Diritto societario
Dagli arbitri anche gli amministratori di fatto
Anche in caso di azione di responsabilità
nei confronti del gestore di fatto opera la clausola compromissoria
inserita nello statuto
È efficace anche nei confronti dell’amministratore di fatto la clausola compromissoria, inserita nello statuto, tramite
la quale si devolvono ad arbitri anche le controversie promosse nei
confronti di amministratori aventi ad oggetto diritti disponibili
relativi al rapporto sociale.
A precisarlo è il Tribunale di Milano, nella sentenza 22 agosto 2012 n. 9494, confermando proprie precedenti pronunce (cfr. Trib. Milano 1° luglio 2010 e Trib. Milano 13 febbraio 2009).
Nel caso di specie, in particolare, una srl esercitava azione sociale di responsabilità nei confronti di un socio, ascrivendogli il ruolo ultradecennale di amministratore di fatto e il compimento di vari fatti di mala gestio. Il socio, costituitosi in giudizio, da un lato, contestava la qualifica attribuitagli, chiamando in causa l’amministratore di diritto, dall’altro, eccepiva l’incompetenza del Tribunale sul presupposto dell’operatività, rispetto alla domanda, della clausola compromissoria statutaria. Quest’ultima, infatti, devolveva alla cognizione del collegio arbitrale – da nominarsi ad opera della Camera arbitrale nazionale e internazionale di Milano – qualsiasi controversia fosse insorta tra i soci e la società avente ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, nonché qualsiasi controversia promossa da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero promossa nei loro confronti avente ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. A ciò, la società replicava evidenziando che l’accertamento del rapporto gestorio “di fatto” sarebbe stato precluso agli arbitri e che la controversia riguardava vicende in parte relative a diritti indisponibili e, quindi, sottratte alla cognizione arbitrale.
Il Tribunale di Milano ritiene che i termini utilizzati nella “costruzione” della clausola compromissoria ne comportino la sua operatività in relazione ad ogni controversia avente ad oggetto pretese risarcitorie rivolte dalla società nei confronti dei soggetti individuati quali titolari del rapporto gestorio; ciò a prescindere dalla ricorrenza di un’investitura formale, rilevando invece la configurabilità, anche nel caso dell’amministratore di fatto, di una situazione di rapporto organico determinante l’inserimento dello stesso nella struttura sociale, con conseguente assunzione dei relativi obblighi e soggezione alle previsioni statutarie riguardanti gli amministratori.
Questa impostazione è ritenuta coerente non solo con il tenore letterale della clausola statutaria e con le indicazioni fornite in materia dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 5 dicembre 2008 n. 28819, secondo la quale le norme che disciplinano la responsabilità degli amministratori sono applicabili anche a coloro i quali, come amministratori di fatto, si ingeriscano nella gestione in assenza di una qualsivoglia investitura da parte della società, presupponendo la correlativa figura che le funzioni gestorie svolte abbiano avuto carattere di sistematicità e completezza), ma anche con il principio sancito dall’art. 808-quater c.p.c., ai sensi del quale, “nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce”.
Quanto alle ulteriori argomentazioni addotte dalla società (preclusione dell’accertamento della gestione di fatto in capo agli arbitri e coinvolgimento di diritti indisponibili), il Tribunale di Milano osserva:
- l’azione di responsabilità sociale presuppone sempre l’accertamento della ricorrenza del rapporto gestorio e, quindi, in caso di devoluzione ad arbitri di questo tipo di controversia, agli stessi deve ritenersi affidato anche l’esame delle questioni di fatto e di diritto relative a tale accertamento;
- l’azione di responsabilità sociale, avendo ad oggetto una richiesta di risarcimento danni, rientra sicuramente nell’ambito delle azioni compromettibili ai sensi dell’art. 34 del DLgs. 5/2003 e della conforme disposizione statutaria (soluzione confermata dalla rinunciabilità e transigibilità delle relative pretese, ex artt. 2393 comma 6 e 2476 comma 5 c.c.).
/ Maurizio MEOLI fonte:eutekne
A precisarlo è il Tribunale di Milano, nella sentenza 22 agosto 2012 n. 9494, confermando proprie precedenti pronunce (cfr. Trib. Milano 1° luglio 2010 e Trib. Milano 13 febbraio 2009).
Nel caso di specie, in particolare, una srl esercitava azione sociale di responsabilità nei confronti di un socio, ascrivendogli il ruolo ultradecennale di amministratore di fatto e il compimento di vari fatti di mala gestio. Il socio, costituitosi in giudizio, da un lato, contestava la qualifica attribuitagli, chiamando in causa l’amministratore di diritto, dall’altro, eccepiva l’incompetenza del Tribunale sul presupposto dell’operatività, rispetto alla domanda, della clausola compromissoria statutaria. Quest’ultima, infatti, devolveva alla cognizione del collegio arbitrale – da nominarsi ad opera della Camera arbitrale nazionale e internazionale di Milano – qualsiasi controversia fosse insorta tra i soci e la società avente ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, nonché qualsiasi controversia promossa da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero promossa nei loro confronti avente ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. A ciò, la società replicava evidenziando che l’accertamento del rapporto gestorio “di fatto” sarebbe stato precluso agli arbitri e che la controversia riguardava vicende in parte relative a diritti indisponibili e, quindi, sottratte alla cognizione arbitrale.
Il Tribunale di Milano ritiene che i termini utilizzati nella “costruzione” della clausola compromissoria ne comportino la sua operatività in relazione ad ogni controversia avente ad oggetto pretese risarcitorie rivolte dalla società nei confronti dei soggetti individuati quali titolari del rapporto gestorio; ciò a prescindere dalla ricorrenza di un’investitura formale, rilevando invece la configurabilità, anche nel caso dell’amministratore di fatto, di una situazione di rapporto organico determinante l’inserimento dello stesso nella struttura sociale, con conseguente assunzione dei relativi obblighi e soggezione alle previsioni statutarie riguardanti gli amministratori.
Questa impostazione è ritenuta coerente non solo con il tenore letterale della clausola statutaria e con le indicazioni fornite in materia dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 5 dicembre 2008 n. 28819, secondo la quale le norme che disciplinano la responsabilità degli amministratori sono applicabili anche a coloro i quali, come amministratori di fatto, si ingeriscano nella gestione in assenza di una qualsivoglia investitura da parte della società, presupponendo la correlativa figura che le funzioni gestorie svolte abbiano avuto carattere di sistematicità e completezza), ma anche con il principio sancito dall’art. 808-quater c.p.c., ai sensi del quale, “nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce”.
Quanto alle ulteriori argomentazioni addotte dalla società (preclusione dell’accertamento della gestione di fatto in capo agli arbitri e coinvolgimento di diritti indisponibili), il Tribunale di Milano osserva:
- l’azione di responsabilità sociale presuppone sempre l’accertamento della ricorrenza del rapporto gestorio e, quindi, in caso di devoluzione ad arbitri di questo tipo di controversia, agli stessi deve ritenersi affidato anche l’esame delle questioni di fatto e di diritto relative a tale accertamento;
- l’azione di responsabilità sociale, avendo ad oggetto una richiesta di risarcimento danni, rientra sicuramente nell’ambito delle azioni compromettibili ai sensi dell’art. 34 del DLgs. 5/2003 e della conforme disposizione statutaria (soluzione confermata dalla rinunciabilità e transigibilità delle relative pretese, ex artt. 2393 comma 6 e 2476 comma 5 c.c.).
Qualche dubbio nel caso di amministratore di fatto non socio
La
decisione adottata dal Tribunale di Milano non è pienamente condivisa
in dottrina. In particolare, è stato sottolineato come essa dovrebbe
valere nel solo caso in cui l’amministratore di fatto sia anche socio.
Con riguardo all’ipotesi di amministratore di fatto esterno alla
compagine sociale, invece, l’esercizio di fatto dell’attività di
gestione è parsa incompatibile con qualsiasi forma di accettazione della clausola./ Maurizio MEOLI fonte:eutekne
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