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martedì 9 ottobre 2012

Accertamento Sui ricorsi contro gli interpelli, ancora qualche punto da chiarire

Accertamento

Sui ricorsi contro gli interpelli, ancora qualche punto da chiarire

I giudici non hanno espressamente affrontato gli effetti del mancato invio della domanda di interpello

/ Martedì 09 ottobre 2012
La sentenza n. 17010/2012 della Suprema Corte ha espressamente rivisto l’orientamento fatto proprio da Cass. n. 8663/2011: per questo motivo, ora, salvo ulteriori mutamenti di giurisprudenza, dovrebbe essere chiaro che la mancata impugnazione della risposta resa a seguito dell’interpello disapplicativo non causa limitazioni nell’oggetto della difesa nel ricorso contro il successivo avviso di accertamento (si veda “Sugli interpelli disapplicativi la Cassazione ci ripensa” del 6 ottobre scorso).
Rimangono, però, alcuni aspetti da chiarire.
Il primo aspetto concerne il legittimato passivo nelle impugnazioni contro le risposte della DRE, particolarmente sentito per le società di comodo: la giurisprudenza, infatti, si è divisa, affermando nel contempo che il ricorso va notificato alla Direzione provinciale di domicilio fiscale del contribuente e alla DRE.
Ora, comunque, l’eventuale errore è meno pericoloso, in quanto se il ricorso contro la risposta viene dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione passiva del resistente, comunque, quando arriva l’avviso di accertamento, non vi sono problemi nel contestare il merito della pretesa.
La seconda questione è, invece, molto più rilevante.
È possibile sostenere che la presentazione della domanda di interpello sia facoltativa, oppure, richiamando il “vecchio” orientamento dell’Agenzia delle Entrate, si può affermare che la mancata presentazione della domanda di interpello di fatto “cristallizza” la pretesa?
Sul punto, i giudici paiono aver toccato solo “di striscio” la problematica, per cui, allo stato attuale, non resta che limitarsi a brevi considerazioni, mettendo in evidenza la necessità che, in ogni caso, venga presentata la domanda di interpello, per evitare eccezioni di sorta.
Nel punto 4.4. della sentenza 17010, viene affermato che l’istanza è obbligatoria, ragion per cui alla stessa non si può attribuire carattere endoprocedimentale.
Meglio sempre inviare l’interpello
Essa è strumentale ad ottenere un atto amministrativo, “sia esso da intendere come una sorta di «autorizzazione alla disapplicazione» della specifica norma antielusiva in questione, sia, piuttosto, come sembra più corretto anche in base alla disciplina della materia, quale atto, esso stesso, di esercizio del potere di disapplicazione (che spetta all’amministrazione e non al contribuente)”.
Il potere di disapplicazione sembra venire demandato in esclusiva all’Agenzia delle Entrate, per cui si potrebbe sostenere che se il contribuente non invia la domanda, in sostanza autodisapplica la disciplina antielusiva, da qui l’impossibilità di difendersi nel merito contro il successivo accertamento.
Sarebbe corretta una tale forma di interpretazione? Si potrebbe anche sostenere di no, in quanto di fatto si condiziona l’ammissibilità del ricorso alla presentazione di una domanda amministrativa, l’interpello, ma sul punto è bene attendere il prossimo arresto giurisprudenziale.
 / Alfio CISSELLO
FONTE:EUTEKNE

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