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giovedì 30 giugno 2011

Richiesta dati in possesso del Fisco se il «redditometro» è presunzione semplice

accertamento

Richiesta dati in possesso del Fisco se il «redditometro» è presunzione semplice

Se la presunzione si forma nel contraddittorio, va condiviso il principio espresso dalla Cassazione nella recente sentenza n. 13289

/ Giovedì 30 giugno 2011
Pochi giorni fa, in un articolo di commento alla sentenza n.  13289 del 2011 (“Vano il divieto di richiedere dati già in possesso del Fisco” del 25 giugno 2011), è stata giustamente sottoposta a critica l’impostazione della Corte di Cassazione, ove, in sostanza, è stato affermato che il divieto, posto dall’art. 6 della L. 212/2000, non impedisce agli Uffici finanziari di chiedere documentazione già in loro possesso, siccome ciò si giustificherebbe in base al fatto che in tal modo si potrebbe addivenire, mediante il preventivo contraddittorio, alla ragionevole misurazione della pretesa, assumendo rilievo non già il “documento” ma “l’informazione” che, legata al bene documentalmente certificato, potrebbe tornare utile nel procedimento di accertamento.
Ora, è meglio in primo luogo specificare che l’inottemperanza del contribuente alla suddetta richiesta, nonostante possa essere strumentale all’attuazione della pretesa, non può e non potrà mai comportare alcuna preclusione probatoria, e ciò è ancor più corretto a seguito del DL 70/2011 (c.d. “Decreto Sviluppo”), ove, all’art. 7, il Legislatore ha espressamente sancito che il contribuente non deve esibire documenti già in possesso degli Uffici (si veda “Documenti in mano agli Uffici, esclusa l’esibizione” dello scorso 9 maggio).
Tanto premesso, l’affermazione della Cassazione, presa sotto una diversa angolazione, può essere condivisa: se il redditometro è una presunzione semplice, e la presunzione semplice, non essendo imposta dall’alto, si forma nel contraddittorio tra contribuente e Agenzia delle Entrate, la richiesta di informazioni già in possesso degli Uffici è un valido ausilio.
No alla preclusione probatoria
In altri termini, se vengono richiesti chiarimenti, dati o notizie in relazione a una Mercedes, è vero che la documentazione “base” è reperibile mediante consultazione del PRA, con susseguente operatività degli artt. 6 della L. 212/2000 e 7 del DL 70/2011, ma è altrettanto vero che, nell’incontro tra le parti, può emergere l’assurdità dell’imputazione reddituale dei coefficienti redditometrici. Riprendendo quanto affermato dalla Cassazione, ovvero la natura di presunzione semplice e non di presunzione legale relativa del “redditometro”, si mette in risalto che detto revirement (se di ciò si tratta) è coerente anche con i recenti chiarimenti dell’Agenzia (circ. 28 del 2011) in tema di alternatività tra “redditometro” e spesa patrimoniale.
La suddetta dicotomia rimarca la profonda differenza strutturale tra le due metodologie di determinazione sintetica del reddito: l’una, basata sul redditometro, formata da presunzioni semplici (ricordiamoci che nemmeno il Fisco più efficiente del mondo può presumere quanto il contribuente spende per mantenere l’auto); l’altra, fondata sulla spesa. In quest’ultimo caso, e ciò i giudici lo hanno espressamente rimarcato anche se con riferimento alla presunzione di spalmatura della spesa per quinti (ma la situazione ora non è destinata a mutare), si tratta di presunzione legale: 100 spendi, 100 guadagni, e tale assunto è sia coerente dal punto di vista logico sia consono con il principio di capacità contributiva.

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