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martedì 18 settembre 2012

Diniego di definizione della lite pendente entro il 30 settembre


Contenzioso

Diniego di definizione della lite pendente entro il 30 settembre

Per la Cassazione, il termine per la notifica del diniego non è perentorio, ma solo ordinatorio

/ Lunedì 17 settembre 2012
È stato già osservato che, entro il prossimo 30 settembre, in merito alla definizione delle liti pendenti di cui all’art. 39, comma 12, del DL 98/2011, gli uffici dell’Agenzia delle Entrate devono, alternativamente, o notificare al contribuente e depositare presso il giudice il diniego di condono, oppure depositare la certificazione di regolarità della sanatoria (si veda “Definizione delle liti «alla resa dei conti»” del 14 settembre 2012).
Il DL 98/2011, per ciò che concerne il sindacato giudiziale sul diniego di condono, rinvia all’art. 16 della L. 289/2002, quindi, sebbene ciò necessariamente allarmi coloro che, già nel 2002, avevano avuto necessità di “scontrarsi” con tale dettato normativo, non può che applicarsi il comma 8 del richiamato articolo.
Ne consegue che:
- se il diniego di condono viene notificato quando la lite principale pende all’interno di un grado di giudizio, occorre proporre ricorso presso il giudice in cui pende la lite;
- se il diniego di condono interviene nelle more dei termini per impugnare la sentenza, esso può essere impugnato unitamente alla sentenza entro sessanta giorni dalla sua notifica.
Su parte degli innumerevoli problemi che tale formulazione normativa è destinata a cagionare si dedicherà un apposito intervento.
È opportuno ricordare che, secondo la sentenza n. 24910 del 2008 della Corte di Cassazione, il termine ultimo per la notifica del diniego di condono è ordinatorio e non perentorio: ad esempio, l’atto notificato a novembre 2012, per questo solo motivo, difficilmente potrà essere annullato.
Poi, è importante rammentare che, in merito alla definizione delle liti pendenti, non esiste alcun profilo di discrezionalità, né tecnica né amministrativa, quindi se sussistono i presupposti ricavabili dal combinato disposto degli artt. 39, comma 12 del DL 98/2011 e 16 della L. 289/2002, la definizione non può essere negata.
Ciò induce ad affermare che la sanatoria possa essere disconosciuta, ad esempio, in quanto il valore della lite era superiore a 20.000 euro, oppure, e questo era un caso frequente nel 2002, siccome la lite riguardava un atto non condonabile come la cartella di pagamento scaturente da semplici omessi versamenti.
Non dovrebbe essere necessario il reclamo
Un ulteriore motivo può essere il mancato rispetto del termine per i versamenti e per l’invio della domanda di definizione, adempimenti che andavano effettuati entro lo scorso 2 aprile.
Tanto premesso, vi è un altro problema che il difensore potrebbe porsi: il valore della lite, nel caso del diniego di condono, sarà sempre e necessariamente inferiore a 20.000 euro, quindi occorre notificare il reclamo?
La risposta sarebbe senz’altro negativa ove si ritenesse trattarsi di provvedimento privo di valore, ma questo potrebbe essere desunto dalle somme versate per beneficiare della sanatoria.
In coerenza con quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n.  9 del 2012 al par. 5.2, si ritiene che tali processi non siano reclamabili.
Dal punto di vista tecnico, il procedimento indicato dall’art. 17-bis del DLgs. 546/92 mal si concilia con quanto sostenuto dall’art. 16, comma 8, della L. 289/2002, che, come si vedrà nel successivo intervento, può imporre al contribuente di ricorrere contro il diniego di condono addirittura direttamente in Corte di Cassazione.
 / Alfio CISSELLO
fonte:eutekne

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