Decreto sviluppo: i problemi della “nuova” contabilità semplificata
Nell’ambito delle disposizioni approvate con il decreto sviluppo, in materia di semplificazione fiscale, è necessario segnalare l’innalzamento delle soglie entro le quali si può beneficiare del regime della contabilità semplificata.In base al novellato testo, si potrà optare per il regime di favore se:
- l’ammontare dei ricavi annuali non supera l’importo di Euro 400.000 nel caso attività di prestazione di servizi;
- l’ammontare dei ricavi annuali non supera l’importo di Euro 700.000 nel caso di altre attività.
- Euro 309.874,14 nel caso l’attività riguardi la prestazione di servizi;
- Euro 516.456,90 nel caso di attività diverse.
Se da un lato, però, le regole fiscali allargano le maglie della tenuta della contabilità semplificata, dall’altro potrebbero confliggere con le norme previste in materia di piccoli imprenditori dal codice civile.
Secondo le disposizioni del codice, infatti, il piccolo imprenditore, così come definito dall’art. 2083, non è obbligato a tenere il libro giornale e il libro degli inventari. L’art. 2214 del codice civile, infatti, prevede “L’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari. Deve altresì tenere le altre scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite. Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori”.
In pratica, in base alle nuove disposizioni in materia di tenuta di scritture contabili i piccoli imprenditori potranno essere in regola sotto il profilo fiscale ma non sotto quello civilistico. La principale conseguenza è data dal rischio, per l’imprenditore, di vedersi contestato il reato di bancarotta documentale per non aver tenuto (nella qualità di imprenditore) il libro giornale, il libro degli inventari e tutti gli altri libri che, in base alla natura e alle dimensioni dell’impresa, sono richiesti.
Al riguardo, infatti, preme sottolineare che la Suprema Corte, essendo sempre molto attenta a tutelare gli interessi dei creditori e dei terzi, ha rilevato che “Il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non ha comportato per le stesse l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili disposto dall’art. 2214 c.c. sia ai fini civili che per gli effetti penali previsti dalla legge fallimentare, sicché nel caso di inadempimento a tale obbligo si possono configurare gli elementi del reato di bancarotta semplice”. Cass. penale, sez. V, 11 novembre 1999, n. 5382; Cass. penale , sez. V, 22 febbraio 1994.
Aderendo al richiamato orientamento, la Cassazione penale, sez. V il 5 novembre 1986 ha precisato che “In tema di bancarotta semplice documentale, per ritenersi che il richiamo generico di cui all’art. 217, comma 2 l. fall., ai “libri … prescritti dalla legge“, abbia obbligato l’imprenditore alla tenuta delle scritture contabili solo in relazione a quelle previste da successive norme fiscali e, in particolare, dal D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, bisognerebbe ipotizzare l’abrogazione degli artt. 2214 ss. del codice civile. In merito, a prescindere dal tema che riguarda l’abrogazione di una legge generale da parte di una legge speciale, si segnala che, in merito, è sufficiente rilevare che l’art. 18 del D.P.R. innanzi citato, ammette una contabilità semplificata per i contribuenti minori, ma fa “salvi gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto“.
Un analogo concetto è stato espresso, inoltre, dalla Cassazione penale, sez. V, 27 novembre 1986. Secondo tale pronuncia, “L’obbligo della tenuta dei libri e scritture contabili previsto dall’art. 2214 c.c. per l’imprenditore commerciale non è stato sostituito da quello della tenuta di una contabilità semplificata previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. Quest’ultima normativa, invero, detta disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi e, pur prevedendo particolari semplificazioni per la contabilità di contribuenti minori, non ha abrogato o modificato, dati i fini esclusivamente tributari che la caratterizzano, le disposizioni del codice civile relative ai libri obbligatori e alle altre scritture contabili. Invero l’art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973, fa salvi gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto”.
Si segnala, inoltre, la recente sentenza n. 15516 del 17 aprile 2011, con cui la Corte di cassazione nel ribadire i precedenti orientanti, ha nuovamente precisato che “Il reato di bancarotta semplice documentale consistendo nel mero inadempimento di un precetto formale integra un reato di pura condotta, che si realizza anche quando non si verifichi, in concreto, danno per i creditori. Ne consegue che l’obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno se l’azienda non ha formalmente cessato la attività, anche se manchino passività insolute; esso viene meno solo quando la cessazione della attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese”.
A un analogo orientamento si perviene anche attraverso la lettura della sentenza n. 15065 del 13 aprile 2011, in cui la Corte di Cassazione ha stabilito che “il fatto di non tenere in modo corretto scritture contabili, anche non obbligatorie (come le schede di mastro), può configurare reato di bancarotta documentale in capo all’amministratore dell’azienda fallita. Infatti, tutte le scritture richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa, sia obbligatorie che facoltative, possono essere oggetto materiale del reato”.
Per concludere, quindi, è opportuno precisare che ciascun imprenditore, nel valutare l’adesione al regime della contabilità semplificata secondo i dettami del nuovo decreto sviluppo, tenga conto, altresì, della natura e delle dimensioni della propria azienda e dei principi dettati dal codice civile.
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