ilcasodelgiorno
A rischio la donazione d’azienda in favore di una srl
In tal caso, in capo al donatario potrebbe verificarsi una sopravvenienza attiva imponibile
/ Sabato 27 ottobre 2012
Il trasferimento d’azienda a titolo gratuito (mortis causa o per donazione) non configura operazione suscettibile di determinare realizzo di plusvalenze (cfr.
art. 58 del TUIR): in tal caso, l’azienda è assunta dall’erede o dal
donatario ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo al dante
causa (de cuius o donante).
Gli stessi criteri devono essere applicati quando, per effetto dello scioglimento della società tra gli eredi entro i cinque anni dalla successione, l’azienda resti acquisita da uno di essi.
Attraverso la disposizione in commento, si evita di rendere imponibile ai fini delle imposte sui redditi la scelta del soggetto che intende, in modo non oneroso, attuare il passaggio generazionale d’impresa.
Sul tema della donazione d’azienda, è intervenuto lo studio del Consiglio nazionale del Notariato n. 36/2011 del 15 luglio 2011, il quale osserva che l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo al dante causa, con la conseguenza che il valore fiscale riconosciuto in capo al donatario può essere solo quello che, al momento della donazione, l’azienda aveva nella contabilità (rilevante fiscalmente) del donante.
In altri termini, ciò significa che il donatario riceve l’azienda, dal punto di vista fiscale, non a “valori correnti”, bensì a “valori storici”, con significative ripercussioni in termini di determinazione del proprio reddito di impresa. Infatti, la successiva vendita della totalità o di parte dell’azienda posta in essere dall’imprenditore donatario comporterà l’emersione di quelle plusvalenze non tassate in occasione del precedente passaggio gratuito dell’azienda, proprio per la continuità del valore fiscale del complesso aziendale.
Ne deriva che il donatario potrà essere tassato per plusvalori che sono maturati nel periodo di possesso del donante.
Il sistema della continuità dei valori fiscali sopra illustrato non comporta l’assenza di tassazione sui plusvalori aziendali, ma solo un rinvio d’imposizione, dato che tali plusvalenze latenti saranno considerate al momento della successiva cessione dell’azienda da parte del donatario.
Alla disposizione in esame si affianca quanto previsto dall’art. 67, comma 1, lettera h-bis) del TUIR, che consente la tassazione, quali redditi diversi, delle plusvalenze realizzate da persone fisiche a seguito di “cessione, anche parziale” di aziende acquisite a titolo gratuito.
In questo modo, la cessione dell’azienda potrà determinare un reddito in capo al donatario pari alla differenza tra il corrispettivo ed il valore fiscale che la medesima aveva nella contabilità del donante.
Tuttavia, si rileva che, qualora il donatario sia un imprenditore oppure una società commerciale, qualche cautela risulta sicuramente necessaria, se si considera che, in base alle regole del reddito d’impresa, le liberalità ricevute nell’esercizio dell’impresa costituiscono sopravvenienze attive ex art. 88, comma 3 del TUIR.
L’applicazione di tale disposizione potrebbe quindi comportare che, nel periodo d’imposta in cui la donazione è compiuta, l’imprenditore donatario debba rilevare un maggior reddito di impresa pari al valore normale dell’azienda ricevuta.
Secondo lo studio n. 36/2011, se dall’atto di donazione non emerge alcuna specifica inerenza del trasferimento dell’azienda all’impresa del donatario e l’eventuale destinazione a quest’ultima si configura come una scelta successiva, libera e quindi non sindacabile, del soggetto, pare potersi affermare l’inapplicabilità dell’art. 88, comma 3 del TUIR e la non emersione di sopravvenienze attive.
Lo stesso non si può invece dire qualora il donatario sia una società commerciale (di persone o di capitali) o un ente commerciale, visto che per questi soggetti non è configurabile fiscalmente una sfera “extra-imprenditoriale”.
In questo senso, per citare un esempio, la donazione dell’azienda dell’imprenditore individuale alla società costituita dai propri figli è sicuramente da sconsigliare, se si considerano gli alti costi fiscali nelle imposte sui redditi (e anche quelli nella imposizione indiretta). Potrebbero però essere percorribili strade giuridicamente alternative, come quella del conferimento d’azienda in società con successiva donazione delle partecipazione agli altri soci.
Gli stessi criteri devono essere applicati quando, per effetto dello scioglimento della società tra gli eredi entro i cinque anni dalla successione, l’azienda resti acquisita da uno di essi.
Attraverso la disposizione in commento, si evita di rendere imponibile ai fini delle imposte sui redditi la scelta del soggetto che intende, in modo non oneroso, attuare il passaggio generazionale d’impresa.
Sul tema della donazione d’azienda, è intervenuto lo studio del Consiglio nazionale del Notariato n. 36/2011 del 15 luglio 2011, il quale osserva che l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo al dante causa, con la conseguenza che il valore fiscale riconosciuto in capo al donatario può essere solo quello che, al momento della donazione, l’azienda aveva nella contabilità (rilevante fiscalmente) del donante.
In altri termini, ciò significa che il donatario riceve l’azienda, dal punto di vista fiscale, non a “valori correnti”, bensì a “valori storici”, con significative ripercussioni in termini di determinazione del proprio reddito di impresa. Infatti, la successiva vendita della totalità o di parte dell’azienda posta in essere dall’imprenditore donatario comporterà l’emersione di quelle plusvalenze non tassate in occasione del precedente passaggio gratuito dell’azienda, proprio per la continuità del valore fiscale del complesso aziendale.
Ne deriva che il donatario potrà essere tassato per plusvalori che sono maturati nel periodo di possesso del donante.
Il sistema della continuità dei valori fiscali sopra illustrato non comporta l’assenza di tassazione sui plusvalori aziendali, ma solo un rinvio d’imposizione, dato che tali plusvalenze latenti saranno considerate al momento della successiva cessione dell’azienda da parte del donatario.
Alla disposizione in esame si affianca quanto previsto dall’art. 67, comma 1, lettera h-bis) del TUIR, che consente la tassazione, quali redditi diversi, delle plusvalenze realizzate da persone fisiche a seguito di “cessione, anche parziale” di aziende acquisite a titolo gratuito.
In questo modo, la cessione dell’azienda potrà determinare un reddito in capo al donatario pari alla differenza tra il corrispettivo ed il valore fiscale che la medesima aveva nella contabilità del donante.
L’imprenditore donatorio è in una posizione più semplice
Un
ulteriore aspetto analizzato dallo Studio n. 36/2011 è quello relativo
ai soggetti coinvolti nell’operazione. In primo luogo, si osserva che il
regime di neutralità fiscale non risulta
subordinato né a condizioni soggettive del donatario (che può essere
una persona fisica o un ente), né a particolari legami personali o
familiari tra donante e donatario (a differenza delle agevolazioni
previste nell’imposizione indiretta).Tuttavia, si rileva che, qualora il donatario sia un imprenditore oppure una società commerciale, qualche cautela risulta sicuramente necessaria, se si considera che, in base alle regole del reddito d’impresa, le liberalità ricevute nell’esercizio dell’impresa costituiscono sopravvenienze attive ex art. 88, comma 3 del TUIR.
L’applicazione di tale disposizione potrebbe quindi comportare che, nel periodo d’imposta in cui la donazione è compiuta, l’imprenditore donatario debba rilevare un maggior reddito di impresa pari al valore normale dell’azienda ricevuta.
Secondo lo studio n. 36/2011, se dall’atto di donazione non emerge alcuna specifica inerenza del trasferimento dell’azienda all’impresa del donatario e l’eventuale destinazione a quest’ultima si configura come una scelta successiva, libera e quindi non sindacabile, del soggetto, pare potersi affermare l’inapplicabilità dell’art. 88, comma 3 del TUIR e la non emersione di sopravvenienze attive.
Lo stesso non si può invece dire qualora il donatario sia una società commerciale (di persone o di capitali) o un ente commerciale, visto che per questi soggetti non è configurabile fiscalmente una sfera “extra-imprenditoriale”.
In questo senso, per citare un esempio, la donazione dell’azienda dell’imprenditore individuale alla società costituita dai propri figli è sicuramente da sconsigliare, se si considerano gli alti costi fiscali nelle imposte sui redditi (e anche quelli nella imposizione indiretta). Potrebbero però essere percorribili strade giuridicamente alternative, come quella del conferimento d’azienda in società con successiva donazione delle partecipazione agli altri soci.
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