Diritto penale
Le evidenti anormalità «inchiodano» gli amministratori
La responsabilità consegue sia alla consapevolezza che dall’omissione possa scaturire reato che all’accettazione del rischio che esso si verifichi
L’amministratore di una società, con l’accettazione della carica, assume doveri di vigilanza e controllo sull’andamento gestorio della società che si sostanziano in una posizione di garanzia ed il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale per l’affermazione della quale sono sufficienti la sola consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) ovvero l’accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale).
A precisarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza 17 maggio 2011 n. 19284.
La società Alfa forniva alla società Beta i servizi di stoccaggio e deposito di prodotti petroliferi. Dopo qualche tempo emergeva un ammanco dai depositi della società Alfa di un ingentissimo quantitativo dei prodotti medesimi, al quale seguiva la ricognizione del debito da parte dell’amministratore della società Alfa. Ciò conduceva, in primo grado, ad una sentenza di condanna, ravvisandosi nella ricordata ricognizione una esplicita confessione di appropriazione indebita. La Corte d’Appello, invece, preso atto di ciò, nonché dell’infondatezza del rilievo difensivo relativo ad un pagamento per compensazione e dell’ambiguo comportamento processuale dell’amministratore, che, rimanendo contumace, si era sottratto alla possibilità di giustificare l’ammanco, concludeva nel senso che la violazione dell’obbligo di custodia non “colora” automaticamente tale condotta del dolo di appropriazione necessario ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui all’art. 646 c.p., occorrendo la prova positiva di una condotta finalizzata alla “dispersione” dei beni.
La difesa della società Beta, costituitasi parte civile, ricorreva in Cassazione ai soli effetti civili, deducendo l’illogicità e contraddittorietà della motivazione proprio in relazione al mancato riconoscimento dell’elemento psicologico del delitto di appropriazione indebita, soluzione che rendeva privi di senso gli aspetti principali della condotta, ed in primo luogo la ricognizione di debito.
Nessuna considerazione, inoltre, è riservata a due principi fondamentali in ordine ai reati imputati ex art. 40, comma 2 c.p. (ai sensi del quale non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo).
Il primo è che, in tal caso, l’elemento psicologico si configura secondo i principi generali: di conseguenza, è sufficiente che il “garante” abbia conoscenza dei presupposti fattuali del dovere di attivarsi per impedire l’evento e che si astenga, con coscienza e volontà, dall’attivarsi, con ciò volendo o prevedendo l’evento (nei delitto dolosi) o provocandolo per negligenza, imprudenza, imperizia o violazione di norme (nei delitti colposi e nelle contravvenzioni in genere).
Il secondo è che, in tema di personalità della responsabilità penale, in riferimento agli artt. 27 Cost. e 40 c.p. (rapporto di causalità), l’amministratore di una società non può essere automaticamente ritenuto responsabile, a causa della carica ricoperta, di tutte le violazioni penali verificatesi nella gestione della società; responsabilità che va esclusa quando lo stesso abbia preposto ai vari servizi soggetti qualificati ed idonei, forniti, tra l’altro, della necessaria autonomia e dei poteri discrezionali per la conduzione dei relativi affari.
Alla luce di tali principi, la Suprema Corte sottolinea come, diversamente da quanto sostenuto dai giudici di secondo grado, ai fini della responsabilità dell’amministratore per appropriazione indebita non sia affatto necessaria la prova positiva di una condotta finalizzata alla “dispersione” dei beni. Tanto più che la responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento può qualificarsi anche per il solo dolo eventuale, a condizione che sussista e sia percepibile dal soggetto la presenza di segnali perspicui e peculiari dell’evento illecito caratterizzati da un elevato grado di anormalità. Tale carattere è indubitabilmente presente nel caso di specie.
La sentenza, quindi, viene annullata ai soli effetti civili – fermi restando, quindi, quelli penali – con rinvio al competente giudice civile in grado di appello.
A precisarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza 17 maggio 2011 n. 19284.
La società Alfa forniva alla società Beta i servizi di stoccaggio e deposito di prodotti petroliferi. Dopo qualche tempo emergeva un ammanco dai depositi della società Alfa di un ingentissimo quantitativo dei prodotti medesimi, al quale seguiva la ricognizione del debito da parte dell’amministratore della società Alfa. Ciò conduceva, in primo grado, ad una sentenza di condanna, ravvisandosi nella ricordata ricognizione una esplicita confessione di appropriazione indebita. La Corte d’Appello, invece, preso atto di ciò, nonché dell’infondatezza del rilievo difensivo relativo ad un pagamento per compensazione e dell’ambiguo comportamento processuale dell’amministratore, che, rimanendo contumace, si era sottratto alla possibilità di giustificare l’ammanco, concludeva nel senso che la violazione dell’obbligo di custodia non “colora” automaticamente tale condotta del dolo di appropriazione necessario ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui all’art. 646 c.p., occorrendo la prova positiva di una condotta finalizzata alla “dispersione” dei beni.
La difesa della società Beta, costituitasi parte civile, ricorreva in Cassazione ai soli effetti civili, deducendo l’illogicità e contraddittorietà della motivazione proprio in relazione al mancato riconoscimento dell’elemento psicologico del delitto di appropriazione indebita, soluzione che rendeva privi di senso gli aspetti principali della condotta, ed in primo luogo la ricognizione di debito.
L’amministratore assume doveri di vigilanza e controllo
La Suprema Corte accoglie il ricorso, in quanto la conclusione dei giudici di appello non tiene conto del fatto che l’amministratore di una società, con l’accettazione della carica, assume doveri di vigilanza e controllo sull’andamento gestorio della società, che si sostanziano in una posizione di garanzia ed il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale per l’affermazione della quale sono sufficienti la sola consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) ovvero l’accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale).Nessuna considerazione, inoltre, è riservata a due principi fondamentali in ordine ai reati imputati ex art. 40, comma 2 c.p. (ai sensi del quale non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo).
Il primo è che, in tal caso, l’elemento psicologico si configura secondo i principi generali: di conseguenza, è sufficiente che il “garante” abbia conoscenza dei presupposti fattuali del dovere di attivarsi per impedire l’evento e che si astenga, con coscienza e volontà, dall’attivarsi, con ciò volendo o prevedendo l’evento (nei delitto dolosi) o provocandolo per negligenza, imprudenza, imperizia o violazione di norme (nei delitti colposi e nelle contravvenzioni in genere).
Il secondo è che, in tema di personalità della responsabilità penale, in riferimento agli artt. 27 Cost. e 40 c.p. (rapporto di causalità), l’amministratore di una società non può essere automaticamente ritenuto responsabile, a causa della carica ricoperta, di tutte le violazioni penali verificatesi nella gestione della società; responsabilità che va esclusa quando lo stesso abbia preposto ai vari servizi soggetti qualificati ed idonei, forniti, tra l’altro, della necessaria autonomia e dei poteri discrezionali per la conduzione dei relativi affari.
Alla luce di tali principi, la Suprema Corte sottolinea come, diversamente da quanto sostenuto dai giudici di secondo grado, ai fini della responsabilità dell’amministratore per appropriazione indebita non sia affatto necessaria la prova positiva di una condotta finalizzata alla “dispersione” dei beni. Tanto più che la responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento può qualificarsi anche per il solo dolo eventuale, a condizione che sussista e sia percepibile dal soggetto la presenza di segnali perspicui e peculiari dell’evento illecito caratterizzati da un elevato grado di anormalità. Tale carattere è indubitabilmente presente nel caso di specie.
La sentenza, quindi, viene annullata ai soli effetti civili – fermi restando, quindi, quelli penali – con rinvio al competente giudice civile in grado di appello.
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