Plusvalenza tassabile se la cessione d'azienda genera una rendita vitalizia
Giovedì 15 novembre 2012
La plusvalenza derivante dalla cessione d'azienda con costituzione
di una rendita vitalizia a favore del cedente è imponibile ai fini del
reddito d'impresa. Non è rilevante che anche la rendita sia tassata
secondo le regole dei redditi assimilati al lavoro dipendente. È il
parere dell'ordinanza n. 23874/10 della Cassazione, in virtù del quale
plusvalenza e rendita vitalizia assumono entrambe rilevanza fiscale in
quanto hanno diversi e autonomi presupposti impositivi.
Lo scenario di riferimento
La conformità
La recente pronuncia della Corte è conforme agli orientamenti degli organi periferici dell'agenzia delle Entrate e del soppresso comitato consultivo per le norme antielusive. Nello stesso senso, seppure sul reddito da lavoro autonomo, si è anche espressa la risoluzione 255/E/2009 (si veda in basso).
La disciplina delle rendite vitalizie è dettata dall'articolo 50, comma 1, lettera h), del Tuir, in base al quale le stesse sono trattate alla stregua dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Discusso è, invece, se la cessione d'azienda con costituzione di rendita vitalizia possa determinare l'insorgenza di plusvalenze imponibili ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del Tuir. A riguardo, sono possibili tre soluzioni.
1) La plusvalenza conseguente la cessione d'azienda non è tassabile poiché la controprestazione dell'acquirente è costituita da una rendita vitalizia; sarebbe, perciò, tassabile esclusivamente la rendita vitalizia, che costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente nei vari anni di percezione della stessa.
2) La plusvalenza è tassabile sulla base del valore attuale della rendita stessa. In tal caso, per evitare un fenomeno di doppia imposizione, sarebbe tassabile la sola plusvalenza, essendo fiscalmente irrilevante il successivo incasso della rendita che, in buona sostanza, assumerebbe natura di componente meramente finanziaria: si tratterebbe, in pratica, dell'incasso postergato del prezzo pattuito.
3) La plusvalenza e la rendita vitalizia hanno entrambe rilevanza tributaria in quanto hanno diversi e autonomi presupposti impositivi: la prima ai fini della determinazione del reddito d'impresa, la seconda agli effetti della formazione del reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.
Lo scenario di riferimento
La conformità
La recente pronuncia della Corte è conforme agli orientamenti degli organi periferici dell'agenzia delle Entrate e del soppresso comitato consultivo per le norme antielusive. Nello stesso senso, seppure sul reddito da lavoro autonomo, si è anche espressa la risoluzione 255/E/2009 (si veda in basso).
La disciplina delle rendite vitalizie è dettata dall'articolo 50, comma 1, lettera h), del Tuir, in base al quale le stesse sono trattate alla stregua dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Discusso è, invece, se la cessione d'azienda con costituzione di rendita vitalizia possa determinare l'insorgenza di plusvalenze imponibili ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del Tuir. A riguardo, sono possibili tre soluzioni.
1) La plusvalenza conseguente la cessione d'azienda non è tassabile poiché la controprestazione dell'acquirente è costituita da una rendita vitalizia; sarebbe, perciò, tassabile esclusivamente la rendita vitalizia, che costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente nei vari anni di percezione della stessa.
2) La plusvalenza è tassabile sulla base del valore attuale della rendita stessa. In tal caso, per evitare un fenomeno di doppia imposizione, sarebbe tassabile la sola plusvalenza, essendo fiscalmente irrilevante il successivo incasso della rendita che, in buona sostanza, assumerebbe natura di componente meramente finanziaria: si tratterebbe, in pratica, dell'incasso postergato del prezzo pattuito.
3) La plusvalenza e la rendita vitalizia hanno entrambe rilevanza tributaria in quanto hanno diversi e autonomi presupposti impositivi: la prima ai fini della determinazione del reddito d'impresa, la seconda agli effetti della formazione del reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.
In passato, la giurisprudenza della Commissione tributaria centrale (sentenze n. 1206/90, n. 3101/97 e n. 3384/99) aveva accreditato la tesi della sola tassazione della rendita vitalizia quale reddito assimilato a quello di lavoro dipendente. Secondo questo filone, non si può configurare anche una plusvalenza tassabile poiché, da un lato, la stessa non è aprioristicamente quantificabile e, dall'altro, se si tassasse la rendita vitalizia oltre alla plusvalenza, si determinerebbe una duplicazione d'imposta.
Gli organi periferici dell'amministrazione finanziaria (Dre Lazio 6 luglio 1996 e Dre Campania 29 luglio 1997) si sono espressi per la tassazione immediata della plusvalenza quale reddito d'impresa e della rendita con le regole sue proprie. Ciò in quanto, in base al principio di competenza, la plusvalenza deve essere tassata nell'esercizio in cui viene “realizzata”, ancorché il corrispettivo non sia determinato; infatti, lo stesso è, comunque, quantificabile attraverso la capitalizzazione della rendita vitalizia. Inoltre, non c'è duplicazione d'imposta in quanto duplice è anche il presupposto: realizzo di plusvalenza e rendita vitalizia.
In senso conforme si è espresso anche il Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive (parere n. 30 del 2005), per il quale emergono due distinti presupposti di imposta: il corrispettivo imputabile alla plusvalenza dell'azienda ceduta, realizzato dalla società (mediante acquisizione del diritto alla rendita vitalizia), e la percezione delle rate di rendita. Il primo è reddito d'impresa, derivante dal realizzo dell'avviamento per effetto della cessione, da tassare secondo competenza. Il secondo, derivante dal corrispettivo della plusvalenza, ha natura di reddito da lavoro dipendente assimilato, da tassare quando percepito.
di Gianfranco Ferranti/ Pamela ALBERTI fonti sole24ore/eutekne
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