La Commissione Finanze boccia i tagli su oneri deducibili e detraibili
26 ottobre 2012
Non
c’è tregua per il Ddl. di stabilità approvato dal Governo. Il mix di
misure fiscali del provvedimento, in particolare per ciò che concerne IRPEF e IVA,
non convince la Commissione Finanze della Camera che, ieri, ha
approvato una relazione contenente una serie di osservazioni e di
condizioni per poter riferire favorevolmente.
Innanzitutto, la Commissione evidenzia che le misure di riduzione dell’IRPEF per i primi due scaglioni di reddito risultano formulate in termini a volte eccessivamente drastici e che l’effettiva riduzione dell’imposizione sui singoli contribuenti risulta modesta, anche perché, alla riduzione delle aliquote, è stata collegata, per esigenze di copertura finanziaria, una forte riduzione delle possibilità di detrazione e deduzione di spese e oneri, che introducono, per i contribuenti con reddito superiore a 15.000 euro, una franchigia di 250 euro alle spese e, per gli oneri detraibili di cui all’art. 15 del TUIR, anche un limite complessivo di 3.000 euro di detrazioni per ciascun periodo d’imposta, dal quale sono escluse solo le detrazioni spettanti per le spese sanitarie. Inoltre – si legge nella relazione – l’impatto congiunturale complessivo di tali misure è difficilmente quantificabile e la previsione di retroattività, in deroga allo Statuto del contribuente, delle modifiche ai regimi di detrazione e deduzione finisce per raddoppiare l’effetto d’inasprimento.
Per la Commissione, dunque, a tali problematiche si potrebbe ovviare o ripristinando l’iniziale impostazione di destinare tutte le risorse disponibili alla sterilizzazione dell’incremento delle aliquote IVA, o correggendo le misure sull’IRPEF modulando meglio la combinazione con gli interventi in materia d’imposta sul valore aggiunto, ad es. intervenendo solo sull’aliquota relativa al primo scaglione di reddito, eliminando la retroattività delle restrizioni per detrazioni e deduzioni, operando un intervento più selettivo sulle detrazioni attraverso lo strumento della delega che il Ddl. per la riforma fiscale attribuisce al Governo per la revisione complessiva delle tax expenditures e affrontando il problema dei contribuenti incapienti.
Sulla base di tali premesse, le condizioni per una delibera a favore del Ddl. di stabilità sono:
- sopprimere le norme, riguardanti la modifica dei regimi di deducibilità e detraibilità degli oneri di cui agli artt. 10 e 15 del TUIR che, in deroga allo Statuto del contribuente, il provvedimento applicherebbe dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, perché tale previsione viola il principio di irretroattività delle norme tributarie e si pone in contrasto con l’esigenza di tutelare l’affidamento e la buona fede del contribuente;
- in relazione all’art. 12, comma 30 del Ddl., che abroga il regime tributario agevolato previsto in favore delle società agricole dall’arti. 1, commi 1093 e 1094 della L. n. 296/2006 e stabilisce che le opzioni per l’applicazione del predetto regime già esercitate perdano efficacia dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, ancora in deroga allo Statuto, si provveda a eliminare la previsione di retroattività che potrebbe avere gravi effetti su un settore già provato dalla crisi economica e dalla concorrenza internazionale e sul quale incidono anche le previsioni recate dal comma 29 sulla rivalutazione dei redditi dominicali e agrario e del valore catastale dei terreni agricoli.
Nella sua relazione, la Commissione ha poi elencato una serie di osservazioni, sottolineando, in primo luogo, la necessità di adottare tutte le misure utili a scongiurare la prospettiva d’incrementare ancora le aliquote IVA, date le conseguenze negative che potrebbero avere sulle già deboli aspettative di ripresa dell’economia italiana.
In generale, quindi, si rileva la necessità di verificare se l’insieme delle norme dell’art. 12 del Ddl. è sufficiente ad avviare un processo, ancorché progressivo, di riduzione della pressione fiscale su redditi da lavoro e attività imprenditoriali.
In particolare, in ambito IRPEF, secondo la Commissione, le norme relative alla franchigia di 250 euro e al tetto massimo di 3.000 euro, così come formulate, rischiano di dar luogo a incertezze sulla loro effettiva applicabilità, rischiando quindi l’emergere di contenziosi.
Oltre, poi, all’opportunità di specificare, almeno in linea di principio, le caratteristiche essenziali dell’agevolazione per l’incremento della produttività del lavoro, si richiede di eliminare l’IVA al 10% per le prestazioni di assistenza e sicurezza sociale rese dalle cooperative sociali e dai loro consorzi in esecuzione di contratto d’appalto e di convenzioni, perché potrebbe avere ricadute negative sull’erogazione dei servizi.
Infine, sulla “Tobin tax”, la Commissione osserva che si dovrebbe distinguere, a parità di gettito, l’aliquota d’imposta applicabile alle transazioni relative ad azioni e quella per gli strumenti derivati e differenziare, nella categoria degli strumenti finanziari derivati, tra quelli stipulati per finalità solo speculative e quelli il cui uso è direttamente connesso all’operatività di soggetti imprenditoriali.
Innanzitutto, la Commissione evidenzia che le misure di riduzione dell’IRPEF per i primi due scaglioni di reddito risultano formulate in termini a volte eccessivamente drastici e che l’effettiva riduzione dell’imposizione sui singoli contribuenti risulta modesta, anche perché, alla riduzione delle aliquote, è stata collegata, per esigenze di copertura finanziaria, una forte riduzione delle possibilità di detrazione e deduzione di spese e oneri, che introducono, per i contribuenti con reddito superiore a 15.000 euro, una franchigia di 250 euro alle spese e, per gli oneri detraibili di cui all’art. 15 del TUIR, anche un limite complessivo di 3.000 euro di detrazioni per ciascun periodo d’imposta, dal quale sono escluse solo le detrazioni spettanti per le spese sanitarie. Inoltre – si legge nella relazione – l’impatto congiunturale complessivo di tali misure è difficilmente quantificabile e la previsione di retroattività, in deroga allo Statuto del contribuente, delle modifiche ai regimi di detrazione e deduzione finisce per raddoppiare l’effetto d’inasprimento.
Per la Commissione, dunque, a tali problematiche si potrebbe ovviare o ripristinando l’iniziale impostazione di destinare tutte le risorse disponibili alla sterilizzazione dell’incremento delle aliquote IVA, o correggendo le misure sull’IRPEF modulando meglio la combinazione con gli interventi in materia d’imposta sul valore aggiunto, ad es. intervenendo solo sull’aliquota relativa al primo scaglione di reddito, eliminando la retroattività delle restrizioni per detrazioni e deduzioni, operando un intervento più selettivo sulle detrazioni attraverso lo strumento della delega che il Ddl. per la riforma fiscale attribuisce al Governo per la revisione complessiva delle tax expenditures e affrontando il problema dei contribuenti incapienti.
Sulla base di tali premesse, le condizioni per una delibera a favore del Ddl. di stabilità sono:
- sopprimere le norme, riguardanti la modifica dei regimi di deducibilità e detraibilità degli oneri di cui agli artt. 10 e 15 del TUIR che, in deroga allo Statuto del contribuente, il provvedimento applicherebbe dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, perché tale previsione viola il principio di irretroattività delle norme tributarie e si pone in contrasto con l’esigenza di tutelare l’affidamento e la buona fede del contribuente;
- in relazione all’art. 12, comma 30 del Ddl., che abroga il regime tributario agevolato previsto in favore delle società agricole dall’arti. 1, commi 1093 e 1094 della L. n. 296/2006 e stabilisce che le opzioni per l’applicazione del predetto regime già esercitate perdano efficacia dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, ancora in deroga allo Statuto, si provveda a eliminare la previsione di retroattività che potrebbe avere gravi effetti su un settore già provato dalla crisi economica e dalla concorrenza internazionale e sul quale incidono anche le previsioni recate dal comma 29 sulla rivalutazione dei redditi dominicali e agrario e del valore catastale dei terreni agricoli.
Nella sua relazione, la Commissione ha poi elencato una serie di osservazioni, sottolineando, in primo luogo, la necessità di adottare tutte le misure utili a scongiurare la prospettiva d’incrementare ancora le aliquote IVA, date le conseguenze negative che potrebbero avere sulle già deboli aspettative di ripresa dell’economia italiana.
In generale, quindi, si rileva la necessità di verificare se l’insieme delle norme dell’art. 12 del Ddl. è sufficiente ad avviare un processo, ancorché progressivo, di riduzione della pressione fiscale su redditi da lavoro e attività imprenditoriali.
In particolare, in ambito IRPEF, secondo la Commissione, le norme relative alla franchigia di 250 euro e al tetto massimo di 3.000 euro, così come formulate, rischiano di dar luogo a incertezze sulla loro effettiva applicabilità, rischiando quindi l’emergere di contenziosi.
Oltre, poi, all’opportunità di specificare, almeno in linea di principio, le caratteristiche essenziali dell’agevolazione per l’incremento della produttività del lavoro, si richiede di eliminare l’IVA al 10% per le prestazioni di assistenza e sicurezza sociale rese dalle cooperative sociali e dai loro consorzi in esecuzione di contratto d’appalto e di convenzioni, perché potrebbe avere ricadute negative sull’erogazione dei servizi.
Infine, sulla “Tobin tax”, la Commissione osserva che si dovrebbe distinguere, a parità di gettito, l’aliquota d’imposta applicabile alle transazioni relative ad azioni e quella per gli strumenti derivati e differenziare, nella categoria degli strumenti finanziari derivati, tra quelli stipulati per finalità solo speculative e quelli il cui uso è direttamente connesso all’operatività di soggetti imprenditoriali.
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