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venerdì 28 settembre 2012

accertamento Se la verifica è «a tavolino», non spettano le garanzie a tutela del contribuente


accertamento

Se la verifica è «a tavolino», non spettano le garanzie a tutela del contribuente

La Cassazione ha stabilito che i diritti previsti dall’art. 12 della L. 212/2000 spettano solo nei casi di verifiche nella sede del contribuente

/ Giovedì 27 settembre 2012
I diritti e le garanzie previsti dallo Statuto del contribuente (L. 212/2000) a tutela del soggetto sottoposto a verifica fiscale non si applicano nel caso dei cosiddetti controlli “a tavolino”, ovvero tutte le volte in cui l’attività ispettiva del Fisco non venga espletata direttamente presso la sede del contribuente, ma sia effettuata presso l’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria.
A tale conclusione è giunta la Cassazione, con la pronuncia n. 16354 di ieri, 26 settembre 2012.
Si ricorda che l’art. 12 della L. 212/2000 stabilisce le diverse garanzie poste a salvaguardia del contribuente sottoposto a verifica fiscale: esse si estrinsecano sostanzialmente nel diritto di essere informato circa le ragioni dell’accesso presso la sua sede, di farsi assistere dal proprio consulente durante le operazioni ispettive, di richiedere che l’esame dei documenti venga effettuato presso l’organo procedente, e di formulare osservazioni che vengano registrate nei verbali. Inoltre, come noto dal fervente dibattito dottrinale in corso, tale art. 12 fissa limiti temporali alla durata delle attività ispettive presso la sede del contribuente, prevede la possibilità di rivolgersi al Garante del contribuente in caso di comportamenti irrituali, e – altra facoltà ormai nota – vieta l’emissione dell’avviso di accertamento prima di sessanta giorni dal rilascio del PVC, termine entro il quale possono essere depositate memorie da parte del contribuente.
I giudici di merito si sono spesso occupati dell’estendibilità delle sopra illustrate garanzie statutarie anche alle cosiddette indagini a tavolino, ovvero in tutti questi casi in cui non vi sia stata attività ispettiva presso la sede del contribuente – tipicamente attraverso accessi o verifiche fiscali – ma il controllo sia avvenuto presso l’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria. La giurisprudenza di merito ha affrontato la questione, in particolare, in relazione al termine sospensivo di sessanta giorni dal rilascio del PVC prima dell’emissione dell’atto impositivo, stabilendo, in alcuni casi, che tale tutela (e, quindi, la sospensione de qua) vale anche nelle ipotesi in cui la verifica fiscale non si sia concretizzata in materiali accessi dei funzionari presso le sedi ove viene esercitata l’attività del contribuente, ma si sia esplicata in un’attività interna d’Ufficio (cfr. C.T. I° Trento 7 febbraio 2011 n. 7/5/11, C.T. Prov. Milano 10 maggio 2010 n. 126); in altre occasioni, tuttavia, è stato stabilito l’esatto contrario, ovvero che il diritto di ottenere la sospensione di sessanta giorni vale soltanto nel caso di accessi, ispezioni e controlli presso la sede del contribuente (cfr. C.T. Prov. Reggio Emilia 16 maggio 2012 n. 44/4/12, C.T. Reg. Torino 14 aprile 2011 n. 27/34/11).
La Cassazione, con la sentenza in commento, si è pronunciata sulla questione, stabilendo in modo tranchant che i diritti previsti dal succitato art. 12 sono riservati “esclusivamente” alle ipotesi di accessi, ispezioni e verifiche eseguiti “nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”.
Di conseguenza, le predette garanzie non operano nel caso di attività di verifica e controllo effettuata dagli Uffici in base all’esame della dichiarazione fiscale, ovvero nel caso di attività di accertamento iniziata a seguito di segnalazioni, rapporti, comunicazioni ricevute da altri organismi od autorità, ovvero dalla polizia giudiziaria che ha operato nell’ambito di indagini penali, o ancora nel caso di accertamento effettuato in base a documenti ed elementi acquisiti a seguito di richieste, questionari od inviti notificati da parte dell’Amministrazione finanziaria: in tutti questi casi, infatti, gli elementi posti a fondamento della pretesa tributaria sono stati acquisiti dal Fisco con modalità diverse dagli accessi, ispezioni e verifiche presso i locali di esercizio dell’attività del contribuente.
Rimarrebbe da chiarire, allora, la sola ipotesi “intermedia” tra controllo “a tavolino” e verifica fiscale presso il contribuente, ovvero quella in cui l’Amministrazione finanziaria abbia posto in essere un “accesso breve” (solitamente di un giorno) per acquisire la documentazione da controllare poi in Ufficio (di fatto, quindi, si tratterebbe di un controllo postumo “a tavolino”).
Alla stregua del principio fissato dalla Suprema Corte sembrerebbe che, in tal caso, spettino le garanzie statutarie in oggetto, dato che gli elementi posti a fondamento della pretesa sono necessariamente quelli acquisiti durante l’accesso presso la sede del contribuente. In tal senso, peraltro, si era già espressa la C.T. Reg. di Milano, che, con la sentenza 38/38/11, era giunta alla conclusione per cui ogni verifica fiscale, comportante anche soltanto un accesso breve presso il contribuente e non l’intero controllo presso la sua sede, deve concludersi sempre con la stesura di un processo verbale di constatazione, in quanto ciò è strumentale a rendere edotto il contribuente degli esiti della verifica nonché a consentirgli di produrre memorie difensive entro sessanta giorni dalla consegna del verbale e, quindi, ad esercitare il diritto previsto dall’art. 12, comma 7, della L. 212/2000 (che, pertanto, trova applicazione anche in tale ipotesi).
 / Alessandro BORGOGLIO
FONTE:EUTEKNE

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