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lunedì 5 novembre 2012

eddito d'impresa Sulle sanzioni antitrust la Cassazione non cambia idea

reddito d'impresa

Sulle sanzioni antitrust la Cassazione non cambia idea

Risulta irrilevante l’intervento del DL sulle semplificazioni fiscali in materia di costi da reato

/ Lunedì 05 novembre 2012
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18368 del 26 ottobre 2012, ha ribadito che le sanzioni antitrust sono indeducibili dal reddito d’impresa.
Ad avviso della Suprema Corte, la sanzione ha una funzione afflittiva e deflattiva, essendo un deterrente per futuri possibili analoghi illeciti.
Dal punto di vista tributario, secondo i giudici, “l’illecito spezza, in ogni caso, il nesso di inerenza, atteso che la spesa non nasce più nell’impresa, ma in un atto o fatto, quello antigiuridico, che per sua natura si pone al di là della sfera aziendale”.
Si tratta di una questione notoriamente controversa e, pur in presenza di un orientamento consolidato da parte della Corte di Cassazione, non sono mancate sentenze di merito che si sono espresse a favore della deducibilità dei predetti componenti di costo (si veda, ad esempio, la C.T. Prov. Milano, con la sentenza del 2 marzo 2011, n. 78/03/11).
La posizione della Corte di Cassazione trova invece d’accordo l’Amministrazione finanziaria, ad avviso della quale le sanzioni in questione “non sono deducibili dal reddito d’impresa in quanto trattasi di oneri non inerenti all’attività d’impresa. L’irrogazione della sanzione è infatti una conseguenza del comportamento illecito tenuto dal contribuente” (circ. 98/2000).
Tanto premesso, l’aspetto di maggior interesse contenuto nella sentenza in commento riguarda l’irrilevanza del sopravvenuto comma 4-bis dell’art. 14 della L. 537/93 per effetto del DL 16/2012 (decreto sulle semplificazioni fiscali).
Quest’ultimo decreto ha rivisto la disciplina dei costi da reato, cercando di meglio delimitare l’indeducibilità e di evitare che quest’ultima possa avere valenza di sanzione impropria.
Prima dell’intervento del DL 16/2012, il comma 4-bis disponeva che, nella determinazione dei redditi di provenienza illecita, non fossero deducibili i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato.
Tale disposizione aveva suscitato diverse perplessità in ordine al rispetto dei principi costituzionali del nostro ordinamento e, segnatamente, degli artt. 3 e 53 della Costituzione, al punto che la Commissione Tributaria di Terni, con ordinanza dell’11 novembre 2009, aveva sollevato alla Consulta la questione di legittimità e la Consulta si era espressa con una pronuncia di inammissibilità (ordinanza n. 73/2011).
Per superare comunque i rilievi sopra citati, il legislatore ha riformulato integralmente l’art. 14 comma 4-bis della L. 537/93, tra l’altro, escludendo dall’indeducibilità i costi relativi ai delitti colposi e limitando il divieto di deduzione ai soli costi e spese direttamente utilizzati per il compimento dei delitti non colposi (e non genericamente riconducibili ad atti o attività delittuose).
Tornando alle sanzioni antitrust, anche prima dell’intervento del DL 16/2012, la dottrina aveva individuato nella previsione dell’art. 14, comma 4-bis, un argomento a favore della deducibilità delle sanzioni in esame.
Si osservava infatti che, se la norma prevede l’indeducibilità solo per i costi connessi ad attività sanzionate penalmente, per gli illeciti di natura civile o amministrativa, a contrariis, i relativi costi dovrebbero essere deducibili.
Questo ragionamento conserva una validità anche dopo l’intervento del DL 16/2012 che ha solo circoscritto i costi connessi alle attività delittuose, delimitando ulteriormente la portata applicativa della norma.
Tale argomentazione, tuttavia, non è stata ritenuta rilevante dai giudici della Cassazione i quali sembrano avvalorare la tesi a suo tempo proposta dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 42 del 26 settembre 2005.
Ad avviso dell’Agenzia, infatti, per le fattispecie penalmente rilevanti, la deducibilità è espressamente esclusa dal comma 4-bis, mentre nelle ipotesi di illeciti civili o amministrativi, la deducibilità rientra nell’ordinaria determinazione del reddito e ne segue i relativi criteri (ivi compreso il principio di inerenza).
Peraltro, con specifico riferimento alle sanzioni derivanti dal compimento di attività illecite, essendo le stesse la conseguenza del comportamento illecito dell’imprenditore, non sarebbe comunque possibile considerarle inerenti.
 / Alessandro COTTO
FONTE:EUTEKNE

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