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venerdì 28 settembre 2012

iva Per l’esenzione delle cessioni intra-Ue, la «sostanza» prevale sulla forma


iva

Per l’esenzione delle cessioni intra-Ue, la «sostanza» prevale sulla forma

La Corte di Giustizia ha ribadito che, ai fini dell’esenzione dall’IVA, la presenza dei requisiti sostanziali conta più delle mancanze formali

/ Venerdì 28 settembre 2012
La Corte di Giustizia, con la sentenza 27 settembre 2012, procedimento C-587/10, chiarisce che il principio di non imponibilità che contraddistingue gli scambi intracomunitari enunciato dall’art. 28-quater, punto A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non vieta all’Amministrazione tributaria di uno Stato membro di subordinare l’“esenzione” dall’imposta di una cessione intracomunitaria alla comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione IVA dell’acquirente. Tuttavia, se da un lato questa è la regola principale, dall’altro lato il diniego dell’esenzione non può essere opposto unicamente sulla base del fatto che il suddetto obbligo non è stato rispettato.
Qualora, infatti, il fornitore non possa comunicare il numero identificativo dell’acquirente, e previa verifica sull’esatta adozione di tutte le misure necessarie al reperimento del codice, può tuttavia fornire “indicazioni idonee a dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che agisce in quanto tale nell’ambito dell’operazione (oggetto di esenzione)”, non “subendo” dunque la negazione dell’agevolazione (rectius, non imponibilità) nel caso in cui abbia correttamente rispettato gli ulteriori presupposti richiesti dalla normativa ai fini del godimento dell’esenzione (in ambito nazionale non imponibilità) negli scambi intracomunitari.
L’art. 28-quater citato non impone espressamente, ai fini dell’esenzione, che l’acquirente operi con un numero individuale d’identificazione, poiché è sufficiente che l’acquirente sia un “soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni”.
Come indicato nella sentenza 27 settembre 2007, C-146/05 (Collée), subordinare il diritto all’esenzione dall’IVA di una cessione intracomunitaria al rispetto di obblighi di forma senza prendere in considerazione i requisiti sostanziali eccederebbe quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta. Infatti, il principio di neutralità fiscale esige che l’esenzione sia accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni requisiti di forma sono stati omessi da parte dei soggetti passivi “e la situazione sarebbe diversa solo se la violazione di requisiti formali siffatti avesse l’effetto di impedire la dimostrazione certa che i requisiti sostanziali sono stati soddisfatti, sempreché, tuttavia, il fornitore dei beni non abbia partecipato intenzionalmente ad una frode fiscale mettendo a repentaglio il corretto funzionamento del sistema comune dell’IVA”. In tale ultima ipotesi, proprio i giudici della Corte escludono che il contribuente possa validamente chiamare a proprio conforto il principio di neutralità fiscale che è alla base della detrazione e, quindi, della stessa natura dell’IVA (cfr. Corte di giustizia CE, causa C-45/01, Dornier del 2003, punti 42 e 69).
La supremazia della forma sulla sostanza deve essere giustificata
Identica conclusione viene adottata dalla Corte nel recente procedimento 6 settembre 2012 (Mecsek-Gabona), ove si legge che, nonostante il numero di identificazione IVA fornisca la prova dello status fiscale del soggetto passivo e, quindi, consenta un miglior monitoraggio degli scambi intracomunitari, lo stesso rappresenta un requisito formale e, di conseguenza, la sua assenza non dovrebbe mettere in discussione l’esenzione dell’operazione se ricorrono tutti i requisiti di una cessione intracomunitaria.
In conclusione, favorendo una lettura a contrariis della sentenza, si ricava che la supremazia della forma sulla sostanza nell’IVA (in particolare nel regime delle esenzioni e delle detrazioni) non deve essere in ogni caso cieca, ma giustificata dal suo utilizzo per gli scopi indicati dalla legislazione comunitaria: ossia, se la violazione dei requisiti di forma prescritti dal diritto nazionale non coincide con gli scopi perseguiti dalla direttiva, ovvero favorisce la crescita di frodi e all’esatta riscossione delle imposte.
 / Vincenzo CRISTIANO e Manuela SODINI
FONTE:EUTEKNE

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