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mercoledì 21 novembre 2012

L’edificabilità «di fatto» non assume nessuna valenza ai fini fiscali

immobili

L’edificabilità «di fatto» non assume nessuna valenza ai fini fiscali

Per la Regionale della Lombardia, l’edificabilità di un’area va desunta solo dalla qualificazione a essa attribuita nel PRG o PGT adottato dal Comune

/ Lunedì 19 novembre 2012
Ai fini tributari, l’edificabilità di un’area va desunta esclusivamente dalla qualificazione a essa attribuita nello strumento urbanistico generale (PRG o PGT) adottato dal Comune e risultante dal certificato di destinazione urbanistica dal Comune stesso. Nessuna valenza può assumere ai fini fiscali il concetto di “edificabilità di fatto” che, peraltro, non è contemplato in alcuna normativa per le aree censite in catasto.
Lo ha stabilito la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che, con sentenza n. 144/65/12 ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate. La pronuncia merita di essere segnalata perché ci sono ancora tante Commissioni tributarie che avvalorano la bizzarra tesi del Fisco trascurando addirittura la norma di legge (art. 36, comma 2 del DL n. 223/2006 convertito) e l’indirizzo interpretativo “uniforme” dalla Cassazione (funzione nomofilattica).
Procediamo con ordine. Le parti contraenti avevano presentato distinti e separati ricorsi contro gli avvisi di rettifica e liquidazione, concernenti le imposte di registro, ipotecaria e catastale per l’anno 2007. La pretesa fiscale scaturiva dalla rideterminazione del valore di un’area agricola oggetto di compravendita, considerata invece dall’ufficio “potenzialmente edificabile”. Con sentenza n. 15/3/10, i primi giudici bresciani avevano accolto i ricorsi, dopo averli riuniti. In particolare, il Collegio di prime cure ha ritenuto che il terreno de quo, al momento dell’atto di compravendita, risultava di natura agricola sotto il profilo sia giuridico, sia amministrativo.
La sentenza è stata appellata dall’ufficio, particolarmente predisposto a sostenere l’edificabilità “potenziale” o “di fatto” di tutti i terreni che, invece, dagli strumenti urbanistici e relativi certificati di destinazione urbanistica, risultano indicati con la qualità “agricola”. Infatti, anche nella vicenda che si annota, l’ufficio ha ritenuto apertis verbis che il valore dell’area dev’essere valutato a prescindere dall’attuale destinazione urbanistica di terreno agricolo, commisurandolo all’effettivo utilizzo che se ne potrà fare in futuro in base alla sua edificabilità di fatto. Come si può notare, l’ufficio è troppo distante dal contenuto vero dell’atto (l’imposta di registro è “un’imposta d’atto”), dalla nozione di “area fabbricabile” di cui al comma 2 dell’art. 36 del DL n. 223/2006 e dall’uniforme interpretazione di questa norma di legge da parte della Cassazione.
Eppure l’importanza dello strumento urbanistico generale e del relativo certificato di destinazione urbanistica, decisivo ai fini della validità dell’atto di trasferimento immobiliare ai sensi dell’art. 30, comma 2, primo periodo del DPR n. 380/2001 (conforme, tra tante, Cass. n. 17436 del 19 agosto 2011), è stato riaffermato anche dall’Agenzia che, con ris. n. 6 del 7 gennaio 2009, ha precisato che un terreno agricolo (ubicato in zona territoriale omogenea classificata E5 di preminente interesse agricolo) destinato all’attività commerciale di vendita di carburanti per autoveicoli, pur se utilizzato a fini produttivi, non acquisisce una nuova destinazione urbanistica, non potendo essere utilizzato allo stato attuale a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico vigente adottato dal Comune (ris. n. 460 del 2 dicembre 2008).
Il Collegio regionale ha respinto l’appello, affermando, in sostanza – e cogliendo nel segno – che l’edificabilità di fatto di un terreno, secondo le disposizioni vigenti, non ha più alcuna rilevanza ai fini fiscali. Infatti, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 36, comma 2, del DL n. 223/2006, che ha fornito l’interpretazione autentica anche del DPR n. 131/1986 (TUR), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica di cui al comma 4 dell’art. 52 dello stesso TUR, va desunta dalla qualificazione a essa attribuita nello strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi del medesimo.
Si tratta dell’interpretazione uniforme della giurisprudenza di legittimità
È l’interpretazione uniforme della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini tributari, vanno considerati edificabili tutti quei terreni che siano qualificati tali da uno strumento urbanistico generale, a prescindere dalla sussistenza dell’approvazione regionale dello strumento stesso e di strumenti attuativi che rendano possibile in concreto il permesso di costruire (Cass. n. 27173 del 16 dicembre 2011, n. 8136 dell’11 aprile 2011 e n. 15819 del 2 luglio 2010).
Un esempio eloquente di mal governo della norma di legge e della funzione nomofilattica, invece, traspare dalla sentenza n. 149/66/09, con la quale una diversa composizione della Commissione tributaria regionale di Brescia ha ritenuto che la lett. b) del comma 1 dell’art. 67 (ex 81) del TUIR consente di definire il terreno in questione suscettibile di utilizzazione edificatoria già al momento della sua cessione, tanto più che le parti si sono comportate come se il terreno stesso fosse già fabbricabile.
Infatti, secondo questo Collegio che ha vergato la decisione sul vecchio indirizzo giurisprudenziale superato dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenze n. 25505 e n. 25506 del 30 novembre 2006), il valore indicato nell’atto di compravendita è più elevato di quello di un terreno agricolo. Per fortuna del contribuente, con sentenza n. 11886 del 12 luglio 2012 la Suprema Corte, nell’accogliere il suo ricorso, ha rinverdito il principio secondo cui, affinché un’area sia considerata fabbricabile, è necessario che lo strumento urbanistico sia stato almeno adottato al momento del trasferimento del bene.
 / Antonio PICCOLO

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