reddito d'impresa
La rettifica del prezzo «impatta» sul venditore di azienda o di partecipazioni
Dovrebbe dar luogo a elementi positivi o
negativi di reddito assoggettabili alle norme che hanno regolato
l’imposizione del corrispettivo originario
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/ Lunedì 26 novembre 2012
Accade sempre più frequentemente che, in caso di cessione di partecipazioni sociali o di aziende, le parti pattuiscano apposite clausole contrattuali per
effetto delle quali il prezzo potrà subire una revisione, in aumento o
in diminuzione, in dipendenza del conseguimento di certi obiettivi economici e/o finanziari (utile,
MOL, fatturato, ecc) o per tenere conto di eventuali passività
potenziali che potrebbero trovare manifestazione successivamente
all’acquisizione, ma pur sempre aventi la loro origine in eventi
riconducibili alla gestione passata.
Sulla base dei chiarimenti intervenuti nel corso degli anni da parte dell’Amministrazione finanziaria, i riflessi fiscali di tali clausole contrattuali, in riferimento a soggetti non IAS/adopter, dovrebbero essere analizzati partendo dal presupposto che gli aggiustamenti del prezzo vadano assoggettati allo stesso regime fiscale delle componenti di reddito che gli stessi vanno ad integrare. In altre parole, la rettifica del prezzo dovrebbe dar luogo a elementi positivi o negativi di reddito assoggettabili alle medesime disposizioni che hanno regolato l’imposizione del corrispettivo originario.
Dal punto di vista del venditore, se guardiamo alla cessione di partecipazioni sociali, ciò sta a significare che l’erogazione allo stesso di una somma andrà considerata come plusvalore che deve seguire il regime della participation exemption (art. 87 del TUIR), laddove la partecipazione è stata ceduta in parziale esenzione (tassazione del 5%), avendone i requisiti. Tale orientamento è confermato dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 13 luglio 2009 n. 184, secondo cui le rettifiche di prezzo vanno trattate in modo omogeneo rispetto alla plusvalenza originaria. Al contrario, se è il venditore a dover erogare una somma, la stessa dovrebbe essere non deducibile ai sensi dell’articolo 101 del TUIR, poiché le minusvalenze relative a partecipazioni che fruiscono della participation exemption sono indeducibili integralmente.
La fattispecie si presenta più complessa laddove la revisione del prezzo genera un componente di reddito che, se incassato in origine, avrebbe dato luogo a un componente di segno contrario rispetto a quello sorto all’epoca della cessione. Si pensi al caso in cui il cedente una partecipazione con valore fiscale pari a 1.000 abbia originariamente incassato un corrispettivo pari a 800 realizzando una minusvalenza di 200, non dedotta, e riceva un indennizzo (rettifica prezzo) pari a 300 che, se incassato in origine, avrebbe dato luogo a una plusvalenza di 100. Se l’indennizzo fosse tassato integralmente come sopravvenienza, si verificherebbe certamente una doppia imposizione relativamente al 5% della plusvalenza; l’effetto distorsivo deriva dalla circostanza che i componenti positivi sono tassati per il 5% e i negativi invece subiscono un’indeducibilità totale. Non vi è, come noto, perfetta simmetria nel regime della participation exemption. La soluzione più coerente dovrebbe invece essere quella di tassare al 5% solo la differenza tra il prezzo di cessione originario, aumentato della rettifica del prezzo, ed il valore fiscale della partecipazione. Nel nostro caso, l’importo da tassare non dovrebbe essere 300, ma solo 100 (800+300-1.000).
In caso di cessione di azienda, le rettifiche del prezzo dovranno partecipare alla determinazione del reddito del venditore secondo le regole dell’art. 86 del TUIR per le plusvalenze e dell’art. 101 per le minusvalenze. Ciò sta a significare che se la cessione dell’azienda ha dato luogo a una plusvalenza imponibile con i requisiti per la rateizzazione ai sensi del comma 4 dell’articolo 86, la rettifica del prezzo determina un aumento del corrispettivo originario al quale deve essere assicurato lo stesso trattamento della plusvalenza originaria. Laddove, invece, la cessione di azienda abbia dato luogo a una minusvalenza dedotta ai sensi dell’art. 101 del TUIR, la rettifica del prezzo determina un componente positivo di reddito che comunque non potrà beneficiare della rateizzazione, se tale rettifica sia di ammontare inferiore all’importo della minusvalenza già dedotta.
Luca MIELE FONTE:EUTEKNE
Sulla base dei chiarimenti intervenuti nel corso degli anni da parte dell’Amministrazione finanziaria, i riflessi fiscali di tali clausole contrattuali, in riferimento a soggetti non IAS/adopter, dovrebbero essere analizzati partendo dal presupposto che gli aggiustamenti del prezzo vadano assoggettati allo stesso regime fiscale delle componenti di reddito che gli stessi vanno ad integrare. In altre parole, la rettifica del prezzo dovrebbe dar luogo a elementi positivi o negativi di reddito assoggettabili alle medesime disposizioni che hanno regolato l’imposizione del corrispettivo originario.
Dal punto di vista del venditore, se guardiamo alla cessione di partecipazioni sociali, ciò sta a significare che l’erogazione allo stesso di una somma andrà considerata come plusvalore che deve seguire il regime della participation exemption (art. 87 del TUIR), laddove la partecipazione è stata ceduta in parziale esenzione (tassazione del 5%), avendone i requisiti. Tale orientamento è confermato dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 13 luglio 2009 n. 184, secondo cui le rettifiche di prezzo vanno trattate in modo omogeneo rispetto alla plusvalenza originaria. Al contrario, se è il venditore a dover erogare una somma, la stessa dovrebbe essere non deducibile ai sensi dell’articolo 101 del TUIR, poiché le minusvalenze relative a partecipazioni che fruiscono della participation exemption sono indeducibili integralmente.
La fattispecie si presenta più complessa laddove la revisione del prezzo genera un componente di reddito che, se incassato in origine, avrebbe dato luogo a un componente di segno contrario rispetto a quello sorto all’epoca della cessione. Si pensi al caso in cui il cedente una partecipazione con valore fiscale pari a 1.000 abbia originariamente incassato un corrispettivo pari a 800 realizzando una minusvalenza di 200, non dedotta, e riceva un indennizzo (rettifica prezzo) pari a 300 che, se incassato in origine, avrebbe dato luogo a una plusvalenza di 100. Se l’indennizzo fosse tassato integralmente come sopravvenienza, si verificherebbe certamente una doppia imposizione relativamente al 5% della plusvalenza; l’effetto distorsivo deriva dalla circostanza che i componenti positivi sono tassati per il 5% e i negativi invece subiscono un’indeducibilità totale. Non vi è, come noto, perfetta simmetria nel regime della participation exemption. La soluzione più coerente dovrebbe invece essere quella di tassare al 5% solo la differenza tra il prezzo di cessione originario, aumentato della rettifica del prezzo, ed il valore fiscale della partecipazione. Nel nostro caso, l’importo da tassare non dovrebbe essere 300, ma solo 100 (800+300-1.000).
In caso di cessione di azienda, le rettifiche del prezzo dovranno partecipare alla determinazione del reddito del venditore secondo le regole dell’art. 86 del TUIR per le plusvalenze e dell’art. 101 per le minusvalenze. Ciò sta a significare che se la cessione dell’azienda ha dato luogo a una plusvalenza imponibile con i requisiti per la rateizzazione ai sensi del comma 4 dell’articolo 86, la rettifica del prezzo determina un aumento del corrispettivo originario al quale deve essere assicurato lo stesso trattamento della plusvalenza originaria. Laddove, invece, la cessione di azienda abbia dato luogo a una minusvalenza dedotta ai sensi dell’art. 101 del TUIR, la rettifica del prezzo determina un componente positivo di reddito che comunque non potrà beneficiare della rateizzazione, se tale rettifica sia di ammontare inferiore all’importo della minusvalenza già dedotta.
Luca MIELE FONTE:EUTEKNE
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