dura la Cassazione sul ricorso contro il diniego di autotutela
Mercoledì 14 novembre 2012
Se un atto impositivo è divenuto definitivo, l’istanza per
l’annullamento è impugnabile solo per profili di illegittimità del
rifiuto opposto dal Fisco
Qualora
un atto impositivo sia divenuto definitivo per decorrenza dei termini
d’impugnazione, il diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria
all’istanza di autotutela per l’annullamento dell’atto proposta dal
contribuente è impugnabile innanzi al giudice tributario soltanto per
profili di illegittimità del rifiuto opposto dal Fisco, ma non per
motivi concernenti il merito della pretesa impositiva, anche se la
stessa potrebbe risultare contrastante con i sopravvenuti risultati
delle indagini penali. Lo ha ribadito la Cassazione, con la sentenza n.
19740 di ieri.
Nel
caso di specie, una società era stata sottoposta ad accertamento per
aver emesso fatture per operazioni inesistenti e non aver registrato
operazioni imponibili intercorse con operatori esteri. Trattandosi di
condotte di rilevanza penale, era stata presentata la rituale notizia di
reato ed era stato celebrato il relativo processo penale. Nelle more
della sua conclusione, erano spirati i termini per impugnare l’atto
impositivo, che, quindi, era divenuto definitivo. Dal processo penale,
però, emergeva l’assoluzione degli imputati per non aver commesso il
fatto.
Sul
fronte tributario, allora, veniva presentata un’istanza di autotutela
all’Amministrazione finanziaria per chiedere l’annullamento dell’atto
impositivo, anche se ormai divenuto definitivo, alla luce delle indagini
penali con cui era stata accertata l’insussistenza dell’emissione di
fatture per operazioni inesistenti.
In
entrambi i gradi di merito, il contribuente usciva vittorioso, atteso
che i giudici, valutando le risultanze del procedimento penale, erano
giunti ad escludere che si trattasse di operazioni inesistenti e,
quindi, l’istanza di autotutela presentata dal contribuente al Fisco
avrebbe dovuto essere accolta. Poiché ciò non era avvenuto, il diniego
impugnato era stato annullato.
In
proposito, la Suprema Corte ha osservato che, in caso di accertamento
divenuto definitivo, il contribuente che avanza la domanda di autotutela
non può limitarsi a dedurre vizi dell’atto medesimo, ma deve dimostrare
la sussistenza di un interesse generale dell’Amministrazione alla
rimozione dell’atto. Conseguentemente, avverso il diniego opposto dal
Fisco, non possono essere addotte censure per contrastare il merito
della pretesa erariale avanzata, ma possono essere contestati soltanto
eventuali profili di illegittimità del rifiuto opposto dall’Agenzia
delle Entrate all’esercizio dell’autotutela (cfr. Cass. 11457/2010).
Nel
caso di specie, invece, la C.T. Reg. di Napoli si era pronunciata a
favore della domanda avanzata dal contribuente, non illustrando quali
fossero i motivi di illegittimità del rifiuto di autotutela, ma
valutando nuovamente il merito della pretesa avanzata dal Fisco alla
luce delle sopravvenute risultanze delle indagini penali.
In
tal modo, però, i giudici d’appello avevano inammissibilmente
consentito al contribuente di esperire un nuovo mezzo di tutela avverso
l’atto impositivo ormai divenuto definitivo e, nei confronti del quale,
non erano stati esperiti i rimedi giurisdizionali che l’ordinamento
prevede (cfr. Cass. SS.UU. 2870 e 3698 del 2009). Del resto, l’istanza
di autotutela avanzata dal contribuente era fondata soltanto sulla
censura di merito tendente ad nuova valutazione dei fatti, alla luce
della sentenza di assoluzione penale, non recando alcun motivo circa la
sussistenza di un interesse generale alla rimozione dell’atto
impositivo, che non può coincidere, come erroneamente asserito dal
contribuente, con l’obbligo del Fisco di esaminare le risultanze delle
indagini penali. Il ricorso introduttivo del contribuente, quindi, è
stato rigettato dalla Suprema Corte, che lo ha anche condannato al
pagamento delle spese di giudizio.
La
pronuncia della Cassazione di ieri si inserisce in un filone
giurisprudenziale di legittimità che deve ormai ritenersi consolidato,
in base alla giurisprudenza sopra richiamata (oltre ad essa, nello
stesso senso: Cass. 26313/2010 e 10020/2012).
Tuttavia,
si ricorda che il diniego di autotutela, anche in presenza di
accertamento divenuto ormai definitivo, può essere certamente censurato
quando la pretesa impositiva sia palesemente infondata, oppure sia
scaturita da errori di fatto emergenti prima facie senza alcuna
valutazione di merito (cfr. C.T. Prov. Alessandria 23 luglio 2009 n. 72,
C.T. Prov. Savona 20 gennaio 2009 n. 4 e C.T. Reg. Roma 3 dicembre 2008
n. 490).
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