Neutralità dubbia con la cessione dei singoli beni dell’azienda donata
L’art. 67 del TUIR prevede, quale fattispecie imponibile, la cessione anche parziale di aziende
Il nostro sistema impositivo, da tempo,
riconosce un regime di neutralità nel caso di donazione d’azienda, a
prescindere dalla natura del beneficiario (che può anche non essere un familiare) e dal fatto che sia proseguita o meno l’attività.
L’art. 58 comma 1 del TUIR dispone, infatti, che:
- il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa;
- l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.
In altri termini, la disciplina in vigore, con l’evidente intento di agevolare il passaggio generazionale delle aziende, consente di sospendere la plusvalenza latente in capo al soggetto donante fino al momento in cui l’azienda o i singoli beni verranno ceduti dall’impresa donataria.
Come si è accennato, dopo la riforma fiscale attuata dal DLgs. 344/2003, non è più richiesto che il soggetto donatario prosegua nell’attività d’impresa; pertanto, si potrebbe avere un salto d’imposta laddove la persona fisica decidesse di cedere l’azienda ricevuta senza esercitare attività d’impresa.
Già con il primo intervento operato dalla L. 662/96 (collegato alla Finanziaria 1997), il Legislatore, introducendo la neutralità (all’epoca tra familiari), si preoccupò di prevedere una nuova fattispecie imponibile nell’ambito dei redditi diversi, l’attuale lettera h-bis dell’art. 67 comma 1 del TUIR, in base alla quale “le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione, anche parziale, delle aziende acquisite ai sensi dell’articolo 58” costituiscono redditi diversi.
Quindi, in linea generale, quando una persona fisica riceve in donazione un’azienda e poi provvede a cederla senza esercitare alcuna attività d’impresa consegue un reddito diverso, da calcolarsi secondo le regole previste dall’art. 86 per i soggetti IRES.
La norma non sembra disciplinare il caso in cui il soggetto donatario, anziché l’intera azienda, ceda solo alcuni beni e, sul punto, la dottrina risulta divisa.
Da un lato, valorizzando il dato meramente letterale della norma, si osserva che rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 67 comma 1 lett. h-bis del TUIR le sole cessioni di azienda o di rami d’azienda (e in tal senso dovrebbe essere inteso il riferimento alla “cessione, anche parziale” contenuto nella norma).
La conseguenza di tale interpretazione dovrebbe essere che l’eventuale cessione dei singoli beni, a suo tempo ricompresi nel perimetro aziendale, debba essere tassata solo nell’ipotesi in cui la stessa cessione rientri nell’ambito di applicazione dei redditi diversi.
Altra parte della dottrina, valorizzando invece una ricostruzione sistematica diretta ad evitare salti d’imposta, ritiene che la cessione dei singoli beni ricada nell’ambito applicativo della lettera h-bis appena citata.
Ancora più delicato appare il trattamento fiscale da riservare all’ipotesi in cui il donatario riceva l’azienda, non eserciti alcuna attività d’impresa, ma mantenga il possesso dei beni ricevuti a titolo di mero godimento (ad esempio, con riferimento ad un immobile).
In tale circostanza, mancando una cessione, risulta difficile applicare la disciplina dei redditi diversi.
Al riguardo, si potrebbe obiettare che l’obbligo di proseguire l’attività d’impresa, un tempo espressamente contemplato dalla normativa, risulta oggi superato, con la conseguenza che la mera detenzione dei beni non dovrebbe far venir meno il regime di neutralità, ovviamente sino al momento dell’effettiva cessione da parte del donatario e fermo restando quanto sopra riportato con riferimento alla cessione dei singoli beni.
/ Alessandro COTTO
FONTE:EUTEKNE
L’art. 58 comma 1 del TUIR dispone, infatti, che:
- il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa;
- l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.
In altri termini, la disciplina in vigore, con l’evidente intento di agevolare il passaggio generazionale delle aziende, consente di sospendere la plusvalenza latente in capo al soggetto donante fino al momento in cui l’azienda o i singoli beni verranno ceduti dall’impresa donataria.
Come si è accennato, dopo la riforma fiscale attuata dal DLgs. 344/2003, non è più richiesto che il soggetto donatario prosegua nell’attività d’impresa; pertanto, si potrebbe avere un salto d’imposta laddove la persona fisica decidesse di cedere l’azienda ricevuta senza esercitare attività d’impresa.
Già con il primo intervento operato dalla L. 662/96 (collegato alla Finanziaria 1997), il Legislatore, introducendo la neutralità (all’epoca tra familiari), si preoccupò di prevedere una nuova fattispecie imponibile nell’ambito dei redditi diversi, l’attuale lettera h-bis dell’art. 67 comma 1 del TUIR, in base alla quale “le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione, anche parziale, delle aziende acquisite ai sensi dell’articolo 58” costituiscono redditi diversi.
Quindi, in linea generale, quando una persona fisica riceve in donazione un’azienda e poi provvede a cederla senza esercitare alcuna attività d’impresa consegue un reddito diverso, da calcolarsi secondo le regole previste dall’art. 86 per i soggetti IRES.
La norma non sembra disciplinare il caso in cui il soggetto donatario, anziché l’intera azienda, ceda solo alcuni beni e, sul punto, la dottrina risulta divisa.
Da un lato, valorizzando il dato meramente letterale della norma, si osserva che rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 67 comma 1 lett. h-bis del TUIR le sole cessioni di azienda o di rami d’azienda (e in tal senso dovrebbe essere inteso il riferimento alla “cessione, anche parziale” contenuto nella norma).
La conseguenza di tale interpretazione dovrebbe essere che l’eventuale cessione dei singoli beni, a suo tempo ricompresi nel perimetro aziendale, debba essere tassata solo nell’ipotesi in cui la stessa cessione rientri nell’ambito di applicazione dei redditi diversi.
Altra parte della dottrina, valorizzando invece una ricostruzione sistematica diretta ad evitare salti d’imposta, ritiene che la cessione dei singoli beni ricada nell’ambito applicativo della lettera h-bis appena citata.
Ancora più delicato appare il trattamento fiscale da riservare all’ipotesi in cui il donatario riceva l’azienda, non eserciti alcuna attività d’impresa, ma mantenga il possesso dei beni ricevuti a titolo di mero godimento (ad esempio, con riferimento ad un immobile).
In tale circostanza, mancando una cessione, risulta difficile applicare la disciplina dei redditi diversi.
Da verificare se sia riqualificabile come assegnazione di beni a familiari
Resta da verificare se l’Amministrazione finanziaria possa riqualificare l’operazione come mera assegnazione di beni a familiari ai sensi dell’art. 37-bis del DPR 600/73.Al riguardo, si potrebbe obiettare che l’obbligo di proseguire l’attività d’impresa, un tempo espressamente contemplato dalla normativa, risulta oggi superato, con la conseguenza che la mera detenzione dei beni non dovrebbe far venir meno il regime di neutralità, ovviamente sino al momento dell’effettiva cessione da parte del donatario e fermo restando quanto sopra riportato con riferimento alla cessione dei singoli beni.
/ Alessandro COTTO
FONTE:EUTEKNE
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