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domenica 14 ottobre 2012

imposta di registro La Cassazione spiega la gerarchia delle interpretazioni delle norme

imposta di registro

La Cassazione spiega la gerarchia delle interpretazioni delle norme

Affrontato il rapporto tra interpretazioni aventi ad oggetto norme di carattere generale ed interpretazioni riguardanti norme di carattere speciale

/ Sabato 13 ottobre 2012
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17584 depositata ieri, partendo da una questione interpretativa relativa alla corretta applicazione dell’imposta di registro, affronta il rapporto esistente tra interpretazioni aventi ad oggetto norme di carattere generale ed interpretazioni riguardanti, invece, norme di carattere speciale.
Il caso di specie riguarda la tassazione degli atti dell’autorità giudiziaria, disciplinata dall’art. 8 della Tariffa Parte Prima allegata al DPR 131/1986.
Le categorie degli atti giurisdizionali vengono tassate non in relazione alla forma del provvedimento, ma con riferimento al carattere decisorio dello stesso (se a titolo definitivo oppure no) e con riferimento esclusivamente alla natura degli effetti giuridici prodotti in relazione all’oggetto del giudizio.
Nello specifico, i provvedimenti vengono distinti in quattro categorie. La prima riguarda i provvedimenti con effetti traslativi o costitutivi di diritti reali (lettera a), mentre la seconda si riferisce a quelli con effetti obbligatori derivanti dalla condanna a prestazioni di natura patrimoniale (lettera b). La terza comprende i provvedimenti con effetti di mero accertamento di diritti patrimoniali (lettera c) e l’ultima tutti gli altri provvedimenti comportanti qualsiasi tipo di effetti, purché non aventi ad oggetto diritti di natura patrimoniale (lettera d).
La norma di legge individua poi, nel medesimo articolo, alcune ipotesi particolari, puntualmente individuate.
La prima riguarda i provvedimenti diretti all’eliminazione di un atto ovvero alla risoluzione del vincolo negoziale (lettera e), la seconda invece comprende i provvedimenti diretti ad incidere sul vincolo di coniugio (lettera f) e, infine, l’ultima ricomprende i provvedimenti di omologazione (lettera g).
I rapporti tra norme generali e norme speciali sono chiaramente disciplinati dall’art. 14 disp. prel. c.c., secondo cui “le leggi [...] che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati”.
La stessa Cassazione, in ultimo nelle sentenze n. 14812 del 5 luglio 2011 e n. 5394 del 2010, ha chiarito che le norme speciali non possono essere riconosciute oltre i limiti espressamente previsti, stante la natura eccezionale, non suscettibile di interpretazione analogica né estensiva, delle norme recanti tali previsioni.
Il ricorrente contesta l’assoggettamento della fattispecie alla lettera a) del citato articolo 8 (norma generale), ritenendo invece applicabile la norma speciale prevista dalla lettera e), citando, a sostegno della propria tesi, giurisprudenza riconducibile per analogia a tale fattispecie.
La Corte, al riguardo, ha chiarito che il rapporto di specialità che sussiste tra le categorie “generali” e quelle “speciali” delle leggi fa sì che le pronunce giurisdizionali diverse da quelle espressamente disciplinate nelle categorie “speciali” vengano per necessità logica ad essere attratte nella disciplina prevista per le categorie generali. La pronuncia prosegue precisando che una sentenza riguardante una determinata fattispecie non può essere ricondotta ad una fattispecie diversa “speciale”, non tanto perché la disposizione viene considerata di “stretta interpretazione” e non consente l’integrazione analogica, ma perché tale pronuncia, non contemplata dalla disposizione speciale, viene necessariamente a ricadere nella categoria generale.
Per ritornare alla questione del contendere, la sentenza conferma l’operato dell’Agenzia delle Entrate, che aveva tassato con l’aliquota del 3% (di cui all’art. 8 lettera a) della Tariffa Parte Prima allegata al DPR 131/86) la sentenza di condanna di una banca alla restituzione delle somme accreditate su un conto corrente di una società fallita, cassando la tesi dei ricorrenti che chiedevano, invece, l’assoggettamento ad imposta fissa previsto alla lettera e) del medesimo articolo.
 / Stefano SPINA
fonte:eutekne

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