Iva
Elenco «clienti e fornitori»: obbligo per le operazioni tracciate escluso con dubbi
Il DL Sviluppo parla di operazioni nei confronti di soggetti passivi IVA e crea problemi interpretativi per quelle con controparti «ibride»
Il recente schema di “Decreto Sviluppo”, approvato nei giorni scorsi dal Governo, contiene importanti novità anche per l’obbligo di comunicazione delle operazioni di importo almeno pari a 3.000 euro, di cui all’art. 21 del DL n. 78/2010. L’adempimento, già vigente nel 2010 per alcune fattispecie soggette a fatturazione (per importi non inferiori a 25.000 euro), viene esteso – a partire dal periodo d’imposta 2011 – alle operazioni per le quali non sussiste l’obbligo di fatturazione, il cui importo minimo è di 3.600 euro, IVA compresa.
Più in particolare, la comunicazione sussiste già dal 1° gennaio 2011, con la soglia minima di 3.000 euro, per le operazioni soggette all’obbligo di fatturazione, mentre per le altre – segnatamente quelle effettuate con i privati – l’obbligo decorre dalle operazioni effettuate dal prossimo 1° luglio 2011 (termine così prorogato dal decreto direttoriale del 14 aprile 2011).
L’art. 7, comma 2, lett. o) dello schema di Decreto Sviluppo ha, tuttavia, modificato l’originaria disposizione della Manovra correttiva, introducendo una causa di esclusione, riguardante le operazioni rilevanti (di importo almeno pari a 3.600 euro), effettuate nei confronti di soggetti che non rivestono la qualifica di soggetti passivi ai fini IVA, qualora il pagamento del corrispettivo avvenga tramite carte di credito, debito o prepagate, emessi da uno dei soggetti previsti nell’art. 7 del DPR 605/73, ovvero banche, poste ed altri intermediari finanziari.
L’ambito applicativo di tale modifica normativa pone, tuttavia, dei dubbi interpretativi: in primo luogo, con riferimento alle operazioni interessate, in quanto la norma richiama quelle “effettuate nei confronti di non soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”. In altri termini, si dovrebbe desumere che devono, invece, formare oggetto di comunicazione, a prescindere dalle modalità di pagamento, quelle intercorse con soggetti passivi IVA.
Qualche dubbio si presenta dunque per le operazioni effettuate nei confronti di controparti “ibride”, le quali possono assumere la qualifica sia di soggetti IVA che di “privati”. Si pensi, in primis, alle persone fisiche che nel contempo siano anche soggetti IVA (imprese o professionisti), ovvero agli enti non commerciali, ivi comprese associazioni e fondazioni, che svolgano anche un’attività commerciale. In tali ipotesi, ai fini dell’adempimento, tali soggetti assumono o meno la qualifica di soggetto passivo ai fini IVA? È pur vero che si qualificheranno come soggetti IVA laddove l’acquisto si riferisca alla loro “sfera” commerciale, con conseguente obbligo di emissione della fattura, previa richiesta della parte interessata (acquirente o committente), nonché dell’obbligo di comunicazione, se l’importo dell’operazione è almeno pari a 3.000 euro (IVA esclusa), e a prescindere dallo strumento di pagamento. Al contrario, nell’ipotesi in cui l’acquisto sia riferito alla “sfera” privata, o non commerciale, si assisterebbe ad un’operazione effettuata nei confronti di un soggetto non passivo ai fini IVA, con relativa esclusione dall’obbligo di comunicazione se il pagamento avviene mediante alcuni strumenti “tracciati”.
In secondo luogo, l’esclusione dall’obbligo di comunicazione non opera con riferimento ad altri strumenti di pagamento tracciati, quali gli assegni.
Rimane, infine, aperta la questione della “privacy” legata all’obbligo di identificazione, da parte del cedente o prestatore (commercianti al dettaglio), della controparte che procede all’acquisto. Non è chiaro quale procedura si debba seguire, soprattutto in relazione a possibili “furti” di identità, in quanto non si può chiedere all’esercente di svolgere (anche) funzioni non proprie, quali quelle legate alla verifica della corrispondenza e della veridicità del soggetto che procede all’acquisto.
Più in particolare, la comunicazione sussiste già dal 1° gennaio 2011, con la soglia minima di 3.000 euro, per le operazioni soggette all’obbligo di fatturazione, mentre per le altre – segnatamente quelle effettuate con i privati – l’obbligo decorre dalle operazioni effettuate dal prossimo 1° luglio 2011 (termine così prorogato dal decreto direttoriale del 14 aprile 2011).
L’art. 7, comma 2, lett. o) dello schema di Decreto Sviluppo ha, tuttavia, modificato l’originaria disposizione della Manovra correttiva, introducendo una causa di esclusione, riguardante le operazioni rilevanti (di importo almeno pari a 3.600 euro), effettuate nei confronti di soggetti che non rivestono la qualifica di soggetti passivi ai fini IVA, qualora il pagamento del corrispettivo avvenga tramite carte di credito, debito o prepagate, emessi da uno dei soggetti previsti nell’art. 7 del DPR 605/73, ovvero banche, poste ed altri intermediari finanziari.
L’ambito applicativo di tale modifica normativa pone, tuttavia, dei dubbi interpretativi: in primo luogo, con riferimento alle operazioni interessate, in quanto la norma richiama quelle “effettuate nei confronti di non soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”. In altri termini, si dovrebbe desumere che devono, invece, formare oggetto di comunicazione, a prescindere dalle modalità di pagamento, quelle intercorse con soggetti passivi IVA.
Qualche dubbio si presenta dunque per le operazioni effettuate nei confronti di controparti “ibride”, le quali possono assumere la qualifica sia di soggetti IVA che di “privati”. Si pensi, in primis, alle persone fisiche che nel contempo siano anche soggetti IVA (imprese o professionisti), ovvero agli enti non commerciali, ivi comprese associazioni e fondazioni, che svolgano anche un’attività commerciale. In tali ipotesi, ai fini dell’adempimento, tali soggetti assumono o meno la qualifica di soggetto passivo ai fini IVA? È pur vero che si qualificheranno come soggetti IVA laddove l’acquisto si riferisca alla loro “sfera” commerciale, con conseguente obbligo di emissione della fattura, previa richiesta della parte interessata (acquirente o committente), nonché dell’obbligo di comunicazione, se l’importo dell’operazione è almeno pari a 3.000 euro (IVA esclusa), e a prescindere dallo strumento di pagamento. Al contrario, nell’ipotesi in cui l’acquisto sia riferito alla “sfera” privata, o non commerciale, si assisterebbe ad un’operazione effettuata nei confronti di un soggetto non passivo ai fini IVA, con relativa esclusione dall’obbligo di comunicazione se il pagamento avviene mediante alcuni strumenti “tracciati”.
Non è sempre così nitida la distinzione tra sfera commerciale e privata
Tale distinzione, tuttavia, non sempre sarà così “nitida”, atteso che ci si domanda cosa possa accadere se un imprenditore acquisti un bene che intende utilizzare nella sua attività d’impresa, di costo oltre la soglia prevista, ma erroneamente non richieda l’emissione della fattura. In tal caso, è necessario verificare se il corrispettivo certificato da scontrino o ricevuta fiscale debba essere incluso nella comunicazione in questione, posto che l’operazione è effettuata nei confronti di un soggetto passivo IVA. La risposta dovrebbe essere negativa, ma l’esercente al dettaglio che effettua tale operazione come può conoscere lo status dell’acquirente che non si è “dichiarato” imprenditore?In secondo luogo, l’esclusione dall’obbligo di comunicazione non opera con riferimento ad altri strumenti di pagamento tracciati, quali gli assegni.
Rimane, infine, aperta la questione della “privacy” legata all’obbligo di identificazione, da parte del cedente o prestatore (commercianti al dettaglio), della controparte che procede all’acquisto. Non è chiaro quale procedura si debba seguire, soprattutto in relazione a possibili “furti” di identità, in quanto non si può chiedere all’esercente di svolgere (anche) funzioni non proprie, quali quelle legate alla verifica della corrispondenza e della veridicità del soggetto che procede all’acquisto.
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