OPERAZIONI STRAORDINARIE
Test del patrimonio netto: rileva l’ultimo esercizio chiuso
L’Agenzia delle Entrate chiarisce qual è il patrimonio netto di riferimento in caso di fusione tra due società
/ Martedì 10 maggio 2011
L’art. 172 comma 7 del TUIR disciplina il riporto delle perdite fiscali delle società che partecipano a operazioni di fusione, al fine di contrastare la realizzazione di fenomeni elusivi consistenti nella compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di società prive di capacità produttiva (c.d. “bare fiscali”) con i redditi imponibili di altre società partecipanti all’operazione straordinaria.
Con riferimento a tale disposizione, le perdite fiscali, maturate dalle società partecipanti alla fusione (comprese quelle maturate dalla società incorporante), presentano tre limitazioni al riporto:
- una prima, legata alla verifica della “vitalità”;
- una seconda, correlata all’ammontare dei patrimoni netti contabili di ciascuna delle società partecipanti alla fusione;
- una terza, che trae la sua origine nella presenza di svalutazioni delle partecipazioni con effetto fiscale.
La risoluzione n. 54/2011 dell’Agenzia delle Entrate, emanata ieri, è intervenuta sulla seconda limitazione, fornendo un chiarimento che gli operatori attendevano da tempo.
Una volta superato il c.d. “test di vitalità” (basato sull’analisi dei ricavi e dei costi per il personale delle società) è previsto che la società incorporante o risultante dalla fusione possa utilizzare la “dote” di perdite fiscali delle società partecipanti all’operazione nei limiti della consistenza del patrimonio netto (depurato dei versamenti e conferimenti effettuati negli ultimi 24 mesi) delle società in perdita, come risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater c.c..
Tale disposizione, inoltre, si applica anche alle perdite “di periodo” maturate in caso di retrodatazione degli effetti contabili e fiscali.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, questa ulteriore previsione rafforza la scelta di adottare – come termine di riferimento – un patrimonio netto, quale indice di redditività prospettica della società in perdita, che sia quanto più prossimo alla data di efficacia giuridica della fusione.
Pertanto, secondo l’Agenzia delle Entrate, la locuzione “ultimo bilancio” contenuta nell’art. 172 comma 7 del TUIR deve essere interpretata quale bilancio relativo all’ultimo esercizio chiuso prima della data di efficacia giuridica della fusione, ancorché non approvato a tale data.
In particolare, anche nel caso di retrodatazione degli effetti fiscali (e contabili) della fusione all’inizio dell’esercizio, l’ultimo bilancio, in tal senso inteso, per la società che detiene le perdite è il bilancio relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è perfezionata giuridicamente.
Nel caso esaminato nella risoluzione, quindi, l’Agenzia delle Entrate conclude che per una fusione con effetti fiscali e contabili retrodatati al 1° gennaio 2010, occorrerà prendere a riferimento, ai fini della determinazione del quantum di perdite fiscali riportabili, il patrimonio netto risultante dal bilancio della società incorporata relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2009, ancorché approvato dalla società incorporante in una data (22 aprile 2010) successiva rispetto a quella di efficacia giuridica della fusione (1° marzo 2010), e sempre che dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’art. 2501-quater c.c. non risulti un patrimonio netto inferiore.
Con riferimento a tale disposizione, le perdite fiscali, maturate dalle società partecipanti alla fusione (comprese quelle maturate dalla società incorporante), presentano tre limitazioni al riporto:
- una prima, legata alla verifica della “vitalità”;
- una seconda, correlata all’ammontare dei patrimoni netti contabili di ciascuna delle società partecipanti alla fusione;
- una terza, che trae la sua origine nella presenza di svalutazioni delle partecipazioni con effetto fiscale.
La risoluzione n. 54/2011 dell’Agenzia delle Entrate, emanata ieri, è intervenuta sulla seconda limitazione, fornendo un chiarimento che gli operatori attendevano da tempo.
Una volta superato il c.d. “test di vitalità” (basato sull’analisi dei ricavi e dei costi per il personale delle società) è previsto che la società incorporante o risultante dalla fusione possa utilizzare la “dote” di perdite fiscali delle società partecipanti all’operazione nei limiti della consistenza del patrimonio netto (depurato dei versamenti e conferimenti effettuati negli ultimi 24 mesi) delle società in perdita, come risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater c.c..
Tale disposizione, inoltre, si applica anche alle perdite “di periodo” maturate in caso di retrodatazione degli effetti contabili e fiscali.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, questa ulteriore previsione rafforza la scelta di adottare – come termine di riferimento – un patrimonio netto, quale indice di redditività prospettica della società in perdita, che sia quanto più prossimo alla data di efficacia giuridica della fusione.
Rilevanza a prescindere dall’approvazione del bilancio
In altre parole, la finalità della disposizione in commento rende necessario un confronto tra due termini omogenei (dal punto di vista temporale), ossia la “dote” di perdite fiscali pregresse (nonché “di periodo”, in caso di retrodatazione fiscale) alla data di efficacia giuridica della fusione e la consistenza del patrimonio netto a tale data ovvero, in caso di retrodatazione, a una data quanto più prossima, e ciò a prescindere dalla circostanza che il relativo bilancio sia stato già approvato.Pertanto, secondo l’Agenzia delle Entrate, la locuzione “ultimo bilancio” contenuta nell’art. 172 comma 7 del TUIR deve essere interpretata quale bilancio relativo all’ultimo esercizio chiuso prima della data di efficacia giuridica della fusione, ancorché non approvato a tale data.
In particolare, anche nel caso di retrodatazione degli effetti fiscali (e contabili) della fusione all’inizio dell’esercizio, l’ultimo bilancio, in tal senso inteso, per la società che detiene le perdite è il bilancio relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è perfezionata giuridicamente.
Nel caso esaminato nella risoluzione, quindi, l’Agenzia delle Entrate conclude che per una fusione con effetti fiscali e contabili retrodatati al 1° gennaio 2010, occorrerà prendere a riferimento, ai fini della determinazione del quantum di perdite fiscali riportabili, il patrimonio netto risultante dal bilancio della società incorporata relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2009, ancorché approvato dalla società incorporante in una data (22 aprile 2010) successiva rispetto a quella di efficacia giuridica della fusione (1° marzo 2010), e sempre che dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’art. 2501-quater c.c. non risulti un patrimonio netto inferiore.
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