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giovedì 19 maggio 2011

Avviamento anche in caso di patrimonio netto negativo

OPERAZIONI STRAORDINARIE

Avviamento anche in caso di patrimonio netto negativo

Rileva la capacità dell’azienda di conseguire un profitto

/ Sabato 14 maggio 2011
Con la pronuncia n. 10586 di ieri, la Corte di Cassazione ha confermato la possibilità di iscrivere un valore di avviamento con riferimento a un’azienda che presenti, al momento dell’acquisto, un risultato negativo del patrimonio netto.
In primo luogo, la Suprema Corte si mostra ferma nel ribadire che è possibile parlare di avviamento soltanto laddove vi sia un’azienda, intesa come complesso di beni organizzato per l’esercizio di una specifica e ben individuata attività. Si precisa, poi, che per la configurabilità dell’azienda:
- non è necessario che l’impresa sia in atto;
- ma occorre che sia percepibile il settore commerciale in cui l’impresa opera oppure opererà.
Ciò premesso, quindi, si ritiene che l’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa abbia subito delle perdite negli esercizi degli anni precedenti. Si afferma che “del valore complessivo dell’azienda fa parte, infatti, quell’avviamento – costituente una qualità dell’azienda stessa – che si somma al valore degli altri beni che la compongono in un’operazione che logicamente precede la detrazione delle passività, sicché non è aprioristicamente esclusa né dall’esistenza né dall’ammontare di queste” (cfr. anche Cass. 25 febbraio 2002 n. 2702).
In particolare, viene definito avviamento, nei suoi termini generali, la capacità di profitto di un’attività produttiva, ossia quell’attitudine che consente a un complesso aziendale di conseguire risultati economici diversi (e, in ipotesi, maggiori) di quelli raggiungibili attraverso l’utilizzazione isolata dei singoli elementi che la compongono. Pertanto, non vi è ragione di escludere che anche un’azienda in perdita possa disporre nel patrimonio di componenti attivi tra i quali beni immateriali come l’avviamento commerciale.
Non occorre la corresponsione del prezzo per l’iscrizione dell’avviamento
Il caso di specie riguarda una società X, la quale, a fronte di un patrimonio netto negativo dell’azienda acquisita, ha corrisposto alla società cedente Y, mediante l’accollo dei debiti a titolo di prezzo di acquisto dell’azienda, un importo corrispondente, pari alla differenza tra il netto patrimoniale dell’azienda ceduta (negativo) e l’intero prezzo contrattuale stabilito.
Secondo la Cassazione, tale valore differenziale non può che ascriversi all’avviamento commerciale dell’azienda, trovando congrua giustificazione:
- nell’attesa di profitti futuri;
- nei beni immateriali contenuti nell’azienda (nel caso di specie, l’autorizzazione amministrativa all’esercizio del commercio nello specifico settore).
A riprova di ciò, si osserva che ai sensi dell’art. 2426 c.c., l’iscrizione nell’attivo patrimoniale dell’avviamento da parte della società acquirente è subordinata esclusivamente alle condizioni:
- che l’avviamento sia stato acquisito a titolo oneroso (indipendentemente, quindi, dalle forme con le quali lo schema negoziale viene a rivestire tale carattere), in tal senso potendo iscriversi in bilancio soltanto il c.d. “avviamento derivativo”, rimanendo escluso l’avviamento originario o autoprodotto;
- che il valore di avviamento da iscrivere in bilancio non sia comunque superiore al costo sostenuto per lo stesso.

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