarimenti ufficiali, si potrebbe avanzare la seguente ipotesi:
- quando la procedura concorsuale o anche solo meta concorsuale deriva da accordo negoziale tra debitore e creditore ufficializzato dal Tribunale, si può emettere nota di accredito essendo cristallizzata la falcidia del credito;
- quando invece la procedura è il frutto di un piano unilaterale del debitore, non si ha né la deducibilità sic et simpliciter della perdita, né la possibilità di emissione della nota di accredito, anche se il piano ha trovato una collocazione normativa nell’articolo 67 della L. fall.
Questa impostazione permetterebbe anche di risolvere in nuce il problema della nota di variazione per le perdite su crediti derivanti dagli accordi di composizione della crisi di cui alla L. 3/2012 (recentemente modificati e integrati dal DL 179/2012). Con questi accordi il contribuente, che non presenta le dimensioni per essere assoggettato a fallimento o concordato preventivo, può ottenere una riduzione del debito e contemporaneamente una tutela dalle azioni esecutive individuali. Dal momento che anche in questo caso si è di fronte ad un accordo negoziale con il creditore, sembrerebbe di poter dire che al momento dell’omologa dell’accordo sia possibile emettere nota di accredito.
/ Paolo MENEGHETTI e Luca CARAMASCHI fonte:EUTEKNE
La questione, ai fini IVA, è disciplinata dall’articolo 26, comma 2 del DPR 633/72, secondo cui il mancato pagamento del credito legittima l’emissione di una nota di variazione a fronte di due casi ben precisi:
- l’aver eseguito una procedura esecutiva infruttuosa;
- la sussistenza di procedure concorsuali.
Se si esamina l’articolo 101 comma 5 del TUIR in parallelo con il citato articolo 26 comma 2 del DPR 633/72, ci si potrà accorgere che vi è tra i due ambiti impositivi assenza di coordinamento, che si manifesta in vari aspetti. In primo luogo, si pensi alla possibilità, ora sancita dall’articolo 101 comma 5 del TUIR, di dedurre le perdite sui crediti non superiori a 2.500 euro, a condizione che siano scaduti da almeno sei mesi. La deduzione avviene tramite una svalutazione, quindi un atto unilaterale del creditore, senza che sia necessariamente attivata alcuna procedura esecutiva. L’assenza di una procedura esecutiva infruttuosa rende impossibile l’emanazione della nota di variazione, per cui nell’ammontare del costo deducibile vi sarà anche l’IVA a debito a suo tempo liquidata.
Al riguardo si ricorda che, secondo la CM n. 77/E/2000, “il presupposto legittimante la variazione in diminuzione viene ad esistenza quando il credito del cedente del bene o prestatore del servizio non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell’esecutato ovvero quando sia stata accertata e documentata dagli organi della procedura l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione”. Pertanto, alla luce dell’attuale normativa non sembra possibile assegnare alcuna valenza IVA alla deduzione delle perdite sui crediti di modesta entità (ex nuovo art. 101, comma 5 del TUIR).
Altro discorso, poi, è quello delle procedure concorsuali. Innanzitutto, va rimarcato che sembrerebbe logico ritenere che la definizione e il perimetro delle procedure concorsuali siano i medesimi nell’ambito IIDD come nell’ambito IVA, ma tale conclusione non è affatto scontata. Quali procedure possono definirsi “concorsuali” ai fini dei riflessi fiscali da esse procedure ritraibili? Dalla lettura dell’articolo 101, comma 5 del TUIR, sembrerebbe di dover dire che le procedure concorsuali sono il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa e l’amministrazione straordinaria di imprese in crisi, mentre non concorsuale o “meta concorsuale” sia invece l’accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis L. fall. Certamente non concorsuale o “meta concorsuale” il piano attestato di risanamento ex art. 67 L. fall.
Ora, passando al comparto IVA, possiamo dire con certezza che, come il creditore deduce la perdita sul credito al momento in cui si ha l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione del debito, ugualmente e nello stesso momento possa emettere la nota di variazione ai fini IVA? Al riguardo, va notato che la citata circ. 77/2000 nulla dice in relazione a tale procedura (che non esisteva nel 2000) e, mentre si ha certezza che al momento dell’approvazione del piano di riparto nel fallimento o dell’omologa nel concordato preventivo sia possibile emettere nota di accredito per IVA, la stessa certezza non si può avere in relazione al caso dell’accordo di ristrutturazione del debito o del piano di risanamento.
In attesa di chiarimenti ufficiali, si potrebbe avanzare la seguente ipotesi:
- quando la procedura concorsuale o anche solo meta concorsuale deriva da accordo negoziale tra debitore e creditore ufficializzato dal Tribunale, si può emettere nota di accredito essendo cristallizzata la falcidia del credito;
- quando invece la procedura è il frutto di un piano unilaterale del debitore, non si ha né la deducibilità sic et simpliciter della perdita, né la possibilità di emissione della nota di accredito, anche se il piano ha trovato una collocazione normativa nell’articolo 67 della L. fall.
Questa impostazione permetterebbe anche di risolvere in nuce il problema della nota di variazione per le perdite su crediti derivanti dagli accordi di composizione della crisi di cui alla L. 3/2012 (recentemente modificati e integrati dal DL 179/2012). Con questi accordi il contribuente, che non presenta le dimensioni per essere assoggettato a fallimento o concordato preventivo, può ottenere una riduzione del debito e contemporaneamente una tutela dalle azioni esecutive individuali. Dal momento che anche in questo caso si è di fronte ad un accordo negoziale con il creditore, sembrerebbe di poter dire che al momento dell’omologa dell’accordo sia possibile emettere nota di accredito.
/ Paolo MENEGHETTI e Luca CARAMASCHI fonte:EUTEKNE
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