“Spesometro” nullo se il bene è acquistato con denaro dei genitori
L’art. 38 del DPR 600/73 consente di accertare in maniera sintetica il reddito delle persone fisiche sulla base delle spese da queste sostenute nel corso del periodo d’imposta.
È però ferma la prova contraria, quindi il contribuente può dimostrare che l’acquisto non è, in realtà, un indice di capacità contributiva, siccome i fondi per effettuarlo provengono da redditi esenti, soggetti a imposizione alla fonte o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. Tra le prove contrarie a disposizione del contribuente rientra senz’altro la circostanza che il denaro per l’acquisto dell’immobile proviene in realtà da terzi.
Con la sentenza 17805 depositata ieri, la Suprema Corte si è interessata della questione, affermando, in sostanza, che nel caso di acquisto di immobile effettuato dal figlio, ove il genitore, comparso in atto, ha di fatto elargito il denaro, si è in presenza di una donazione indiretta non del denaro ma dell’immobile, con tutto ciò che ne può conseguire in merito alla prova contraria sull’accertamento fondato sulla spesa patrimoniale.
Tale principio è mutuato, in realtà, dal diritto civile, ove molte volte la Corte ha stabilito che “nell’ipotesi di acquisto di immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intenda in tal modo beneficiare, si configura la donazione indiretta dell’immobile e non del denaro impiegato per l’acquisto” (Cass. 20638 del 2005, richiamata dalla sentenza in commento).
Allora, se il figlio pone in essere un acquisto di un immobile e uno dei genitori, in atto compare dichiarando di elargire il denaro, a prescindere dalle problematiche civilistiche che ciò può comportare, va da sé che, ove l’effettivo esborso del denaro da parte del genitore abbia un dovuto riscontro probatorio, l’accertamento sintetico a carico del figlio/contribuente è destituito di fondamento, siccome è integrata la prova contraria.
I giudici richiamano anche propri precedenti sulla rilevanza della simulazione nell’accertamento sintetico, ove era stato sostenuto che, qualora la rettifica sia fondata su indici quali l’acquisto di un immobile, il contribuente può confutare ciò sostenendo, se del caso, che la vendita, in realtà, dissimulava una donazione.A fronte di ciò, la giurisprudenza ha precisato che non vale, in sede tributaria, il disposto di cui all’art. 1415, comma 1 c.c., in base al quale la simulazione non può essere opposta ai terzi (Cass. 17 marzo 2006 n. 5991).
Tanto premesso, ogniqualvolta si presenti una sorta di disallineamento tra soggetto che acquista formalmente il bene e soggetto che materialmente eroga i fondi, se vi sono riscontri probatori è da ritenersi integrata la prova contraria, a prescindere dal fatto che il soggetto erogante il denaro compaia o meno in atto, anche se tale fatto può giovare al contribuente sotto il profilo dell’accertamento sintetico.
Chiaramente, nulla vieta al Fisco, successivamente all’annullamento giudiziale o in autotutela, di attivare il controllo nei confronti del soggetto che ha elargito i soldi, e di notificare apposito accertamento, in quanto è in capo a questi la capacità contributiva presunta desumibile dal sostenimento della spesa.
Appare pleonastico rammentare che, per accertare il soggetto che ha elargito il denaro, occorre sempre il rispetto dei termini decadenziali ex art. 43 del DPR 600/73, a prescindere dal momento in cui sono state reperite dal Fisco le prove.
È però ferma la prova contraria, quindi il contribuente può dimostrare che l’acquisto non è, in realtà, un indice di capacità contributiva, siccome i fondi per effettuarlo provengono da redditi esenti, soggetti a imposizione alla fonte o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. Tra le prove contrarie a disposizione del contribuente rientra senz’altro la circostanza che il denaro per l’acquisto dell’immobile proviene in realtà da terzi.
Con la sentenza 17805 depositata ieri, la Suprema Corte si è interessata della questione, affermando, in sostanza, che nel caso di acquisto di immobile effettuato dal figlio, ove il genitore, comparso in atto, ha di fatto elargito il denaro, si è in presenza di una donazione indiretta non del denaro ma dell’immobile, con tutto ciò che ne può conseguire in merito alla prova contraria sull’accertamento fondato sulla spesa patrimoniale.
Tale principio è mutuato, in realtà, dal diritto civile, ove molte volte la Corte ha stabilito che “nell’ipotesi di acquisto di immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intenda in tal modo beneficiare, si configura la donazione indiretta dell’immobile e non del denaro impiegato per l’acquisto” (Cass. 20638 del 2005, richiamata dalla sentenza in commento).
Allora, se il figlio pone in essere un acquisto di un immobile e uno dei genitori, in atto compare dichiarando di elargire il denaro, a prescindere dalle problematiche civilistiche che ciò può comportare, va da sé che, ove l’effettivo esborso del denaro da parte del genitore abbia un dovuto riscontro probatorio, l’accertamento sintetico a carico del figlio/contribuente è destituito di fondamento, siccome è integrata la prova contraria.
I giudici richiamano anche propri precedenti sulla rilevanza della simulazione nell’accertamento sintetico, ove era stato sostenuto che, qualora la rettifica sia fondata su indici quali l’acquisto di un immobile, il contribuente può confutare ciò sostenendo, se del caso, che la vendita, in realtà, dissimulava una donazione.A fronte di ciò, la giurisprudenza ha precisato che non vale, in sede tributaria, il disposto di cui all’art. 1415, comma 1 c.c., in base al quale la simulazione non può essere opposta ai terzi (Cass. 17 marzo 2006 n. 5991).
Tanto premesso, ogniqualvolta si presenti una sorta di disallineamento tra soggetto che acquista formalmente il bene e soggetto che materialmente eroga i fondi, se vi sono riscontri probatori è da ritenersi integrata la prova contraria, a prescindere dal fatto che il soggetto erogante il denaro compaia o meno in atto, anche se tale fatto può giovare al contribuente sotto il profilo dell’accertamento sintetico.
Chiaramente, nulla vieta al Fisco, successivamente all’annullamento giudiziale o in autotutela, di attivare il controllo nei confronti del soggetto che ha elargito i soldi, e di notificare apposito accertamento, in quanto è in capo a questi la capacità contributiva presunta desumibile dal sostenimento della spesa.
Appare pleonastico rammentare che, per accertare il soggetto che ha elargito il denaro, occorre sempre il rispetto dei termini decadenziali ex art. 43 del DPR 600/73, a prescindere dal momento in cui sono state reperite dal Fisco le prove.
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