accertamento
Agenzia vittoriosa sul prestito titoli «fittizio»
Disconosciuti gli effetti fiscali delle operazioni prive di causa economica
La Commissione Tributaria Provinciale di Treviso è stata investita, nel corso del secondo semestre del 2010, della responsabilità di giudicare una serie di controversie in merito a operazioni di prestito titoli.
Si tratta di accertamenti che si sono originati nell’ambito del progetto RI.SCO. (“Rischio scommessa”), messo in piedi dalla DRE Veneto per il controllo selettivo delle posizioni delle società che hanno esposto in dichiarazione ingenti somme a titolo di variazioni in diminuzione per la quota non imponibile dei dividendi (art. 89 del TUIR).
L’interesse dell’Agenzia delle Entrate si è concentrato, in particolare, sulle operazioni di prestito titoli per le quali sono stati ravvisati vantaggi fiscali indebiti. In questo quadro si inserisce la sentenza n. 114/06/10 del 16 dicembre 2010, con la quale è stata ravvisata un’ipotesi di abuso del diritto nei contratti di prestito titoli a latere dei quali sussiste una pattuizione per riconoscere alla società italiana una commissione commisurata ai dividendi percepiti. Nel caso esaminato nella sentenza, il contratto di prestito titoli era stato stipulato tra una società italiana e una società residente nella Repubblica Ceca, e aveva ad oggetto azioni di una società con sede in Madeira, i cui dividendi spettavano in base agli accordi alla società italiana; la pattuizione correlata prevedeva l’obbligo, da parte della società italiana, di corrispondere alla società cèca una commissione annuale commisurata ai dividendi da quest’ultima distribuiti.
Nella fattispecie, la Commissione trevigiana ha riconosciuto la sussistenza di un contratto nullo per mancanza di causa, recuperando a tassazione le componenti negative originatesi dalla sequenza negoziale così costruita; essa avrebbe, infatti, consentito alla società italiana di beneficiare dell’imponibilità ridotta al 5% dei dividendi percepiti e della deducibilità integrale delle commissioni passive di importo di fatto pari ai dividendi, con conseguente perdita fiscale utilizzabile a compensazione dei risultati dei successivi periodi d’imposta, a fronte di un impatto pressoché nullo sul Conto economico.
Sotto il profilo processuale, in entrambi i casi è stata rigettata la tesi difensiva per cui l’accertamento doveva ritenersi nullo in quanto non preceduto dalla richiesta di chiarimenti, ai sensi dell’art. 37-bis del DPR 600/73: la fattispecie non è stata, infatti, ritenuta riconducibile all’elusione (con conseguente obbligo di attenersi alle regole procedurali previste dalla suddetta norma), bensì alla frode fiscale, definita dal regolamento CEE 1553/89 quale “qualsiasi attività che, violando direttamente le norme giuridiche o abusandone in modo illegale, porta a sottrarsi volontariamente ad un adempimento corretto degli obblighi fiscali e, conseguentemente, ad una mancata imposizione di qualsiasi base imponibile e/o ad un mancato pagamento dell’imposta”.
Si tratta di accertamenti che si sono originati nell’ambito del progetto RI.SCO. (“Rischio scommessa”), messo in piedi dalla DRE Veneto per il controllo selettivo delle posizioni delle società che hanno esposto in dichiarazione ingenti somme a titolo di variazioni in diminuzione per la quota non imponibile dei dividendi (art. 89 del TUIR).
L’interesse dell’Agenzia delle Entrate si è concentrato, in particolare, sulle operazioni di prestito titoli per le quali sono stati ravvisati vantaggi fiscali indebiti. In questo quadro si inserisce la sentenza n. 114/06/10 del 16 dicembre 2010, con la quale è stata ravvisata un’ipotesi di abuso del diritto nei contratti di prestito titoli a latere dei quali sussiste una pattuizione per riconoscere alla società italiana una commissione commisurata ai dividendi percepiti. Nel caso esaminato nella sentenza, il contratto di prestito titoli era stato stipulato tra una società italiana e una società residente nella Repubblica Ceca, e aveva ad oggetto azioni di una società con sede in Madeira, i cui dividendi spettavano in base agli accordi alla società italiana; la pattuizione correlata prevedeva l’obbligo, da parte della società italiana, di corrispondere alla società cèca una commissione annuale commisurata ai dividendi da quest’ultima distribuiti.
Nella fattispecie, la Commissione trevigiana ha riconosciuto la sussistenza di un contratto nullo per mancanza di causa, recuperando a tassazione le componenti negative originatesi dalla sequenza negoziale così costruita; essa avrebbe, infatti, consentito alla società italiana di beneficiare dell’imponibilità ridotta al 5% dei dividendi percepiti e della deducibilità integrale delle commissioni passive di importo di fatto pari ai dividendi, con conseguente perdita fiscale utilizzabile a compensazione dei risultati dei successivi periodi d’imposta, a fronte di un impatto pressoché nullo sul Conto economico.
Confermato l’orientamento assunto in una precedente sentenza
La decisione assunta dai giudici trevigiani si conforma a quella contenuta nella sentenza n. 77/2/10 (si veda “«Colpito» il prestito titoli senza causa economica” del 27 settembre 2010), il cui caso ricalca in modo esatto quello della sentenza n. 114/06/10 in commento (contratto tra società italiana e società cèca avente ad oggetto azioni di società di Madeira, con accordo collaterale per una commissione commisurata ai dividendi stessi). In entrambi i casi, la Commissione Tributaria di Treviso ha riconosciuto l’assenza di una ragione economica nello schema negoziale adottato, e la conseguente preordinazione delle operazioni a fruire di un beneficio fiscale altrimenti indebito.Sotto il profilo processuale, in entrambi i casi è stata rigettata la tesi difensiva per cui l’accertamento doveva ritenersi nullo in quanto non preceduto dalla richiesta di chiarimenti, ai sensi dell’art. 37-bis del DPR 600/73: la fattispecie non è stata, infatti, ritenuta riconducibile all’elusione (con conseguente obbligo di attenersi alle regole procedurali previste dalla suddetta norma), bensì alla frode fiscale, definita dal regolamento CEE 1553/89 quale “qualsiasi attività che, violando direttamente le norme giuridiche o abusandone in modo illegale, porta a sottrarsi volontariamente ad un adempimento corretto degli obblighi fiscali e, conseguentemente, ad una mancata imposizione di qualsiasi base imponibile e/o ad un mancato pagamento dell’imposta”.
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Gianluca ODETTO - «Colpito» il prestito titoli senza causa economica - Eutekne.Info del 27 settembre 2010
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