reddito d’impresa
Plusvalenza immediata sulla cessione d’azienda con vendita a rate
Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, non rileva la riserva di proprietà
La plusvalenza relativa ad una cessione d’azienda con costituzione di patto di riservato dominio rileva sin dalla data di stipula dell’atto,
a nulla rilevando il mancato pagamento delle rate. Così la Corte di
Cassazione, con la recente sentenza n. 20098/2012, ha avvalorato quanto
previsto dall’art. 109, comma 2, lett. b) del TUIR, in base al quale, ai
fini dell’esercizio di competenza fiscale della plusvalenza, non rileva
la clausola di riserva della proprietà.
Ai sensi dell’art. 1523 c.c., nella vendita con riserva della proprietà o vendita con patto di riservato dominio (meglio nota come “vendita a rate”), le parti contraenti stabiliscono che il prezzo debba essere pagato frazionatamente entro un certo tempo; in tale vendita il compratore acquista la proprietà del bene con il pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della sua consegna. In altri termini, in ambito civilistico la vendita con riserva di proprietà è caratterizzata dal fatto che il pagamento del prezzo viene effettuato ratealmente da parte dell’acquirente, ma l’effetto traslativo del diritto di proprietà si verifica con il pagamento dell’ultima rata. In tal modo, si crea la possibilità di finanziamento a favore del compratore e la funzione di garanzia per il venditore.
Per quanto riguarda l’individuazione dell’esercizio di competenza fiscale, l’art. 109, comma 2, lett. a) del TUIR dispone che i corrispettivi delle cessioni d’azienda si considerano conseguiti alla data della stipulazione dell’atto di compravendita, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà. Lo stesso art. 109 citato precisa, tuttavia, che “non si tiene conto della clausola di riserva della proprietà”. Ai fini fiscali, pertanto, le clausole di riserva della proprietà non hanno alcun rilievo, con la conseguenza che la vendita in esame è immediatamente produttiva di effetti.
Da quanto sopra esposto, nel caso di vendita con patto di riservato dominio pare sussistere una separazione fra la disciplina civilistica (art. 1523 c.c.) e quella fiscale (art. 109, comma 2, lett a) del TUIR). Infatti:
- per il codice civile, il trasferimento avviene solo ad avvenuto pagamento del prezzo pattuito;
- sul piano impositivo, invece, gli effetti traslativi si considerano prodotti già alla consegna del bene o alla stipula dell’atto, con conseguente immediata concorrenza alla formazione del reddito d’impresa della plusvalenza derivante dalla cessione.
La sentenza n. 20098 della Suprema Corte analizza il caso di una cessione d’azienda con costituzione di riserva di proprietà, le cui rate non sono state pagate dal cessionario; nella fattispecie, era inoltre prevista la risoluzione automatica del contratto di vendita dopo il mancato pagamento di due rate del prezzo.
Già secondo la Commissione tributaria regionale, ai fini della plusvalenza occorreva fare riferimento al principio di competenza e non di cassa, a nulla rilevando le vicende successive del rapporto tra le parti.
La Cassazione afferma, in linea con quanto previsto dal citato art. 109 del TUIR, che la plusvalenza fiscalmente rilevante collegata alla cessione di un’azienda si realizza al momento della conclusione del contratto, a nulla rilevando le vicende successive relative all’adempimento degli obblighi contrattuali o all’estinzione dell’obbligazione per effetto di una transazione con carattere novativo, ovvero di un negozio di risoluzione del precedente contratto per mutuo dissenso.
Quest’ultimo, secondo la Suprema Corte, risulta inopponibile all’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 1372 c.c., con conseguente operatività del principio secondo cui, ai fini della plusvalenza in esame, assume rilievo il momento di conclusione del contratto (cfr. anche Cass. n. 29745/2008).
Sulla tematica della plusvalenza relativa alla cessione d’azienda con riserva di proprietà, la Suprema Corte era già intervenuta con la sentenza n. 4365/2011, nella quale si affermava che “il rilievo fondato sulla mancata percezione del corrispettivo, che costituisce il dato fondante della censura proposta dal contribuente, non attiene, a ben vedere, alla possibilità di rettificare la dichiarazione, dovendosi preliminarmente verificare se, alla stregua del quadro normativo applicabile ratione temporis, la plusvalenza debba ritenersi realizzata in coincidenza con la stipulazione della cessione, a prescindere dalle vicende successive relative all’adempimento da parte dell’acquirente o all’estinzione dell’obbligazione per effetto di una transazione di carattere novativo intervenuta a distanza di anni”.
Si osserva, infine, che la ris. Agenzia delle Entrate n. 28/2009, con riferimento però all’art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR, aveva precisato, in relazione all’acquisto di un terreno agricolo con patto di riservato dominio, che il dies a quo ai fini della decorrenza del quinquennio coincide con il momento di pagamento del pagamento dell’ultima rata e non con la data di stipula dell’atto di compravendita.
/ Pamela ALBERTI fonte:eutekne
Ai sensi dell’art. 1523 c.c., nella vendita con riserva della proprietà o vendita con patto di riservato dominio (meglio nota come “vendita a rate”), le parti contraenti stabiliscono che il prezzo debba essere pagato frazionatamente entro un certo tempo; in tale vendita il compratore acquista la proprietà del bene con il pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della sua consegna. In altri termini, in ambito civilistico la vendita con riserva di proprietà è caratterizzata dal fatto che il pagamento del prezzo viene effettuato ratealmente da parte dell’acquirente, ma l’effetto traslativo del diritto di proprietà si verifica con il pagamento dell’ultima rata. In tal modo, si crea la possibilità di finanziamento a favore del compratore e la funzione di garanzia per il venditore.
Per quanto riguarda l’individuazione dell’esercizio di competenza fiscale, l’art. 109, comma 2, lett. a) del TUIR dispone che i corrispettivi delle cessioni d’azienda si considerano conseguiti alla data della stipulazione dell’atto di compravendita, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà. Lo stesso art. 109 citato precisa, tuttavia, che “non si tiene conto della clausola di riserva della proprietà”. Ai fini fiscali, pertanto, le clausole di riserva della proprietà non hanno alcun rilievo, con la conseguenza che la vendita in esame è immediatamente produttiva di effetti.
Da quanto sopra esposto, nel caso di vendita con patto di riservato dominio pare sussistere una separazione fra la disciplina civilistica (art. 1523 c.c.) e quella fiscale (art. 109, comma 2, lett a) del TUIR). Infatti:
- per il codice civile, il trasferimento avviene solo ad avvenuto pagamento del prezzo pattuito;
- sul piano impositivo, invece, gli effetti traslativi si considerano prodotti già alla consegna del bene o alla stipula dell’atto, con conseguente immediata concorrenza alla formazione del reddito d’impresa della plusvalenza derivante dalla cessione.
La sentenza n. 20098 della Suprema Corte analizza il caso di una cessione d’azienda con costituzione di riserva di proprietà, le cui rate non sono state pagate dal cessionario; nella fattispecie, era inoltre prevista la risoluzione automatica del contratto di vendita dopo il mancato pagamento di due rate del prezzo.
Già secondo la Commissione tributaria regionale, ai fini della plusvalenza occorreva fare riferimento al principio di competenza e non di cassa, a nulla rilevando le vicende successive del rapporto tra le parti.
La Cassazione afferma, in linea con quanto previsto dal citato art. 109 del TUIR, che la plusvalenza fiscalmente rilevante collegata alla cessione di un’azienda si realizza al momento della conclusione del contratto, a nulla rilevando le vicende successive relative all’adempimento degli obblighi contrattuali o all’estinzione dell’obbligazione per effetto di una transazione con carattere novativo, ovvero di un negozio di risoluzione del precedente contratto per mutuo dissenso.
Quest’ultimo, secondo la Suprema Corte, risulta inopponibile all’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 1372 c.c., con conseguente operatività del principio secondo cui, ai fini della plusvalenza in esame, assume rilievo il momento di conclusione del contratto (cfr. anche Cass. n. 29745/2008).
Sulla tematica della plusvalenza relativa alla cessione d’azienda con riserva di proprietà, la Suprema Corte era già intervenuta con la sentenza n. 4365/2011, nella quale si affermava che “il rilievo fondato sulla mancata percezione del corrispettivo, che costituisce il dato fondante della censura proposta dal contribuente, non attiene, a ben vedere, alla possibilità di rettificare la dichiarazione, dovendosi preliminarmente verificare se, alla stregua del quadro normativo applicabile ratione temporis, la plusvalenza debba ritenersi realizzata in coincidenza con la stipulazione della cessione, a prescindere dalle vicende successive relative all’adempimento da parte dell’acquirente o all’estinzione dell’obbligazione per effetto di una transazione di carattere novativo intervenuta a distanza di anni”.
Si osserva, infine, che la ris. Agenzia delle Entrate n. 28/2009, con riferimento però all’art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR, aveva precisato, in relazione all’acquisto di un terreno agricolo con patto di riservato dominio, che il dies a quo ai fini della decorrenza del quinquennio coincide con il momento di pagamento del pagamento dell’ultima rata e non con la data di stipula dell’atto di compravendita.
/ Pamela ALBERTI fonte:eutekne
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