Accertamento
Il conto cassa negativo fa presumere ricavi occulti pari al disavanzo
La Cassazione ha confermato il proprio precedente orientamento e l’accertamento presuntivo dell’Agenzia delle Entrate
La Cassazione, con la sentenza 11988 depositata ieri, 31 maggio 2011, conferma il proprio precedente orientamento in merito alla valenza, in tema di accertamento, del conto cassa negativo.
La sentenza è di grande rilievo, alla luce del fatto che molte imprese presentano un conto in rosso, circostanza che, come si vedrà, fa presumere ricavi occultati al Fisco.
Per i giudici di merito (si rileva che la causa era stata vinta dal contribuente sia in primo grado sia in appello), la presunzione “conto cassa negativo = ricavi occultati” non persuade, posto che la movimentazione del conto cassa si esaurisce nell’ambito finanziario senza alcuna incidenza sui ricavi, potendo al massimo rilevare ai fini della gestione economica, “e, in tale ipotesi, l’ufficio avrebbe dovuto fornire dimostrativa del rapporto tra la movimentazione del conto cassa e gli ulteriori ricavi accertati”.
Del tutto diverso è stato il ragionamento della Corte di legittimità.
Molto semplicemente, la Corte evidenzia che se il mastro di cassa ha un valore negativo, ciò significa che è uscito più denaro di quanto ne sia entrato, per cui va da sé che non siano stati registrati tutti gli incassi e dunque tutti i ricavi (in tal senso vengono citate le precedenti sentenze 27585 del 2008 e 24509 del 2009).
In sostanza, la presenza della cassa in rosso legittima, a pieno titolo, l’emanazione di un accertamento presuntivo (o analitico-induttivo), siccome detta presunzione è di per sé grave, precisa e concordante.
La sentenza è di grande rilievo, alla luce del fatto che molte imprese presentano un conto in rosso, circostanza che, come si vedrà, fa presumere ricavi occultati al Fisco.
Per i giudici di merito (si rileva che la causa era stata vinta dal contribuente sia in primo grado sia in appello), la presunzione “conto cassa negativo = ricavi occultati” non persuade, posto che la movimentazione del conto cassa si esaurisce nell’ambito finanziario senza alcuna incidenza sui ricavi, potendo al massimo rilevare ai fini della gestione economica, “e, in tale ipotesi, l’ufficio avrebbe dovuto fornire dimostrativa del rapporto tra la movimentazione del conto cassa e gli ulteriori ricavi accertati”.
Del tutto diverso è stato il ragionamento della Corte di legittimità.
Molto semplicemente, la Corte evidenzia che se il mastro di cassa ha un valore negativo, ciò significa che è uscito più denaro di quanto ne sia entrato, per cui va da sé che non siano stati registrati tutti gli incassi e dunque tutti i ricavi (in tal senso vengono citate le precedenti sentenze 27585 del 2008 e 24509 del 2009).
La presenza della cassa in rosso legittima l’accertamento presuntivo
Viene quindi affermato il seguente principio di diritto: “la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo”.In sostanza, la presenza della cassa in rosso legittima, a pieno titolo, l’emanazione di un accertamento presuntivo (o analitico-induttivo), siccome detta presunzione è di per sé grave, precisa e concordante.
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