reddito d'impresa
Beni in godimento e società trasparenti: maggior reddito in capo all’utilizzatore
Ciò comporta, però, una doppia tassazione
in capo al socio utilizzatore, e criticità si rilevano anche qualora
l’utilizzatore sia un familiare del socio
La normativa del DL 138/2011, che penalizza la fattispecie della concessione di beni sociali ai soci a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato, si applica a tutte le società che producono reddito d’impresa, quindi anche alle società in regime di trasparenza, siano esse di persone o di capitali. Per questi soggetti, tuttavia, la determinazione delle conseguenze fiscali in
capo alla società concedente è diversa rispetto a quella agli altri
soggetti. Infatti, il maggior reddito derivante dall’indeducibilità dei
costi dei beni concessi in godimento non dovrà essere rilevato su tutti i
soci, bensì solo su quelli che beneficiano dell’utilizzo del bene.
Questa previsione della circolare Agenzia delle Entrate n. 24/2012 va,
però, approfondita anche con riferimento ad un’eventuale cessione del bene.
Innanzitutto, vanno sottolineate le conseguenze in termini di maggior reddito che derivano dal godimento del bene sociale. Da una parte, in capo all’utilizzatore, il maggior reddito viene determinato con le ordinarie regole del DL 138/2011, cioè considerando la differenza tra il valore di mercato del corrispettivo relativo all’utilizzo del bene e quanto effettivamente erogato alla società. Tale maggior reddito viene imputato in capo al soggetto utilizzatore, sia esso il socio stesso, sia esso un familiare del socio. Dall’altra parte, in capo alla società concedente, si ha una particolare previsione per l’imputazione del maggior reddito derivante dall’indeducibilità dei costi dei beni: dato che la società trasparente non ha una propria obbligazione tributaria per imposte sul reddito, la variazione in aumento per costi indeducibili, che dovrebbe trasferire il maggior reddito in capo a tutti i soci in base alla percentuale di partecipazione di ciascun socio, in realtà viene “addossata” al solo socio utilizzatore, anche nel caso in cui il bene sia materialmente concesso ad un suo familiare.
Questo passaggio, inserito nell’ultima parte del paragrafo 4 della circolare 24/2012, va attentamente analizzato sotto due aspetti.
In primo luogo, non ci si può esimere dal rilevare che, se il socio è anche il materiale utilizzatore del bene, si verifica una fattispecie di doppia tassazione che la previsione della circolare non risolve e, anzi, rende più evidente: il socio utilizzatore dichiara il reddito diverso per l’utilizzo del bene e anche il maggior reddito di partecipazione derivante dall’indeducibilità dei costi di acquisto e di impiego del bene sostenuti dalla società.
In secondo luogo, va analizzata la situazione che si manifesta quando il godimento del bene è in capo ad un familiare del socio, posto che la circolare 24 è chiara nel dichiarare che il maggior reddito per indeducibilità dei costi va comunque rilevato sul socio il cui familiare utilizza il bene. Tale previsione, però, non sempre appare di immediata applicabilità, poiché il soggetto utilizzatore del bene potrebbe essere familiare di più soci: pensiamo al caso di una società con due fratelli che concede in godimento un immobile sociale ad un terzo fratello non socio; in questa ipotesi, seguendo il ragionamento dell’Agenzia, dovrebbe ritenersi che il maggior reddito vada ripartito tra tutti i soci familiari dell’utilizzatore in base alle quote con cui essi partecipano all’utile.
Vi è, poi, un ulteriore aspetto su cui riflettere: la determinazione della plusvalenza in caso di cessione del bene. La circolare 24, sul punto, afferma che la limitata deducibilità delle quote di ammortamento genera riflessi in sede di determinazione della plusvalenza, nel senso che essa sarà fiscalmente rilevante in base alla quota di ammortamenti effettivamente dedotti. Nel caso delle società trasparenti, tuttavia, la penalizzazione di una limitata deducibilità delle quote di ammortamento è circoscritta al solo socio utilizzatore del bene (in via diretta o indiretta tramite il familiare), per cui logica vorrebbe che anche la variazione diminutiva per la quota di plusvalenza fiscalmente irrilevante sia beneficiata solo dal socio che ha subìto il recupero in aumento dei costi. Pertanto, sembra necessario gestire nel tempo in via extracontabile la situazione dell’indeducibilita dei costi, anche perché potrebbe variare nei diversi periodi d’imposta il socio che utilizza il bene sociale, al fine di rilevare correttamente la variazione diminutiva della plusvalenza. Sarebbe opportuno che l’Agenzia delle Entrate confermasse quest’ultima indicazione, che non risulta inserita nel testo della circolare 24/2012.
/ Paolo MENEGHETTI
fonte:eutekne
Innanzitutto, vanno sottolineate le conseguenze in termini di maggior reddito che derivano dal godimento del bene sociale. Da una parte, in capo all’utilizzatore, il maggior reddito viene determinato con le ordinarie regole del DL 138/2011, cioè considerando la differenza tra il valore di mercato del corrispettivo relativo all’utilizzo del bene e quanto effettivamente erogato alla società. Tale maggior reddito viene imputato in capo al soggetto utilizzatore, sia esso il socio stesso, sia esso un familiare del socio. Dall’altra parte, in capo alla società concedente, si ha una particolare previsione per l’imputazione del maggior reddito derivante dall’indeducibilità dei costi dei beni: dato che la società trasparente non ha una propria obbligazione tributaria per imposte sul reddito, la variazione in aumento per costi indeducibili, che dovrebbe trasferire il maggior reddito in capo a tutti i soci in base alla percentuale di partecipazione di ciascun socio, in realtà viene “addossata” al solo socio utilizzatore, anche nel caso in cui il bene sia materialmente concesso ad un suo familiare.
Questo passaggio, inserito nell’ultima parte del paragrafo 4 della circolare 24/2012, va attentamente analizzato sotto due aspetti.
In primo luogo, non ci si può esimere dal rilevare che, se il socio è anche il materiale utilizzatore del bene, si verifica una fattispecie di doppia tassazione che la previsione della circolare non risolve e, anzi, rende più evidente: il socio utilizzatore dichiara il reddito diverso per l’utilizzo del bene e anche il maggior reddito di partecipazione derivante dall’indeducibilità dei costi di acquisto e di impiego del bene sostenuti dalla società.
In secondo luogo, va analizzata la situazione che si manifesta quando il godimento del bene è in capo ad un familiare del socio, posto che la circolare 24 è chiara nel dichiarare che il maggior reddito per indeducibilità dei costi va comunque rilevato sul socio il cui familiare utilizza il bene. Tale previsione, però, non sempre appare di immediata applicabilità, poiché il soggetto utilizzatore del bene potrebbe essere familiare di più soci: pensiamo al caso di una società con due fratelli che concede in godimento un immobile sociale ad un terzo fratello non socio; in questa ipotesi, seguendo il ragionamento dell’Agenzia, dovrebbe ritenersi che il maggior reddito vada ripartito tra tutti i soci familiari dell’utilizzatore in base alle quote con cui essi partecipano all’utile.
Vi è, poi, un ulteriore aspetto su cui riflettere: la determinazione della plusvalenza in caso di cessione del bene. La circolare 24, sul punto, afferma che la limitata deducibilità delle quote di ammortamento genera riflessi in sede di determinazione della plusvalenza, nel senso che essa sarà fiscalmente rilevante in base alla quota di ammortamenti effettivamente dedotti. Nel caso delle società trasparenti, tuttavia, la penalizzazione di una limitata deducibilità delle quote di ammortamento è circoscritta al solo socio utilizzatore del bene (in via diretta o indiretta tramite il familiare), per cui logica vorrebbe che anche la variazione diminutiva per la quota di plusvalenza fiscalmente irrilevante sia beneficiata solo dal socio che ha subìto il recupero in aumento dei costi. Pertanto, sembra necessario gestire nel tempo in via extracontabile la situazione dell’indeducibilita dei costi, anche perché potrebbe variare nei diversi periodi d’imposta il socio che utilizza il bene sociale, al fine di rilevare correttamente la variazione diminutiva della plusvalenza. Sarebbe opportuno che l’Agenzia delle Entrate confermasse quest’ultima indicazione, che non risulta inserita nel testo della circolare 24/2012.
/ Paolo MENEGHETTI
fonte:eutekne
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