L’amministratore di spa non risponde se falsifica i modelli F24
L’art. 6, comma 3, del DLgs. 472/97 sancisce che il contribuente,
il sostituto e il responsabile d’imposta non sono responsabili se
dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto
denunciato all’autorità giudiziaria addebitabile esclusivamente a terzi.
Il fatto del terzo è rilevante se denunciato, non essendo necessario che il procedimento penale si sia concluso con una sentenza di condanna.
Per riportare l’ipotesi più semplice, è il caso in cui un terzo, che potrebbe essere un dipendente del contribuente o addirittura il professionista che lo assiste, falsifica i modelli F24 e intasca i soldi che sarebbero dovuti finire nelle casse dell’Erario.
È ciò che pare sia successo nella fattispecie esaminata nella sentenza 20113 della Corte di Cassazione, depositata ieri, ove i giudici, però, si sono occupati del caso in cui la condotta penalmente rilevante era stata posta in essere dall’amministratore di società di capitali.
I giudici hanno affermato che la causa di non punibilità descritta non può trovare applicazione nella specie, in quanto occorre considerare il rapporto di immedesimazione organica sussistente tra amministratori e società.
Specificamente, la Cassazione sostiene che “il rapporto di immedesimazione organica tra amministratore e società impedisce che il primo possa essere considerato terzo rispetto alla società contribuente e pertanto le società, e in genere le persone giuridiche e gli enti collettivi, rispondono civilmente degli illeciti commessi dai loro organi nell’esercizio delle loro funzioni in forza del suddetto rapporto”.
Oltre a ciò, viene richiamata la consolidata giurisprudenza della Corte, secondo cui il dolo dell’amministratore non può interrompere il rapporto organico né impedire la riferibilità dell’atto alla società.
Vi è da rilevare che la questione, così come risolta dalla Corte, non riguarda l’art. 7 del DL 269/2003, in base al quale le sanzioni amministrative tributarie sono irrogate solo nei confronti delle persone giuridiche, e non ad esempio anche ai manager.
Pregressa giurisprudenza aveva ritenuto applicabile l’esimente relativo alla condotta penalmente rilevante nel terzo nel caso di denuncia del contribuente nei confronti di un usuraio, che, per quanto emergeva dal testo della sentenza penale, si era ingerito nell’impresa in maniera tale da ottenere una procura generale per la gestione dell’azienda (Cass. 2 luglio 2008 n. 18074), e di omesso versamento causato dalla condotta del dipendente che si era appropriato del denaro dell’azienda (C.T. Prov. Milano 11 marzo 2011 n. 78/44/11 e 26 novembre 2008 n. 306/16/08).
Il fatto del terzo è rilevante se denunciato, non essendo necessario che il procedimento penale si sia concluso con una sentenza di condanna.
Per riportare l’ipotesi più semplice, è il caso in cui un terzo, che potrebbe essere un dipendente del contribuente o addirittura il professionista che lo assiste, falsifica i modelli F24 e intasca i soldi che sarebbero dovuti finire nelle casse dell’Erario.
È ciò che pare sia successo nella fattispecie esaminata nella sentenza 20113 della Corte di Cassazione, depositata ieri, ove i giudici, però, si sono occupati del caso in cui la condotta penalmente rilevante era stata posta in essere dall’amministratore di società di capitali.
I giudici hanno affermato che la causa di non punibilità descritta non può trovare applicazione nella specie, in quanto occorre considerare il rapporto di immedesimazione organica sussistente tra amministratori e società.
Specificamente, la Cassazione sostiene che “il rapporto di immedesimazione organica tra amministratore e società impedisce che il primo possa essere considerato terzo rispetto alla società contribuente e pertanto le società, e in genere le persone giuridiche e gli enti collettivi, rispondono civilmente degli illeciti commessi dai loro organi nell’esercizio delle loro funzioni in forza del suddetto rapporto”.
Oltre a ciò, viene richiamata la consolidata giurisprudenza della Corte, secondo cui il dolo dell’amministratore non può interrompere il rapporto organico né impedire la riferibilità dell’atto alla società.
Vi è da rilevare che la questione, così come risolta dalla Corte, non riguarda l’art. 7 del DL 269/2003, in base al quale le sanzioni amministrative tributarie sono irrogate solo nei confronti delle persone giuridiche, e non ad esempio anche ai manager.
Pregressa giurisprudenza aveva ritenuto applicabile l’esimente relativo alla condotta penalmente rilevante nel terzo nel caso di denuncia del contribuente nei confronti di un usuraio, che, per quanto emergeva dal testo della sentenza penale, si era ingerito nell’impresa in maniera tale da ottenere una procura generale per la gestione dell’azienda (Cass. 2 luglio 2008 n. 18074), e di omesso versamento causato dalla condotta del dipendente che si era appropriato del denaro dell’azienda (C.T. Prov. Milano 11 marzo 2011 n. 78/44/11 e 26 novembre 2008 n. 306/16/08).
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