ilcasodelgiorno
Unicità del socio e consenso scritto limitano i poteri degli amministratori di srl
La revoca degli amministratori può essere comunicata in qualsiasi forma
/ Mercoledì 31 ottobre 2012
Una recente sentenza del Tribunale di
Torino, del 30 gennaio 2012, ha affrontato una serie di questioni di
diritto societario, rilevanti dal punto di vista sia sostanziale che processuale, che si ritiene opportuno ricapitolare.
Innanzitutto, in relazione alla possibilità, nell’ambito delle srl, di adottare decisioni dei soci mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto, si precisa come la previsione statutaria che affidi all’organo amministrativo il compito di raccogliere i consensi espressi per iscritto e provvedere alla comunicazione dei risultati sia da considerare posta a tutela non dell’amministratore, ma di eventuali minoranze che potrebbero essere escluse dalla decisione. Nel caso di specie, quindi, stante la presenza di un unico socio che esprimeva la decisione non in assemblea e la natura della decisione (di revoca dell’amministratore unico), l’omesso coinvolgimento dell’amministratore costituiva al più un’irregolarità che, non influendo sulla rituale formazione della volontà dell’unico socio, non era in grado di determinarne l’invalidità.
In tema di nomina e revoca degli amministratori, poi, si evidenzia come la previsione di cui all’art. 2383, comma 4 c.c. – ai sensi del quale, entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina, gli amministratori devono chiederne l’iscrizione nel Registro delle imprese – sia posta a tutela dei terzi, determinando soltanto la non opponibilità ad essi del mutamento dell’organo rappresentante della società. Non si rinviene alcuna norma, inoltre, che prescriva, a pena d’invalidità, una specifica forma di comunicazione della revoca degli amministratori.
Nel caso di specie, quindi, è stata reputata legittima la comunicazione di revoca dell’amministratore unico effettuata tramite un fax sottoscritto dal nuovo amministratore.
In relazione ai profili processuali, infine, è opportuno sintetizzare la questione giunta all’esame dei Giudici torinesi. L’unico socio di una srl revocava l’amministratore unico senza indicare alcuna giusta causa. L’amministratore impugnava la decisione e chiedeva il risarcimento dei danni. Anteriormente alla prima udienza, la srl sostituiva la decisione impugnata con un’altra recante l’indicazione dei motivi di revoca.
In sede di prima udienza, l’attore integrava la domanda chiedendo la dichiarazione di invalidità anche dell’ulteriore delibera sostitutiva (oltre al risarcimento dei danni). La società convenuta eccepiva, tra l’altro, l’inammissibilità della domanda di annullamento della delibera sostitutiva proposta nel corso della prima udienza; soluzione ritenuta ammissibile da parte attrice in ragione dell’art. 2377, comma 8 c.c. (richiamato per le srl dall’art. 2479-ter, comma 3 c.c.), ai sensi del quale “l’annullamento della deliberazione non può avere luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto”.
Il Tribunale di Torino reputa fondata l’eccezione presentata dalla società convenuta. Nel caso di specie, infatti, non ci si trova di fronte ad un legittimo allargamento del thema decidendum, quale conseguenza della tempestiva proposizione di un’eccezione o di una domanda riconvenzionale, ma ad una nuova domanda di annullamento di una delibera diversa da quella oggetto della domanda introduttiva; questa, caratterizzata da diversa causa petendi e petitum, integra una mutatio libelli che, avuto riguardo al sistema delle preclusioni fissato nel vigente codice di rito, è inammissibile.
Dalla suddetta disposizione, peraltro, non può desumersi la regola che sia necessariamente il giudice della delibera revocata ad esaminare congiuntamente anche l’eventuale autonoma impugnazione della delibera sostitutiva (proponibile anche da terzi), la quale ben può essere non meramente reiterativa, ma anche integrativa e, parzialmente, riguardare un oggetto nuovo ed ulteriore. Il giudizio previsto dall’art. 2377, comma 8 c.c., quindi, non può tradursi in una declaratoria di invalidità della successiva delibera e neppure estendersi ad un sindacato su nuovi vizi precedentemente non dedotti, i quali rappresentano una loro fisionomia autonoma che presuppone una specifica impugnazione (cfr. Trib. Milano 2 novembre 2004 e Trib. Salerno 23 giugno 2009).
Innanzitutto, in relazione alla possibilità, nell’ambito delle srl, di adottare decisioni dei soci mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto, si precisa come la previsione statutaria che affidi all’organo amministrativo il compito di raccogliere i consensi espressi per iscritto e provvedere alla comunicazione dei risultati sia da considerare posta a tutela non dell’amministratore, ma di eventuali minoranze che potrebbero essere escluse dalla decisione. Nel caso di specie, quindi, stante la presenza di un unico socio che esprimeva la decisione non in assemblea e la natura della decisione (di revoca dell’amministratore unico), l’omesso coinvolgimento dell’amministratore costituiva al più un’irregolarità che, non influendo sulla rituale formazione della volontà dell’unico socio, non era in grado di determinarne l’invalidità.
In tema di nomina e revoca degli amministratori, poi, si evidenzia come la previsione di cui all’art. 2383, comma 4 c.c. – ai sensi del quale, entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina, gli amministratori devono chiederne l’iscrizione nel Registro delle imprese – sia posta a tutela dei terzi, determinando soltanto la non opponibilità ad essi del mutamento dell’organo rappresentante della società. Non si rinviene alcuna norma, inoltre, che prescriva, a pena d’invalidità, una specifica forma di comunicazione della revoca degli amministratori.
Nel caso di specie, quindi, è stata reputata legittima la comunicazione di revoca dell’amministratore unico effettuata tramite un fax sottoscritto dal nuovo amministratore.
In relazione ai profili processuali, infine, è opportuno sintetizzare la questione giunta all’esame dei Giudici torinesi. L’unico socio di una srl revocava l’amministratore unico senza indicare alcuna giusta causa. L’amministratore impugnava la decisione e chiedeva il risarcimento dei danni. Anteriormente alla prima udienza, la srl sostituiva la decisione impugnata con un’altra recante l’indicazione dei motivi di revoca.
In sede di prima udienza, l’attore integrava la domanda chiedendo la dichiarazione di invalidità anche dell’ulteriore delibera sostitutiva (oltre al risarcimento dei danni). La società convenuta eccepiva, tra l’altro, l’inammissibilità della domanda di annullamento della delibera sostitutiva proposta nel corso della prima udienza; soluzione ritenuta ammissibile da parte attrice in ragione dell’art. 2377, comma 8 c.c. (richiamato per le srl dall’art. 2479-ter, comma 3 c.c.), ai sensi del quale “l’annullamento della deliberazione non può avere luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto”.
Il Tribunale di Torino reputa fondata l’eccezione presentata dalla società convenuta. Nel caso di specie, infatti, non ci si trova di fronte ad un legittimo allargamento del thema decidendum, quale conseguenza della tempestiva proposizione di un’eccezione o di una domanda riconvenzionale, ma ad una nuova domanda di annullamento di una delibera diversa da quella oggetto della domanda introduttiva; questa, caratterizzata da diversa causa petendi e petitum, integra una mutatio libelli che, avuto riguardo al sistema delle preclusioni fissato nel vigente codice di rito, è inammissibile.
Non è prevista una deroga alle modalità d’introduzione delle impugnative
A
fronte di ciò, si sottolinea come l’art. 2377, comma 8 c.c. non preveda
una deroga processuale alle modalità di introduzione delle impugnative
di delibera, disciplinate espressamente dal successivo art. 2378 c.c.,
quanto piuttosto la regolazione degli effetti processuali dell’intervenuta
rimozione (anche in via cautelativa) della deliberazione ritenuta
viziata e contestata in giudizio; si prevede, infatti, la possibilità in
capo al giudice adito per l’impugnazione della delibera revocata di evitare la celebrazione di processi divenuti inutili, esprimendo incidenter tantum
una valutazione di conformità o meno alla legge e allo statuto della
delibera sostitutiva (quand’anche già autonomamente impugnata), al fine
di verificare l’eventuale permanenza dell’interesse ad ottenere una
pronuncia di validità della delibera sostituita.Dalla suddetta disposizione, peraltro, non può desumersi la regola che sia necessariamente il giudice della delibera revocata ad esaminare congiuntamente anche l’eventuale autonoma impugnazione della delibera sostitutiva (proponibile anche da terzi), la quale ben può essere non meramente reiterativa, ma anche integrativa e, parzialmente, riguardare un oggetto nuovo ed ulteriore. Il giudizio previsto dall’art. 2377, comma 8 c.c., quindi, non può tradursi in una declaratoria di invalidità della successiva delibera e neppure estendersi ad un sindacato su nuovi vizi precedentemente non dedotti, i quali rappresentano una loro fisionomia autonoma che presuppone una specifica impugnazione (cfr. Trib. Milano 2 novembre 2004 e Trib. Salerno 23 giugno 2009).