Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

sabato 27 ottobre 2012

Prima casa: se l’immobile è di lusso, il Fisco recupera l’IVA dall’acquirente

Prima casa

Prima casa: se l’immobile è di lusso, il Fisco recupera l’IVA dall’acquirente

La Corte di Cassazione chiarisce che la norma speciale prevista per la decadenza dall’agevolazione prima casa deroga alla disciplina ordinaria

/ Sabato 27 ottobre 2012
Se l’immobile acquistato con l’agevolazione “prima casa” ha, in realtà, le caratteristiche “di lusso” che impediscono l’accesso al regime agevolato, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate recupera direttamente in capo all’acquirente la maggiore IVA dovuta e la sanzione del 30%.
Questo è uno dei chiarimenti forniti dalla Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 18378, depositata ieri.
Questi i fatti che hanno dato luogo al contenzioso: all’atto di vendita di un’abitazione veniva applicata l’IVA al 4%, richiedendo l’agevolazione “prima casa”. Tuttavia, avendo accertato che l’immobile ceduto aveva, in realtà, le caratteristiche che consentono di qualificarlo “di lusso” (cfr. il DM 2 agosto 1969), l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate emetteva avviso di liquidazione nei confronti degli acquirenti, revocando l’agevolazione. Gli acquirenti, tuttavia, impugnavano l’avviso ritenendo che il recupero dell’IVA con l’aliquota ordinaria (anziché quella agevolata del 4%) dovesse avvenire in capo al venditore e non in capo a loro acquirenti.
La Corte di Cassazione non condivide le loro doglianze e, con l’ordinanza in commento, rigetta il ricorso condannando i ricorrenti alle spese.
In particolare, la Corte di Cassazione ritiene che il comma 4 della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, preveda una speciale disciplina per il caso di decadenza dall’agevolazione prima casa, che fa eccezione alla regola generale secondo cui l’unico soggetto passivo IVA è il cedente-prestatore. Tale norma, infatti, dispone che, in caso di false dichiarazioni rese in atto (dall’acquirente) in relazione alla sussistenza delle condizioni per l’applicazione dell’agevolazione prima casa (nonché in caso di decadenza dal beneficio per trasferimento dell’immobile agevolato nel quinquennio dall’acquisto), l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate recupera “nei confronti degli acquirenti” (e non dei venditori) la maggiore IVA e la sanzione amministrativa del 30%. Tale norma, pertanto, vuole escludere di attribuire al venditore la responsabilità per la corretta applicazione dell’IVA, ove la determinazione dell’aliquota agevolata dipenda esclusivamente dalle dichiarazioni rese dall’acquirente e il venditore non abbia alcun potere di contrastare la volontà dell’acquirente, né di verificare la sussistenza delle condizioni.
L’acquirente dichiara la presenza delle condizioni
Pertanto, continua la Corte, non sussiste alcun contrasto giurisprudenziale (come, invece, sostenuto dai ricorrenti, che chiedevano altresì la rimessione alle Sezioni Unite) tra le sentenze (cfr. Cass. 2 marzo 2012 n. 3291) che – peraltro in tutt’altra materia (appalto) – affermano la responsabilità esclusiva in capo al prestatore per l’erronea applicazione dell’aliquota IVA ridotta e quelle (cfr. Cass. 28 giugno 2012 n. 10807) che, invece, affermano, in relazione specificamente alla mancata sussistenza delle condizioni per l’applicazione dell’agevolazione prima casa al trasferimento immobiliare, l’esclusiva responsabilità dell’acquirente per il pagamento della maggiore IVA e delle sanzioni. Infatti, queste sentenze fanno riferimento a discipline diverse, tra loro compatibili: la disciplina dell’agevolazione prima casa configura una disciplina speciale, improntata ad evitare il proliferare, in sede di stipula degli atti immobiliari, di dichiarazioni mendaci (che deriverebbe dalla “dissociazione” tra il soggetto che dichiara il falso e il soggetto che subisce le conseguenze della decadenza dall’agevolazione).
D’altro canto, aggiunge la Corte, la giurisprudenza sembra orientata a riconoscere natura sanzionatoria all’ammontare totale della somma dovuta a norma del comma 4 della Nota II-bis, in caso di decadenza dall’agevolazione prima casa per gli atti soggetti ad IVA.
Infine, la Corte non condivide neppure l’ulteriore censura dei ricorrenti, secondo i quali la norma dettata dal citato comma 4 possa venire in gioco solo nel caso in cui l’acquirente renda in atto dichiarazioni mendaci relativamente a condizioni soggettive (come, ad esempio, quella relativa alla mancata titolarità di altre abitazioni acquistate con l’agevolazione “prima casa”), ma non possa trovare applicazione nel caso in cui l’acquirente abbia reso dichiarazioni false su condizioni oggettive (come la classificazione catastale dell’immobile). Infatti, secondo la Corte, il riferimento normativo alle “dichiarazioni mendaci” concerne qualsiasi richiesta di fruizione del beneficio in difetto delle condizioni richieste dalla legge, soggettive o oggettive che siano.
 / Anita MAURO

Nessun commento:

Posta un commento