IRAP
Delega al Governo sull’autonoma organizzazione IRAP
Con un emendamento approvato dalla
Commissione Finanze, si cerca di risolvere l’annosa questione
dell’autonoma organizzazione ai fini IRAP
Con un emendamento approvato dalla Commissione Finanze della
Camera – che ieri ha dato il via libera al Ddl. delega fiscale – il
Parlamento prova a mettere un punto fermo su una delle questioni
tributarie più dibattute negli ultimi anni, vale a dire il concetto di autonoma organizzazione ai fini dell’IRAP.
Nell’ambito della delega fiscale, viene infatti affidato al Governo il compito di definire l’autonoma organizzazione ai fini dell’assoggettabilità all’IRAP di professionisti e piccoli imprenditori.
Già nel mese di luglio, in risposta ad un’interrogazione parlamentare (6 giugno 2012 n. 5-07003), il Governo aveva annunciato la possibilità di interventi, posto che manca una norma che delimiti l’ambito dell’autonoma organizzazione e fissi quindi un criterio “legislativo” che ne indichi la presenza e, di conseguenza, l’obbligo di corrispondere l’IRAP.
La questione prende le mosse dalla sentenza 5 novembre 2004 n. 21203, con la quale la Cassazione si è pronunciata per la prima volta sulla questione dell’assoggettamento ad IRAP dei “piccoli” professionisti, confermando la pronuncia di secondo grado con la quale un ingegnere privo di autonoma organizzazione (es. mancanza di dipendenti e di capitali presi a mutuo, ecc.) era stato escluso dall’ambito applicativo del tributo.
Fino al 16 febbraio 2007, la citata pronuncia era rimasto l’unico intervento della Suprema Corte in materia in quanto, nell’attesa del giudizio di compatibilità dell’imposta con l’ordinamento comunitario (procedimento chiusosi – lo ricordiamo – con la sentenza della Corte di Giustizia UE 3 ottobre 2006 causa C-475/03, che ha dichiarato l’IRAP pienamente legittima), le cause relative all’assoggettamento ad IRAP dei “piccoli” professionisti erano state sospese.
Con numerose sentenze rese a partire dal 2007, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, affermando che l’IRAP assoggetta ad imposizione una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista, quando il reddito complessivo scaturisce dalla parte aggiuntiva di profitto che deriva dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto.
In particolare, affinché esista un’attività autonomamente organizzata, occorre che il contribuente, nello stesso tempo:
- sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
- si avvalga, in modo non occasionale, di lavoro altrui oppure impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione.
Per quanto sopra, è ragionevole affermare che il lavoratore autonomo non è soggetto ad IRAP se, ad esempio:
- opera all’interno di strutture professionali organizzate e gestite da terzi e non possiede altrimenti una propria organizzazione;
- ovvero è privo di dipendenti o collaboratori stabili e utilizza beni strumentali limitati (quali telefono, automezzo, personal computer).
Ricordiamo inoltre che, ai fini della configurabilità, o meno, di un’autonoma organizzazione, secondo la Cassazione nessun rilievo assumono:
- l’entità dei compensi percepiti;
- il possesso di una clientela propria;
- l’insostituibilità dell’apporto del titolare per ragioni giuridiche (come nell’ipotesi dell’esercizio di professioni protette) o perché la clientela si rivolge alla struttura in considerazione delle particolari capacità di quest’ultimo;
- la capacità di ottenere credito;
- l’elevata specializzazione e l’età avanzata.
Tali principi sono poi stati estesi dalla stessa giurisprudenza della Cassazione anche ai piccoli imprenditori, al fine di garantire una parità di trattamento imposta dalla ratio del tributo.
L’Agenzia delle Entrate, alla luce dell’orientamento espresso dalla Cassazione, con le circolari n. 45/2008 e n. 28/2010, ha evidenziato la sussistenza di autonoma organizzazione quando ricorra almeno uno dei seguenti presupposti:
- impiego in modo non occasionale di lavoro altrui (non rilevando le prestazioni fornite da terzi per attività estranee a quelle professionali o quelle dei tirocinanti che hanno scopo prettamente formativo);
- utilizzo di beni strumentali eccedenti, per quantità e valore, le necessità minime per l’esercizio dell’attività, anche se forniti da terzi a qualunque titolo.
Luca FORNERO
fonte:eutekne
Nell’ambito della delega fiscale, viene infatti affidato al Governo il compito di definire l’autonoma organizzazione ai fini dell’assoggettabilità all’IRAP di professionisti e piccoli imprenditori.
Già nel mese di luglio, in risposta ad un’interrogazione parlamentare (6 giugno 2012 n. 5-07003), il Governo aveva annunciato la possibilità di interventi, posto che manca una norma che delimiti l’ambito dell’autonoma organizzazione e fissi quindi un criterio “legislativo” che ne indichi la presenza e, di conseguenza, l’obbligo di corrispondere l’IRAP.
La questione prende le mosse dalla sentenza 5 novembre 2004 n. 21203, con la quale la Cassazione si è pronunciata per la prima volta sulla questione dell’assoggettamento ad IRAP dei “piccoli” professionisti, confermando la pronuncia di secondo grado con la quale un ingegnere privo di autonoma organizzazione (es. mancanza di dipendenti e di capitali presi a mutuo, ecc.) era stato escluso dall’ambito applicativo del tributo.
Fino al 16 febbraio 2007, la citata pronuncia era rimasto l’unico intervento della Suprema Corte in materia in quanto, nell’attesa del giudizio di compatibilità dell’imposta con l’ordinamento comunitario (procedimento chiusosi – lo ricordiamo – con la sentenza della Corte di Giustizia UE 3 ottobre 2006 causa C-475/03, che ha dichiarato l’IRAP pienamente legittima), le cause relative all’assoggettamento ad IRAP dei “piccoli” professionisti erano state sospese.
Con numerose sentenze rese a partire dal 2007, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, affermando che l’IRAP assoggetta ad imposizione una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista, quando il reddito complessivo scaturisce dalla parte aggiuntiva di profitto che deriva dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto.
In particolare, affinché esista un’attività autonomamente organizzata, occorre che il contribuente, nello stesso tempo:
- sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
- si avvalga, in modo non occasionale, di lavoro altrui oppure impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione.
Per quanto sopra, è ragionevole affermare che il lavoratore autonomo non è soggetto ad IRAP se, ad esempio:
- opera all’interno di strutture professionali organizzate e gestite da terzi e non possiede altrimenti una propria organizzazione;
- ovvero è privo di dipendenti o collaboratori stabili e utilizza beni strumentali limitati (quali telefono, automezzo, personal computer).
Ricordiamo inoltre che, ai fini della configurabilità, o meno, di un’autonoma organizzazione, secondo la Cassazione nessun rilievo assumono:
- l’entità dei compensi percepiti;
- il possesso di una clientela propria;
- l’insostituibilità dell’apporto del titolare per ragioni giuridiche (come nell’ipotesi dell’esercizio di professioni protette) o perché la clientela si rivolge alla struttura in considerazione delle particolari capacità di quest’ultimo;
- la capacità di ottenere credito;
- l’elevata specializzazione e l’età avanzata.
Tali principi sono poi stati estesi dalla stessa giurisprudenza della Cassazione anche ai piccoli imprenditori, al fine di garantire una parità di trattamento imposta dalla ratio del tributo.
L’Agenzia delle Entrate, alla luce dell’orientamento espresso dalla Cassazione, con le circolari n. 45/2008 e n. 28/2010, ha evidenziato la sussistenza di autonoma organizzazione quando ricorra almeno uno dei seguenti presupposti:
- impiego in modo non occasionale di lavoro altrui (non rilevando le prestazioni fornite da terzi per attività estranee a quelle professionali o quelle dei tirocinanti che hanno scopo prettamente formativo);
- utilizzo di beni strumentali eccedenti, per quantità e valore, le necessità minime per l’esercizio dell’attività, anche se forniti da terzi a qualunque titolo.
Luca FORNERO
fonte:eutekne
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