accertamento
Accertamento «anticipato» nullo anche se sono state presentate le osservazioni
Ciò perché, spiega la Cassazione, il
contribuente potrebbe presentarne di nuove fino allo spirare del termine
sospensivo di sessanta giorni
È nullo l’accertamento emesso prima di sessanta giorni della consegna del PVC,
anche se tale emissione avviene dopo la presentazione di osservazioni
da parte del contribuente. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con
la sentenza di ieri, 5 ottobre 2012, n. 16999.
Prosegue ormai da svariati anni la vexata quaestio sulla legittimità dell’accertamento cosiddetto anticipato, ovvero emesso prima del termine sospensivo di sessanta giorni dalla consegna del PVC su cui si fonda previsto dall’articolo 12, comma 7, dello Statuto del contribuente (L. 212/2000). Invero, la disposizione, come osservato in alcune pronunce della Suprema Corte, non reca alcuna sanzione di nullità espressa dell’atto nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria non rispetti l’anzidetta sospensione temporale (cfr. Cass. 19875/2008, nn. 3988 e 21103 del 2011). Pertanto, secondo tale filone giurisprudenziale, l’accertamento anticipato è comunque valido.
La giurisprudenza costituzionale, invece, ritiene sostanzialmente che l’atto impositivo emesso prima dello spirare del succitato termine sia nullo se non reca le argomentazioni in ordine ai requisiti previsti dalla disposizione statutaria de qua circa la “particolare e motivata urgenza” che ha determinato l’adozione del provvedimento antecedentemente allo spirare del termine sospensivo stabilito dallo Statuto. In sostanza, si tratterebbe di un difetto di motivazione, previsto e disciplinato in via generale per gli atti amministrativi dall’articolo 21-septies della L. 241/1990 e più specificamente in materia tributaria dagli articoli 42 del DPR 600/1973 e 56 del DPR 633/1972 (cfr. Corte Cost., sent. n. 244 del 2009). Alla luce di tale posizione assunta dalla Consulta, la Cassazione si è in parte conformata, stabilendo, con alcune successive pronunce, la nullità dell’avviso di accertamento anticipato (n. 22320/2010, 10381/2011 e 18966/2011).
La sentenza odierna dei Giudici del Palazzaccio, innestandosi nel filone giurisprudenziale delle pronunce da ultimo richiamate, rinvigorisce la posizione degli Ermellini a favore della nullità dell’avviso di accertamento anticipato, ma non solo. La decisione, infatti, aggiunge un quid pluris assai interessante, giacché, con essa, la Suprema Corte ha stabilito che la nullità dell’accertamento anticipato non “possa derogarsi nel caso che il contribuente presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dall’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, posto che ai sensi di tale disposizione, solo con lo spirare di detto termine, si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore”.
In sostanza, se il contribuente ha presentato le sue memorie difensive dieci giorni dopo la consegna del PVC, ben potrebbe dopo venti giorni presentarne di nuove, e così via fino allo spirare del termine sospensivo di sessanta giorni previsto dallo Statuto prima dell’emissione dell’atto impositivo: è questo il senso della sentenza odierna. Conseguentemente, l’Ufficio non può emettere l’avviso di accertamento prima dello spirare di tale termine, anche se il contribuente ha già presentato una volta le sue memorie.
Se si condivide la tesi fatta propria dalla Consulta e da una parte della Cassazione per cui l’accertamento anticipato è comunque nullo, non può che rilevarsi la correttezza del principio fissato dalla Suprema Corte, con la pronuncia in commento.
Vi è da ricordare, tuttavia, che un’altrettanto ampia parte della Cassazione condivide una posizione esattamente opposta a quella da ultimo illustrata: si tratta di quel filone giurisprudenziale di legittimità già sopra richiamato che, per vari motivi, tra cui l’assenza di una specifica sanzione di nullità, ritiene che l’accertamento anticipato sia sempre valido.
Stante il persistente contrasto tra le varie posizioni, si rende, quindi, sempre più necessaria l’attesa pronuncia a Sezioni Unite, a cui è stata demandata la questione (Cass. n. 7318/2012), al fine di porre un punto fisso alla dibattuta questione.
/ Alessandro BORGOGLIO
fonte:eutekne
Prosegue ormai da svariati anni la vexata quaestio sulla legittimità dell’accertamento cosiddetto anticipato, ovvero emesso prima del termine sospensivo di sessanta giorni dalla consegna del PVC su cui si fonda previsto dall’articolo 12, comma 7, dello Statuto del contribuente (L. 212/2000). Invero, la disposizione, come osservato in alcune pronunce della Suprema Corte, non reca alcuna sanzione di nullità espressa dell’atto nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria non rispetti l’anzidetta sospensione temporale (cfr. Cass. 19875/2008, nn. 3988 e 21103 del 2011). Pertanto, secondo tale filone giurisprudenziale, l’accertamento anticipato è comunque valido.
La giurisprudenza costituzionale, invece, ritiene sostanzialmente che l’atto impositivo emesso prima dello spirare del succitato termine sia nullo se non reca le argomentazioni in ordine ai requisiti previsti dalla disposizione statutaria de qua circa la “particolare e motivata urgenza” che ha determinato l’adozione del provvedimento antecedentemente allo spirare del termine sospensivo stabilito dallo Statuto. In sostanza, si tratterebbe di un difetto di motivazione, previsto e disciplinato in via generale per gli atti amministrativi dall’articolo 21-septies della L. 241/1990 e più specificamente in materia tributaria dagli articoli 42 del DPR 600/1973 e 56 del DPR 633/1972 (cfr. Corte Cost., sent. n. 244 del 2009). Alla luce di tale posizione assunta dalla Consulta, la Cassazione si è in parte conformata, stabilendo, con alcune successive pronunce, la nullità dell’avviso di accertamento anticipato (n. 22320/2010, 10381/2011 e 18966/2011).
La sentenza odierna dei Giudici del Palazzaccio, innestandosi nel filone giurisprudenziale delle pronunce da ultimo richiamate, rinvigorisce la posizione degli Ermellini a favore della nullità dell’avviso di accertamento anticipato, ma non solo. La decisione, infatti, aggiunge un quid pluris assai interessante, giacché, con essa, la Suprema Corte ha stabilito che la nullità dell’accertamento anticipato non “possa derogarsi nel caso che il contribuente presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dall’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, posto che ai sensi di tale disposizione, solo con lo spirare di detto termine, si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore”.
In sostanza, se il contribuente ha presentato le sue memorie difensive dieci giorni dopo la consegna del PVC, ben potrebbe dopo venti giorni presentarne di nuove, e così via fino allo spirare del termine sospensivo di sessanta giorni previsto dallo Statuto prima dell’emissione dell’atto impositivo: è questo il senso della sentenza odierna. Conseguentemente, l’Ufficio non può emettere l’avviso di accertamento prima dello spirare di tale termine, anche se il contribuente ha già presentato una volta le sue memorie.
Se si condivide la tesi fatta propria dalla Consulta e da una parte della Cassazione per cui l’accertamento anticipato è comunque nullo, non può che rilevarsi la correttezza del principio fissato dalla Suprema Corte, con la pronuncia in commento.
Vi è da ricordare, tuttavia, che un’altrettanto ampia parte della Cassazione condivide una posizione esattamente opposta a quella da ultimo illustrata: si tratta di quel filone giurisprudenziale di legittimità già sopra richiamato che, per vari motivi, tra cui l’assenza di una specifica sanzione di nullità, ritiene che l’accertamento anticipato sia sempre valido.
Sempre più necessaria la pronuncia a Sezioni Unite
Più
recentemente, i Giudici di Piazza Cavour hanno stabilito che
l’accertamento emesso prima del termine sospensivo di sessanta giorni è
valido se sono in scadenza i
termini per l’esercizio dell’attività accertatrice, e ciò anche se non è
stata indicata nell’atto tale ragione di “particolare e motivata
urgenza” per l’adozione del provvedimento, atteso che l’Ufficio deve
esplicitare esclusivamente le ragioni della pretesa tributaria ex articolo
7 dello Statuto. Il contribuente, poi, può dimostrare l’inesistenza di
tali ragioni di urgenza sia in sede amministrativa, attraverso
l’autotutela, che in sede contenziosa, con la proposizione del ricorso (cfr. Cass. n. 11944/2012).Stante il persistente contrasto tra le varie posizioni, si rende, quindi, sempre più necessaria l’attesa pronuncia a Sezioni Unite, a cui è stata demandata la questione (Cass. n. 7318/2012), al fine di porre un punto fisso alla dibattuta questione.
/ Alessandro BORGOGLIO
fonte:eutekne
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