operazioni straordinarie
Conferimento e cessione partecipazioni, registro fisso anche per l’AIDC
Con la Norma di comportamento 186,
l’Associazione rigetta la legittimità del pagamento delle imposte d’atto
in misura proporzionale
Il conferimento d’azienda e la successiva cessione della partecipazione nella conferitaria sono atti separati da assoggettare autonomamente ad imposta di registro in misura fissa, come previsto rispettivamente dall’art. 4, n. 3 e dall’art. 11 della Tariffa parte prima allegata al DPR 131/1986.
Questa la massima elaborata dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti, con la Norma di comportamento n. 186.
Dal punto di vista delle parti di un trasferimento d’azienda, la scelta di procedere al suo conferimento e alla successiva cessione della partecipazione nella conferitaria, in luogo della “compravendita diretta” dell’azienda, consente di ottenere un vantaggio fiscale, sia ai fini delle imposte sul reddito che ai fini delle imposte d’atto.
Ai fini delle imposte sul reddito, il vantaggio è rappresentato dalla possibilità di assoggettare a tassazione solo il 5% (se sussistono i requisiti “pex”, di cui all’art. 87 del TUIR) della plusvalenza realizzata con la cessione della partecipazione nella società in cui l’azienda è stata previamente conferita in regime di neutralità fiscale ex art. 176 del TUIR, laddove invece, nel caso di “cessione diretta” dell’azienda, risulterebbe imponibile il 100% della plusvalenza realizzata.
Ai fini delle imposte d’atto, il vantaggio è rappresentato dalla possibilità di perfezionare il trasferimento pagando le imposte in misura fissa, laddove invece, nel caso di “compravendita diretta” dell’azienda, risulterebbero applicabili in misura proporzionale.
La piena liceità fiscale del vantaggio conseguibile ai fini delle imposte dirette è espressamente affermata dal disposto del comma 3 dell’art. 176 del TUIR, ai sensi del quale lo schema operativo “conferimento d’azienda-cessione della partecipazione in pex” non integra gli estremi del disegno elusivo.
Analoga previsione normativa espressa non si rinviene invece in materia di imposte d’atto e ormai sistematiche sono le contestazioni che gli uffici dell’Agenzia delle entrate muovono su questo fronte, quando riscontrano la consecutio dei due atti di “conferimento d’azienda” e successiva “compravendita di partecipazioni”.
I presupposti di diritto, in forza dei quali gli uffici pretendono il pagamento delle imposte d’atto in misura proporzionale (come se le parti avessero stipulato un atto di compravendita di azienda), sono l’art. 20 del DPR 131/1986 e il principio dell’abuso del diritto elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in diretta derivazione dell’art. 53 della Costituzione.
/ Enrico ZANETTI
Questa la massima elaborata dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti, con la Norma di comportamento n. 186.
Dal punto di vista delle parti di un trasferimento d’azienda, la scelta di procedere al suo conferimento e alla successiva cessione della partecipazione nella conferitaria, in luogo della “compravendita diretta” dell’azienda, consente di ottenere un vantaggio fiscale, sia ai fini delle imposte sul reddito che ai fini delle imposte d’atto.
Ai fini delle imposte sul reddito, il vantaggio è rappresentato dalla possibilità di assoggettare a tassazione solo il 5% (se sussistono i requisiti “pex”, di cui all’art. 87 del TUIR) della plusvalenza realizzata con la cessione della partecipazione nella società in cui l’azienda è stata previamente conferita in regime di neutralità fiscale ex art. 176 del TUIR, laddove invece, nel caso di “cessione diretta” dell’azienda, risulterebbe imponibile il 100% della plusvalenza realizzata.
Ai fini delle imposte d’atto, il vantaggio è rappresentato dalla possibilità di perfezionare il trasferimento pagando le imposte in misura fissa, laddove invece, nel caso di “compravendita diretta” dell’azienda, risulterebbero applicabili in misura proporzionale.
La piena liceità fiscale del vantaggio conseguibile ai fini delle imposte dirette è espressamente affermata dal disposto del comma 3 dell’art. 176 del TUIR, ai sensi del quale lo schema operativo “conferimento d’azienda-cessione della partecipazione in pex” non integra gli estremi del disegno elusivo.
Analoga previsione normativa espressa non si rinviene invece in materia di imposte d’atto e ormai sistematiche sono le contestazioni che gli uffici dell’Agenzia delle entrate muovono su questo fronte, quando riscontrano la consecutio dei due atti di “conferimento d’azienda” e successiva “compravendita di partecipazioni”.
I presupposti di diritto, in forza dei quali gli uffici pretendono il pagamento delle imposte d’atto in misura proporzionale (come se le parti avessero stipulato un atto di compravendita di azienda), sono l’art. 20 del DPR 131/1986 e il principio dell’abuso del diritto elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in diretta derivazione dell’art. 53 della Costituzione.
Atti separati da assoggettare autonomamente a registro fisso
La Norma di comportamento AIDC n. 186 rigetta la legittimità di siffatte contestazioni, ribadendo l’ineluttabilità dell’applicazione delle imposte d’atto secondo la disciplina propria dei due atti effettivamente stipulati (conferimento
d’azienda e compravendita di partecipazioni), trovandosi quindi
concorde sul punto con quanto già osservato ed argomentato dalla
dottrina prevalente, in un contesto in cui sembra gradualmente
allinearsi a questa impostazione anche la giurisprudenza di merito,
seppure non manchi anche qualche pronuncia in senso contrario./ Enrico ZANETTI
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