dichiarazione dei redditi
Modelli UNICO al test della rivalutazione dei terreni del 2005
Imprese in difficoltà per individuare le modalità concrete di recupero dell’imposta sostitutiva del 19% persa per la decadenza della rivalutazione
La compilazione dei modelli UNICO 2011 presenta difficoltà operative particolari per le imprese che, avendo rivalutato le aree edificabili nel 2005 e non avendovi costruito entro la fine del 2010 almeno un “edificio significativo”, decadono dai benefici della rivalutazione.
Premesso che, dopo la circolare 18/2006, l’Agenzia delle Entrate non ha più esaminato la questione, occorre ribadire come, almeno secondo la dottrina prevalente, l’eventuale tassazione nel periodo d’imposta 2010 dei maggiori valori iscritti nel bilancio 2005 sarebbe scongiurata:
- per le aree iscritte tra le immobilizzazioni, dal fatto che, quale principio generale, i maggiori valori iscritti non hanno rilevanza fiscale;
- per le aree iscritte tra le rimanenze, in virtù del fatto che esse sono valutate ai fini fiscali ai sensi dell’art. 92 del TUIR, ovvero in base al costo specifico (si veda l’Approfondimento Assonime 7/2010).
Anche volendo fare propria questa linea interpretativa (che sposterebbe il momento impositivo al periodo d’imposta in cui avviene la vendita del bene, per la quale si partirebbe dal valore “storico”), rimangono da chiarire due questioni centrali, rappresentate dalla restituzione dell’imposta sostitutiva del 19% a suo tempo versata per la rivalutazione (nel frattempo divenuta inefficace) e dalla materiale compilazione del modello (si veda “Adeguamenti necessari per le imprese in contabilità semplificata” di oggi).
Sotto il primo profilo, non è chiaro se questa restituzione possa avvenire già in UNICO 2011 o se, al contrario, l’imposta sostitutiva rappresenti un credito da fare valere a scomputo dell’IRPEF o dell’IRES dovute all’atto della vendita.
A favore della seconda soluzione sembrerebbe porsi l’Agenzia delle Entrate nella richiamata circolare 18/2006, nella quale si sostiene che, rimandando l’art. 1 comma 476 della L. 266/2005 alle disposizioni attuative della rivalutazione contenute nel DM 86/2002, si deve ritenere applicabile anche l’art. 3, comma 3, del decreto, secondo cui, in caso di cessione del bene prima che la rivalutazione esplichi effetto sotto il profilo fiscale:
- le plusvalenze sono determinate prendendo quale base di partenza il costo non rivalutato del bene;
- il cedente può scomputare dalla maggiore imposta dovuta l’imposta sostitutiva a suo tempo pagata per la rivalutazione;
- il saldo attivo di rivalutazione si affranca, per un importo corrispondente, dallo stato di sospensione d’imposta.
Si potrebbe, però, obiettare a questa ricostruzione che la norma in questione riconosce la restituzione dell’imposta sostitutiva nell’esercizio di realizzo del bene:
- in primo luogo, al verificarsi di eventi specificamente indicati (cessione del bene a titolo oneroso, assegnazione dello stesso ai soci, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore);
- in secondo luogo, se questi eventi sopraggiungono nell’arco temporale in cui la rivalutazione non ha ancora esplicato i suoi effetti fiscali.
Nel caso considerato, invece:
- la decadenza degli effetti della rivalutazione non è dovuta a un atto di realizzo del bene, ma al semplice mancato avveramento di una condizione imposta dalla legge (l’edificazione entro cinque anni dalla rivalutazione);
- non si è in presenza di un periodo di “moratoria” spirato il quale la rivalutazione si consolida, ma di una rivalutazione che, in presenza di una condizione qualificata come “risolutiva” dalla stessa Assonime (circolare 23/2006 e Approfondimento 7/2010), viene meno.
I dubbi legati all’ipotesi del riconoscimento “immediato” derivano dal fatto che, se questa venisse considerata corretta, sembrerebbe obbligatoria un’apposita istanza di rimborso, in quanto la spettanza del credito d’imposta (da esporre direttamente in dichiarazione) trova una “copertura” normativa nei soli casi previsti dall’art. 3, comma 3, del DM 86/2002 (cessione del bene, ecc.).
Per le imprese che hanno in programma la cessione dei terreni (o dei fabbricati che vi verranno eretti) nel breve periodo, l’adesione alla tesi della restituzione immediata, mediante istanza di rimborso, potrebbe quindi essere potenzialmente pregiudizievole, se i tempi del rimborso si prolungassero, come spesso avviene.
Premesso che, dopo la circolare 18/2006, l’Agenzia delle Entrate non ha più esaminato la questione, occorre ribadire come, almeno secondo la dottrina prevalente, l’eventuale tassazione nel periodo d’imposta 2010 dei maggiori valori iscritti nel bilancio 2005 sarebbe scongiurata:
- per le aree iscritte tra le immobilizzazioni, dal fatto che, quale principio generale, i maggiori valori iscritti non hanno rilevanza fiscale;
- per le aree iscritte tra le rimanenze, in virtù del fatto che esse sono valutate ai fini fiscali ai sensi dell’art. 92 del TUIR, ovvero in base al costo specifico (si veda l’Approfondimento Assonime 7/2010).
Anche volendo fare propria questa linea interpretativa (che sposterebbe il momento impositivo al periodo d’imposta in cui avviene la vendita del bene, per la quale si partirebbe dal valore “storico”), rimangono da chiarire due questioni centrali, rappresentate dalla restituzione dell’imposta sostitutiva del 19% a suo tempo versata per la rivalutazione (nel frattempo divenuta inefficace) e dalla materiale compilazione del modello (si veda “Adeguamenti necessari per le imprese in contabilità semplificata” di oggi).
Sotto il primo profilo, non è chiaro se questa restituzione possa avvenire già in UNICO 2011 o se, al contrario, l’imposta sostitutiva rappresenti un credito da fare valere a scomputo dell’IRPEF o dell’IRES dovute all’atto della vendita.
A favore della seconda soluzione sembrerebbe porsi l’Agenzia delle Entrate nella richiamata circolare 18/2006, nella quale si sostiene che, rimandando l’art. 1 comma 476 della L. 266/2005 alle disposizioni attuative della rivalutazione contenute nel DM 86/2002, si deve ritenere applicabile anche l’art. 3, comma 3, del decreto, secondo cui, in caso di cessione del bene prima che la rivalutazione esplichi effetto sotto il profilo fiscale:
- le plusvalenze sono determinate prendendo quale base di partenza il costo non rivalutato del bene;
- il cedente può scomputare dalla maggiore imposta dovuta l’imposta sostitutiva a suo tempo pagata per la rivalutazione;
- il saldo attivo di rivalutazione si affranca, per un importo corrispondente, dallo stato di sospensione d’imposta.
Si potrebbe, però, obiettare a questa ricostruzione che la norma in questione riconosce la restituzione dell’imposta sostitutiva nell’esercizio di realizzo del bene:
- in primo luogo, al verificarsi di eventi specificamente indicati (cessione del bene a titolo oneroso, assegnazione dello stesso ai soci, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore);
- in secondo luogo, se questi eventi sopraggiungono nell’arco temporale in cui la rivalutazione non ha ancora esplicato i suoi effetti fiscali.
Nel caso considerato, invece:
- la decadenza degli effetti della rivalutazione non è dovuta a un atto di realizzo del bene, ma al semplice mancato avveramento di una condizione imposta dalla legge (l’edificazione entro cinque anni dalla rivalutazione);
- non si è in presenza di un periodo di “moratoria” spirato il quale la rivalutazione si consolida, ma di una rivalutazione che, in presenza di una condizione qualificata come “risolutiva” dalla stessa Assonime (circolare 23/2006 e Approfondimento 7/2010), viene meno.
Ipotesi restituzione “immediata” dell’imposta sostitutiva
Potrebbe, quindi, essere avanzata l’ipotesi secondo cui, anche in assenza di una tassazione sui maggiori valori iscritti, l’imposta possa essere restituita subito, quale diretta conseguenza della mancata edificazione dei terreni.I dubbi legati all’ipotesi del riconoscimento “immediato” derivano dal fatto che, se questa venisse considerata corretta, sembrerebbe obbligatoria un’apposita istanza di rimborso, in quanto la spettanza del credito d’imposta (da esporre direttamente in dichiarazione) trova una “copertura” normativa nei soli casi previsti dall’art. 3, comma 3, del DM 86/2002 (cessione del bene, ecc.).
Per le imprese che hanno in programma la cessione dei terreni (o dei fabbricati che vi verranno eretti) nel breve periodo, l’adesione alla tesi della restituzione immediata, mediante istanza di rimborso, potrebbe quindi essere potenzialmente pregiudizievole, se i tempi del rimborso si prolungassero, come spesso avviene.
Nessun commento:
Posta un commento