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mercoledì 11 maggio 2011

Reddito d’impresa L’inerenza dei costi non è «legata» ai ricavi ma all’attività

Reddito d’impresa

L’inerenza dei costi non è «legata» ai ricavi ma all’attività

Lo ha stabilito la C.T. Prov. di Roma, che ha ritenuto inerente il costo di buonuscita dell’amministratore delegato di una società controllata
/ Martedì 10 maggio 2011
Il principio di inerenza dei costi si estrinseca nella stretta correlazione tra i componenti negativi di reddito e non solo i ricavi aziendali, ma l’attività stessa dell’impresa, intesa in senso ampio e con riferimento al suo oggetto (scopo imprenditoriale). In questi termini si è espressa la C.T. Prov. di Roma, con la sentenza n. 142 del 18 aprile 2011.
La pronuncia trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Ufficio competente a una spa, con cui il Fisco recuperava a tassazione oltre due milioni di euro, relativi al costo della risoluzione del contratto di lavoro con l’amministratore delegato di una società controllata. Più precisamente, dai fatti di causa, si evince che il predetto importo, oggetto di ripresa fiscale, costituiva la buonuscita che la società controllata aveva corrisposto al summenzionato amministratore a seguito della cessazione anticipata del rapporto di lavoro, su decisione della società controllante. Conseguentemente, la controllata aveva addebitato tale importo alla controllante, che, quindi, lo aveva portato in deduzione integrale dal reddito d’impresa.
L’Agenzia delle Entrate riteneva, invece, che detto costo non potesse essere dedotto dalla società controllante sottoposta a verifica, poiché non inerente alla sua attività. Il Fisco emetteva, pertanto, il relativo avviso di accertamento, contenente la suddetta ripresa a tassazione.
Avverso l’atto impositivo proponeva ricorso alla C.T. Prov. la società, adducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 75, comma 5, del TUIR (ora, art. 109), atteso che l’Ufficio si era rifatto a un concetto di inerenza ormai superato, secondo cui, ai fini della deducibilità dei costi, occorrerebbe un nesso di causa-effetto tra questi ultimi e i componenti positivi tassati. La ricorrente osservava, invece, che anche la giurisprudenza più recente della Suprema Corte aveva ormai sancito che il principio di inerenza delle componenti negative di reddito doveva ritenersi soddisfatto ogniqualvolta vi fosse una correlazione tra i costi e l’attività d’impresa, considerata nel suo insieme, non essendo richiesta una diretta relazione con i soli ricavi aziendali.
Nel caso specifico, secondo la ricorrente, il costo della buonuscita dell’amministratore delegato era da ritenersi inerente in quanto connesso all’attività di direzione, indirizzo e coordinamento svolto dalla controllante nei confronti della propria controllata, e presentava per la società un’effettiva utilità, in quanto rispondente a una valutazione di convenienza economica, strategica e gestionale concordata nel patto parasociale sottoscritto con gli altri soci. Infine, la ricorrente sottolineava che il costo in oggetto, frutto di una transazione con l’amministratore “liquidato”, non poteva essere sostenuto dalla società controllata, non avendo quest’ultima avuto alcun potere decisionale in merito, ma avendo invece dovuto subire la scelta operata dalla controllante.
L’Ufficio, in sede contenziosa, ribadiva la legittimità del suo operato, evidenziando che il costo rappresentato dalla buonuscita non apportava alcuna utilità alla società controllante né poteva ritenersi inerente alla sua attività. In sostanza, secondo la difesa erariale, mancava una connessione funzionale tra il costo in oggetto e le finalità dell’impresa: tale componente negativo di reddito non poteva, dunque, considerarsi inerente all’attività sociale.
La C.T. Prov., investita della questione, ha osservato, innanzitutto, che la ricorrente è la holding industriale dell’intero gruppo e, pertanto, rientrano nel suo oggetto sociale le attività di coordinamento, indirizzo strategico e controllo delle società partecipate; inoltre, tra le sue prerogative, vi è la nomina e la revoca degli amministratori delegati delle società controllate, anche in forza del patto parasociale sottoscritto con gli altri soci.
I giudici provinciali hanno sottolineato che l’interruzione del rapporto di lavoro con l’amministratore delegato della società controllata si era reso necessario a causa di un mutamento di nomine all’interno del gruppo, effettuato in ossequio al patto parasociale. Alla luce di ciò, secondo la C.T. Prov., il costo della buonuscita (accordo transattivo) di tale amministratore non può che ritenersi inerente all’attività della società (holding del gruppo). I giudici provinciali, accogliendo il ricorso, hanno annullato, pertanto, l’avviso di accertamento.
La definizione teorica del concetto di inerenza sancita dall’odierna pronuncia è certamente condivisibile, mentre appare meno apprezzabile il suo riflesso pratico (di merito): potrebbe essere, infatti, piuttosto dubbia la decisione per cui sia da ritenere inerente all’attività della controllante il costo relativo alla buonuscita corrisposta dalla società controllata al suo amministratore delegato; insomma, è vero che l’inerenza deve essere valutata in relazione all’attività sociale nel suo complesso, ma certamente non può essere estesa a fattispecie che oltrepassino la stretta correlazione tra i costi sostenuti da un’impresa e la sua attività (il principio di correlazione si rinviene anche in Cass. nn. 11514/2001, 11240/2002, 4345/2003; 4557/2010; 4443/2010).

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