Accertamento
Sanzione da dichiarazione infedele applicabile anche con perdite pregresse
Per la Cassazione, l’Agenzia delle Entrate non può, d’ufficio, riconoscere tali perdite
Le sanzioni per infedele dichiarazione devono essere applicate anche qualora il maggior reddito accertato sia compensabile mediante l’utilizzo di perdite pregresse.
Questo sembra essere il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 16333 depositata ieri.
Da quanto si può evincere dal testo della sentenza, sembra che l’oggetto del contendere sia circoscritto alla debenza delle sanzioni per infedele dichiarazione, in un caso in cui si era in presenza di perdite pregresse che avrebbero condotto all’azzeramento del maggior reddito accertato.
Se così stanno le cose, vagliando la questione sotto il solo profilo sanzionatorio, il principio può essere dovuto al fatto che, una volta accertato un maggior reddito, scatta l’infedele dichiarazione, a prescindere dalla presenza di perdite.
Tale assunto potrebbe prendere le mosse dal fatto che, di norma, la possibilità, o meglio la necessità di computare le perdite pregresse onde eventualmente “azzerare” il maggior reddito accertato è questione che attiene alla legittimità dell’accertamento, in altri termini alla parte “sostanziale” e non “sanzionatoria” dell’atto.
I giudici, però, affermano che la sanzione non è dovuta poiché l’Ufficio non potrebbe comunque riconoscere autonomamente le perdite pregresse, “in quanto, come risulta dall’art. 102 (ora 84) del TUIR, al contribuente è riservata una facoltà di scelta - da esercitare mediante una chiara indicazione nella dichiarazione, pacificamente inesistente nella fattispecie - in ordine al periodo d’imposta (purché non oltre il quinto) nel quale utilizzare in compensazione le perdite disponibili”.
Viene richiamata la sentenza 7294/2012, che riguarda, però, l’emendabilità della dichiarazione, quindi un caso non perfettamente coincidente con quello in esame.
Su questa affermazione si può discutere, siccome esistono precedenti in senso diametralmente opposto, ove la stessa Cassazione ha rigettato la tesi erariale, secondo cui la perdita può essere utilizzata solo se tale volontà sia manifestata in dichiarazione, affermando che, alla luce della capacità contributiva, l’ufficio “deve tenere conto della mancata parziale utilizzazione delle perdite relative ad esercizi precedenti, purché comprese nel quinquennio, in quanto il fine degli organi tributari è accertare il tributo effettivamente dovuto, in osservanza a tutte la previsioni di legge” (Cass. 30 giugno 2010 n. 15452).
Secondo la dottrina, ove l’ufficio accerti una minor perdita, la sanzione non potrebbe essere irrogata in relazione al periodo d’imposta accertato, siccome non sussisterebbe la base di calcolo per la sanzione stessa, costituita dal “reddito imponibile inferiore a quello accertato” o da “un’imposta superiore a quella dovuta”.
Per questo motivo, l’irrogazione, con tutti i problemi che ciò comporta in merito alla delineazione del termine per la contestazione, dovrebbe riguardare l’esercizio in cui la perdita è stata riportata, siccome si ha una rettifica in aumento del reddito imponibile solo se la perdita riportata a nuovo è utilizzata per ridurre la base imponibile di periodi d’imposta successivi.
/ Alfio CISSELLO
FONTE:EUTEKNE
Questo sembra essere il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 16333 depositata ieri.
Da quanto si può evincere dal testo della sentenza, sembra che l’oggetto del contendere sia circoscritto alla debenza delle sanzioni per infedele dichiarazione, in un caso in cui si era in presenza di perdite pregresse che avrebbero condotto all’azzeramento del maggior reddito accertato.
Se così stanno le cose, vagliando la questione sotto il solo profilo sanzionatorio, il principio può essere dovuto al fatto che, una volta accertato un maggior reddito, scatta l’infedele dichiarazione, a prescindere dalla presenza di perdite.
Tale assunto potrebbe prendere le mosse dal fatto che, di norma, la possibilità, o meglio la necessità di computare le perdite pregresse onde eventualmente “azzerare” il maggior reddito accertato è questione che attiene alla legittimità dell’accertamento, in altri termini alla parte “sostanziale” e non “sanzionatoria” dell’atto.
I giudici, però, affermano che la sanzione non è dovuta poiché l’Ufficio non potrebbe comunque riconoscere autonomamente le perdite pregresse, “in quanto, come risulta dall’art. 102 (ora 84) del TUIR, al contribuente è riservata una facoltà di scelta - da esercitare mediante una chiara indicazione nella dichiarazione, pacificamente inesistente nella fattispecie - in ordine al periodo d’imposta (purché non oltre il quinto) nel quale utilizzare in compensazione le perdite disponibili”.
Viene richiamata la sentenza 7294/2012, che riguarda, però, l’emendabilità della dichiarazione, quindi un caso non perfettamente coincidente con quello in esame.
Su questa affermazione si può discutere, siccome esistono precedenti in senso diametralmente opposto, ove la stessa Cassazione ha rigettato la tesi erariale, secondo cui la perdita può essere utilizzata solo se tale volontà sia manifestata in dichiarazione, affermando che, alla luce della capacità contributiva, l’ufficio “deve tenere conto della mancata parziale utilizzazione delle perdite relative ad esercizi precedenti, purché comprese nel quinquennio, in quanto il fine degli organi tributari è accertare il tributo effettivamente dovuto, in osservanza a tutte la previsioni di legge” (Cass. 30 giugno 2010 n. 15452).
Questione diversa se si trattasse di minor perdita
Tanto
premesso, è il caso di soffermarsi su di un aspetto che, almeno per
quanto ci sembra, non è quello accaduto nella specie, riguardante
l’irrogabilità delle sanzioni da dichiarazione infedele ove
l’accertamento si sia chiuso con una minore perdita.Secondo la dottrina, ove l’ufficio accerti una minor perdita, la sanzione non potrebbe essere irrogata in relazione al periodo d’imposta accertato, siccome non sussisterebbe la base di calcolo per la sanzione stessa, costituita dal “reddito imponibile inferiore a quello accertato” o da “un’imposta superiore a quella dovuta”.
Per questo motivo, l’irrogazione, con tutti i problemi che ciò comporta in merito alla delineazione del termine per la contestazione, dovrebbe riguardare l’esercizio in cui la perdita è stata riportata, siccome si ha una rettifica in aumento del reddito imponibile solo se la perdita riportata a nuovo è utilizzata per ridurre la base imponibile di periodi d’imposta successivi.
/ Alfio CISSELLO
FONTE:EUTEKNE
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