Il reclamo e la mediazione tributaria
07 agosto 2012
Dall’1° di aprile 2012 è cambiata radicalmente la procedura con la quale, i professionisti, i difensori tributari, erano abituati a gestire il contenzioso, essendo entrato in vigore il nuovo strumento di accordo con il fisco. Infatti, questo nuovo strumento deflattivo, ha portato con sé non pochi problemi operativi, diventando, di fatto, un’insidia sul percorso della difesa dei contribuenti, poiché è stato modificato il rito tributario nel suo impianto originario.
Al fine di agevolare il lavoro dei professionisti, affronteremo il nuovo istituto step dopo step, per non perderci nel nuovo labirinto fiscale. Innanzitutto il professionista che riceve un atto da un cliente, deve verificare se l’atto è “reclamabile”, poiché da ciò deriva l’obbligo di attivare la procedura di reclamo, a pena d’inammissibilità del successivo ricorso, inammissibilità rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, perché il reclamo riguarda solo gli atti emessi dall’Agenzia delle entrate, uno dei tanti attori del processo tributario.
Il vero problema, fino a oggi, è stato quello di individuare esattamente gli atti “reclamabili” e quelli “non reclamabili”, perché una scelta sbagliata pregiudica irrimediabilmente l’esito del contenzioso, quindi una volta verificato che l’atto è stato emesso dall’Agenzia delle Entrate, c’è la necessità di verificare la natura dello stesso, sono soggetti a reclamo: l’avviso di accertamento, l’avviso di liquidazione, il provvedimento d’irrogazione sanzioni, il ruolo, il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, le sanzioni, gli interessi, la revoca o il diniego delle agevolazioni, il quale se non prevede il recupero delle imposte sarà soggetto a ricorso, attenzione perché in questo caso se si procede con un reclamo, lo stesso è improcedibile, perché andava presentato il ricorso e intanto è spirato il termine, mentre se con atto separato l’Agenzia recupera le imposte, lo stesso è soggetto a reclamo, il rigetto della domanda di definizione, etc.; per il diniego o la revoca delle agevolazioni, sempreché si possa individuare il valore della lite, perché se sono di valore indeterminabile, non sono soggette a reclamo, così come non sono soggette a reclamo tutte le altre controversie di valore indeterminabile, per esempio il diniego d’iscrizione all’anagrafe delle Onlus, emesso dalla Direzione regionale delle entrate, il diniego delle agevolazioni senza quantificazione dell’imposta.
Una volta verificata la natura dell’atto, bisogna passare al secondo step, in altre parole verificare l’importo dell’atto, perché il reclamo è previsto solo per le liti di valore inferiore a 20.000 euro, solo per imposte, esclusi interessi e sanzioni, non rilevano i contributi. Il secondo step consiste quindi, nel calcolare il valore della lite, e qui va posta particolare attenzione perché se il contribuente ci ha consegnato un avviso di accertamento ed erroneamente presentiamo ricorso avverso un atto d’importo totale pari a 38.000 euro, e non facciamo caso che le imposte richieste ammontano a 19.000 euro, il ricorso è inammissibile.
Problema a parte è dato dal discorso dei ricorsi cumulativi, il cui valore va determinato con riferimento a ciascun atto impugnato, è possibile fare un ricorso cumulativo, un unico ricorso avverso più avvisi di accertamento, ma se impugno più atti a es. uno di 19.000 euro e, altri due da 30.000 euro di valore, e presento un ricorso cumulativo, il ricorso cumulativo è attratto nella sfera del reclamo, quindi bisogna presentare il reclamo con eventuale mediazione e attendere i termini previsti dalla procedura; altra possibilità è data dal presentare ricorsi separati, in altre parole presentare il reclamo e l’eventuale mediazione per l’atto d’importo pari a 19.000 euro, e il ricorso per gli altri due atti.
Discorso a parte merita l'avviso di rettifica delle perdite, per le quali rilevano le imposte virtuali, un avviso di accertamento può anche non contenere una richiesta d’imposte, ma sulla minor perdita che posso riportare negli anni successivi, bisogna calcolare la cosiddetta imposta virtuale, e verificare se l’atto rientra in quelli “reclamabili”.
Il vero problema fino a oggi sono state le cartelle di pagamento, relative alla liquidazione formale della dichiarazione (trentasei bis, trentasei ter) poiché il professionista si può trovare in una situazione in cui può contestare l’atto, sia sotto il profilo della liquidazione della dichiarazione, avendo come controparte l’Agenzia delle entrate, sia sotto il profilo formale, per vizi che attengono l’Agente per la riscossione, per inesistenza ad esempio del procedimento di notificazione della cartella esattoriale, per una notifica della cartella di pagamento eccessivamente tardiva rispetto alla consegna del ruolo, quindi se il professionista rileva vizi che attengono sia l’Agenzia sia l’Agente, può scegliere il ricorso verso l’Agente della riscossione e la mediazione con l’Agenzia, oppure si scegliere impugnare entrambi, e in questo caso si predisporrà il ricorso con annesso reclamo, notificandolo a entrambi, nel frattempo il termine per l’iscrizione a ruolo della causa verso l’Agente della riscossione è sospeso, di fatto, perché bisogna aspettare il termine per la mediazione, quindi se un atto contiene sia l’uno sia l’altro, si deve seguire l’iter della mediazione.
Inoltre, nel reclamo non è previsto il litisconsorzio necessario, quindi negli accertamenti società/soci tutti sono autonomi, e indipendenti, quindi nella procedura del reclamo ognuno può andare per la sua strada, la società può definire e il socio no, ognuno decide se accettare o no il risultato della procedura di reclamo. In definitiva, se l’atto è reclamabile, occorre presentare il reclamo, se non è reclamabile, non è possibile presentare reclamo, sulla scorta di ciò, occorre impostare correttamente le proprie strategie difensive.
MEDIAZIONE TRIBUTARIA: Chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate (circolare n. 33 del 03.08.2012)
( http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/9777e5804c36fb518667a6ce312dbf81/circolare+33e+_2_.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=9777e5804c36fb518667a6ce312dbf81 )
L'Agenzia delle Entrate, con circolare n. 33 del 3 agosto 2012, ha fornito ulteriori chiarimenti in materia di mediazione tributaria in risposta ad alcuni quesiti recentemente pervenuti alla stessa.
Questi gli argomenti trattati:
1) PROVVEDIMENTI DI IRROGAZIONE DELLE SANZIONI
Applicabilità della mediazione a provvedimenti concernenti esclusivamente le sanzioni
Sanzioni in materia di trasmissione telematica delle dichiarazioni
Sanzione per mancata emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale
Provvedimenti di irrogazione sanzioni per omessi o tardivi versamenti a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione
2) RAPPORTI INTERCORRENTI TRA LA MEDIAZIONE TRIBUTARIA E LA DEFINIZIONE AGEVOLATA DI CUI ALL’ARTICOLO 16, COMMA 3, E ALL’ARTICOLO 17, COMMA 2, DEL D.LGS. N. 472 DEL 1997
3) RIDUZIONE DELLE SANZIONI IN CASO DI MEDIAZIONE
Proposta di mediazione confermativa della pretesa tributaria
Tassatività della riduzione al 40 per cento
Modalità di applicazione della riduzione al 40 per cento
Cumulo giuridico
4) MEDIAZIONE TRIBUTARIA E ACQUIESCENZA
5) AUTOTUTELA PARZIALE
Autotutela intervenuta prima dell’impugnazione avverso atto di valore superiore a 20.000 euro
Autotutela intervenuta dopo l’impugnazione avverso atto di valore superiore a 20.000 euro
6) DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA CONTROVERSIA IN CASO DI ACCERTAMENTO NEI CONFRONTI DEI SOGGETTI ADERENTI AL CONSOLIDATO NAZIONALE
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Dall’1° di aprile 2012 è cambiata radicalmente la procedura con la quale, i professionisti, i difensori tributari, erano abituati a gestire il contenzioso, essendo entrato in vigore il nuovo strumento di accordo con il fisco. Infatti, questo nuovo strumento deflattivo, ha portato con sé non pochi problemi operativi, diventando, di fatto, un’insidia sul percorso della difesa dei contribuenti, poiché è stato modificato il rito tributario nel suo impianto originario.
Al fine di agevolare il lavoro dei professionisti, affronteremo il nuovo istituto step dopo step, per non perderci nel nuovo labirinto fiscale. Innanzitutto il professionista che riceve un atto da un cliente, deve verificare se l’atto è “reclamabile”, poiché da ciò deriva l’obbligo di attivare la procedura di reclamo, a pena d’inammissibilità del successivo ricorso, inammissibilità rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, perché il reclamo riguarda solo gli atti emessi dall’Agenzia delle entrate, uno dei tanti attori del processo tributario.
Il vero problema, fino a oggi, è stato quello di individuare esattamente gli atti “reclamabili” e quelli “non reclamabili”, perché una scelta sbagliata pregiudica irrimediabilmente l’esito del contenzioso, quindi una volta verificato che l’atto è stato emesso dall’Agenzia delle Entrate, c’è la necessità di verificare la natura dello stesso, sono soggetti a reclamo: l’avviso di accertamento, l’avviso di liquidazione, il provvedimento d’irrogazione sanzioni, il ruolo, il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, le sanzioni, gli interessi, la revoca o il diniego delle agevolazioni, il quale se non prevede il recupero delle imposte sarà soggetto a ricorso, attenzione perché in questo caso se si procede con un reclamo, lo stesso è improcedibile, perché andava presentato il ricorso e intanto è spirato il termine, mentre se con atto separato l’Agenzia recupera le imposte, lo stesso è soggetto a reclamo, il rigetto della domanda di definizione, etc.; per il diniego o la revoca delle agevolazioni, sempreché si possa individuare il valore della lite, perché se sono di valore indeterminabile, non sono soggette a reclamo, così come non sono soggette a reclamo tutte le altre controversie di valore indeterminabile, per esempio il diniego d’iscrizione all’anagrafe delle Onlus, emesso dalla Direzione regionale delle entrate, il diniego delle agevolazioni senza quantificazione dell’imposta.
Una volta verificata la natura dell’atto, bisogna passare al secondo step, in altre parole verificare l’importo dell’atto, perché il reclamo è previsto solo per le liti di valore inferiore a 20.000 euro, solo per imposte, esclusi interessi e sanzioni, non rilevano i contributi. Il secondo step consiste quindi, nel calcolare il valore della lite, e qui va posta particolare attenzione perché se il contribuente ci ha consegnato un avviso di accertamento ed erroneamente presentiamo ricorso avverso un atto d’importo totale pari a 38.000 euro, e non facciamo caso che le imposte richieste ammontano a 19.000 euro, il ricorso è inammissibile.
Problema a parte è dato dal discorso dei ricorsi cumulativi, il cui valore va determinato con riferimento a ciascun atto impugnato, è possibile fare un ricorso cumulativo, un unico ricorso avverso più avvisi di accertamento, ma se impugno più atti a es. uno di 19.000 euro e, altri due da 30.000 euro di valore, e presento un ricorso cumulativo, il ricorso cumulativo è attratto nella sfera del reclamo, quindi bisogna presentare il reclamo con eventuale mediazione e attendere i termini previsti dalla procedura; altra possibilità è data dal presentare ricorsi separati, in altre parole presentare il reclamo e l’eventuale mediazione per l’atto d’importo pari a 19.000 euro, e il ricorso per gli altri due atti.
Discorso a parte merita l'avviso di rettifica delle perdite, per le quali rilevano le imposte virtuali, un avviso di accertamento può anche non contenere una richiesta d’imposte, ma sulla minor perdita che posso riportare negli anni successivi, bisogna calcolare la cosiddetta imposta virtuale, e verificare se l’atto rientra in quelli “reclamabili”.
Il vero problema fino a oggi sono state le cartelle di pagamento, relative alla liquidazione formale della dichiarazione (trentasei bis, trentasei ter) poiché il professionista si può trovare in una situazione in cui può contestare l’atto, sia sotto il profilo della liquidazione della dichiarazione, avendo come controparte l’Agenzia delle entrate, sia sotto il profilo formale, per vizi che attengono l’Agente per la riscossione, per inesistenza ad esempio del procedimento di notificazione della cartella esattoriale, per una notifica della cartella di pagamento eccessivamente tardiva rispetto alla consegna del ruolo, quindi se il professionista rileva vizi che attengono sia l’Agenzia sia l’Agente, può scegliere il ricorso verso l’Agente della riscossione e la mediazione con l’Agenzia, oppure si scegliere impugnare entrambi, e in questo caso si predisporrà il ricorso con annesso reclamo, notificandolo a entrambi, nel frattempo il termine per l’iscrizione a ruolo della causa verso l’Agente della riscossione è sospeso, di fatto, perché bisogna aspettare il termine per la mediazione, quindi se un atto contiene sia l’uno sia l’altro, si deve seguire l’iter della mediazione.
Inoltre, nel reclamo non è previsto il litisconsorzio necessario, quindi negli accertamenti società/soci tutti sono autonomi, e indipendenti, quindi nella procedura del reclamo ognuno può andare per la sua strada, la società può definire e il socio no, ognuno decide se accettare o no il risultato della procedura di reclamo. In definitiva, se l’atto è reclamabile, occorre presentare il reclamo, se non è reclamabile, non è possibile presentare reclamo, sulla scorta di ciò, occorre impostare correttamente le proprie strategie difensive.
A CURA DELLA REDAZIONE DI LEX24
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