Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

sabato 8 settembre 2012

associazione in partecipazione


diritto societario


In alcuni casi, le restrizioni imposte dalla riforma del mercato del lavoro non si applicano e non costringono alla trasformazione in lavoro subordinato

/ Venerdì 07 settembre 2012
Il contratto di associazione in partecipazione ha subìto rilevanti modifiche a seguito della L. 92/2012 (riforma del mercato del lavoro), volte ad individuare i casi di abuso nell’utilizzo di questo istituto, volendo mascherare con il contratto stesso altre tipologie di rapporto tra un committente e persone fisiche che svolgono una determinata prestazione. Pur con gli aggiustamenti e le restrizioni prodotte dal citato decreto, il contratto di associazione in partecipazione può continuare ad essere applicato in una serie piuttosto estesa di casi senza alcun timore di conversione in rapporto in lavoro subordinato.
Il contratto di associazione in partecipazione, disciplinato dagli articoli 2549-2554 c.c., è un contratto di scambio sinallagmatico, poiché sono previste prestazioni reciproche obbligatorie, e a carattere aleatorio, poiché la prestazione eseguita dall’associato potrebbe non essere remunerata se l’affare oggetto del contratto ha prodotto una perdita.
La L. 92/2012 , modificando direttamente l’articolo 2549 c.c., prevede due tipi di presunzioni, verificatesi le quali il rapporto viene convertito ex lege in lavoro subordinato:
- assoluta: il numero degli associati per ciascuna attività dell’associante non può essere superiore a tre;
- relativa: non è stato consegnato il rendiconto, oppure non vi è un’effettiva partecipazione agli utili, o infine la prestazione resa dall’associato non si qualifica per contenuti tecnici elevati o capacità tecnico-pratiche derivanti da rilevanti esperienze precedenti.
Detto ciò, va rimarcato che ancora sussistono numerose casistiche in cui le presunzioni di cui sopra non si applicano e, quindi, il contratto di associazione in partecipazione mantiene inalterata la sua validità.
In primo luogo, è estraneo alle modifiche della L. 92/2012 il contratto di associazione in partecipazione in cui associato sia una società. Si ricorda che, mentre il ruolo dell’associante deve essere rivestito da un imprenditore, quello di associato può essere rivestito da chiunque, comprese persone giuridiche, in relazione alle quali è impossibile la conversione ex lege del rapporto da contratto di scambio a lavoro subordinato. Ciò anche nel caso in cui l’apporto dell’associato/società sia rappresentato da mere prestazioni. Va ricordato, altresì, che in tale situazione il reddito che si forma in capo all’associato/società è reddito di impresa anche se l’apporto è solo di lavoro.
In secondo luogo, è estranea alle restrizioni della L. 92/2012 l’associazione in partecipazione in cui l’associato sia pure persona fisica, ma l’apporto sia di capitale. Al riguardo, si ricorda che le tipologie di apporto da parte dell’associato persona fisica sono sostanzialmente tre:
- mera opera: da questa tipologia deriva all’associato un compenso che forma reddito assimilato a lavoro autonomo;
- mero capitale: da questa tipologia deriva all’associato un compenso che forma reddito da capitale assimilato al dividendo;
- misto opera/capitale: da questa tipologia deriva all’associato un compenso che forma reddito da capitale.
Le restrizioni della manovra Fornero si applicano qualora “l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro”. Da ciò emerge che, nel caso in cui l’apporto dell’associato sia caratterizzato da mero capitale, non si avrà alcuna conversione ex lege in rapporto di lavoro subordinato nemmeno se il numero degli associati fossero superiore a tre.
In terzo luogo, non si corre il rischio della conversione in lavoro subordinato laddove, nel contratto, sia stato stabilito un compenso in percentuale sugli utili, ma senza che si abbia alcun apporto. Questa casistica è prevista dall’articolo 2554 c.c., norma che, in realtà, denomina il negozio giuridico in questione con l’altro appellativo di cointeressenza agli utili. In questa tipologia contrattuale, un soggetto (cointeressato) assicura ad un altro (cointeressante) una partecipazione alle perdite della sua impresa, in cambio di un’uguale percentuale di partecipazione agli utili, ove questi ultimi fossero prodotti. L’assenza di qualunque apporto rende impossibile l’applicazione della previsione della L. 92/2012 in materia di conversione ex lege in rapporto di lavoro subordinato. Peraltro, l’assenza di un apporto implica conseguenze anche dal punto di vista tributario, poiché l’impresa cointeressante potrà dedurre il compenso spettante al cointeressato, dato che, in assenza di apporto, non si applica l’indeducibilità prevista dall’articolo 109, comma 9, lett. b) del TUIR. Dal punto di vista del cointeressato, il reddito ritratto è certamente di capitale, ma l’assenza di equity fa sì che la disciplina applicabile non sia quella del dividendo ex articolo 47 del TUIR (come nel caso dell’ordinaria associazione in partecipazione con apporto di capitale), ma quella “tradizionale” dell’articolo  45, cioè la tassazione per cassa dell’intero compenso ricevuto.
 / Paolo MENEGHETTI
FONTE:EUTEKNE

Nessun commento:

Posta un commento